Nato a Piaggine il 1/X/1834 da Paolo e Caterina Alliegro. La famiglia , contadina e bracciante, si emancipa e diventa benestante, per cui il figlio viene mantenuto agli studi presso il Real Liceo di Salerno. Il 21 luglio 1858 Giuseppe segue il 1° grado di approvazione nel- la Facoltà di Lettere e Filosofia e il 18 agosto successivo il 1° grado di approvazione nella Facoltà di Giurisprudenza presso la Regia Università degli Studi di Napoli. Comincia ad esercitare la professione nel Tribunale di Salerno, frequentando il tirocinio presso l’avv. Marco Basilone ed è riconosciuto alla Laurea che ottiene con lode. Dal punto di vista politico ha idee liberali, tanto è vero che partecipa alla manifestazione spontaneamente presso il Teatro Verdi di Salerno per l’entrata di Vittorio Emanuele II a Milano nel giugno 1859. Giuseppe Tardio In questa occasione è arrestato dalla polizia borbonica per 5 giorni . Per un fatto analogico viene ancora arrestato e sconta quasi un anno di prigione, venendo liberato il 25 nesi sorti del 1860 dall’arrivodei garibaldini a Salerno. ouôni6 Nell’agosto del 1860 presenta domanda di Ispettore di Polizia al ministro della Polizia Generale dei|Ques Savoia. La domanda viene accettata a causa delle persecuzioni subite dai borbonici. Nel frattempo sta portando avanti la sua prima causa, un piagginese, Pasquale Chiano, povero pastore , si era rivolto a lui per tarsi difendere contro il ricco notabile Pasquale Rubano. Vince la causa brillantemente. Pasquale Chiano non potendolo pagare gli regala un montone, che Tardio condivide in un banchetto tra amici. Il suo successo dovette probabilmente infastidire i borghesi agrari e notabili di Piaggine, perché essi, timorosi di una ribellione generale dei contadini che rivendicavano la divisione delle terre, cominciaronoimmediatamente a prendere contatti con i Piemontesi per fermarli . Per prima cosa occorreva distruggere l’immagine vincitrice dell’avv. Tardio ed ordinato una congiura contro di lui, facendolo arrestare arrestato come reazionario. Fu rinchiuso subito nel carcere di Laurino, ma li un suo compaesano, Francesco Ricci, con cui scavò un cunicolo che immettenel giardino della famiglia Maffia, che collaborò nel farli fuggire. Separatosi dall’amico andò a Roma per accomodare al servizio di Francesco II vendicarsi del torto subito, battendo gli antichi privilegi di classe, sostenendo la spartizione delle terre e lottando contro moderati ei parassiti. Sovvenzionato dai Borbone compirà molte imprese nel Cilento contro agrari e polizia piemontese, che non riuscirà mai a prenderlo, alimentando il mito. Un comitato borbonico segreto, istituito a Salernonel 1865, tentò di far unire la banda di Tardio con quella di Manzo, altro famoso brigante di Avellino. Se il piano fosse riuscito, nella piana di Paestum non ci sarebbe stato scampo per l’esercito piemontese circondato. Il comitato borbonico si riuniva nelle stanze di Giovanni Petillo, Priore dell’Ospedale S. Giovanni di Dio. Il comitato tentò di coinvolgere alcuni braccianti che lavoravano nella strada ferrata vicino Pastena di Salerno ; fra essi Felice Tardio , fratello del brigante salemitano e Luigi Manzo, parente del brigante avellinese.
Tra gli agenti borbonici comitati, avrebbero avuto l’organizzazione del contatto Pasquale Nicola De Vita, padre e figlio di Giffoni. Ma il progetto non andò in porto a causa di una soffiata, per cui nel giugno del 1865 i membri del Comitato furono arrestati insieme ai parenti dei briganti, Tardio e Manzo. Nel maggio 1866 l’attività di Tardio è pressoché terminata, perché abbandonato il Cilento, dove ormai si era persa ogni speranza di sollevamento popolare, impiego a Roma in un Ufficio Fiscale sotto falso nome. Il Tardio, peró, aveva tenuto i contatti con un suo ex compagno, detto “Gerolamo”, un venditore ambulante di frutta e verdura che, incontrando, nel suo girovagare per paesi, un vecchio amico Nicola Mazzei, si lasció convincere a rivelare dove si nascondesse il Tardio, per poi dividersi la taglia di 5.000 ducati. Nicola Mazzei arrivò a Roma il 20 settembre 1870 fra i bersaglieri di Porta Pia e subito si attivò per rítrovare Tardio. Lo riconobbe e lo denunciò, ma Tardio riuscì a convincere i carabinieri con documenti e particolari di vita prívata che non era il brigante, bensì un’altra persona. Mazzei stava per essere incriminato a sua voita per diffamazione, ma si ricordò che il brigante aveva un segno inequivocabile: una ferita nella coscia sinistra ricevuta in uno scontro con la polizia sul monte Cervati di Plaggine alla “Fontana del Cerro”. I carabinieri ritirano presso la locanda dove il Tardio alloggiava, verificano la ferita da arma da fuoco e lo arrestano. Condannato a morte, il Supremo Tribunale gli commuta la pena in carcere a vita, riconoscendogli implicitamente l’ azione di guerriglia politica al seguito del re spodestato dei Borbone. Fu relegato nell’isola di Favignana, una delle isole Egadi, in Sicilia, dove lavorò negli Uffici di Stato, finché il 13 giugno 1892 si spense fra atroci sofferenze.