Nome Cognome, titoli di studi e lavoro che svolge.
Mi chiamo Giuseppe Peduto e sono Medico chirurgo. Lavoro nella Azienda Sanitaria Salerno, Dipartimento di Prevenzione, dove svolgo le funzioni di Igiene e Sanità Pubblica (ho compiti istituzionali in Igiene degli alimenti, Igiene pubblica, Epidemiologia e prevenzione delle malattie infettive e diffusive, e fino al 31/12/2017 anche funzioni di ispettorato sanitario del lavoro).
Dove è nato e quanto tempo è rimasto nel paese d’origine.
Sono nato a Castel San Lorenzo nel 1952, sono cresciuto e ho studiato nella Valle del Calore fino ai tempi dell’Università che ho frequentato a Napoli. La mia famiglia d’origine ha scelto di vivere a Castel San Lorenzo, nonostante quella allargata (tutti i fratelli e sorelle paterni e materni – tra il ’45 e il ’60 – si sono spostati tra Salerno e Napoli, città in cui ho vissuto per qualche tempo. Mia Moglie ed io, – che vivevamo a Battipaglia – quando la nostra prima figlia aveva tre anni, decidemmo per scelta e per necessità di tornare a vivere a Castel San Lorenzo, anche per lo stile di vita che la valle offre. Viviamo ancora nella stessa valle.
Cosa ricorda delle tradizioni della vita in paese di quando era giovane?
Da giovanissimo mi sono interessato e ho studiato le tradizioni locali, convinto che nascono dal bisogno di condivisione delle esperienze sociali che aiutano a crescere insieme (es. vedersi in piazza la sera per raccontarsi il vissuto, ma anche per proporsi lavorativamente per il giorno dopo raccontando la sua bravura acquisita, in una collettività a prevalente economia agricola: ho potato X viti oggi… ho zappato Y menzetti di terra con tizio…). Lo stesso dialetto è da me considerata una lingua che, connotando specifici termini ed accenti a secondo della collettività di valle in cui è parlato, assegna un preciso significato ad ogni termine in virtù della funzione (es.: maccaturu, cruogliu, stiavuccu, è sempre lo stesso telo di cotone usato come copricapo in chiesa o, se attorcigliato, per portare pesi in testa, o srotolato e legato insieme negli angoli per portare cose, o come tovagliolo da tavola…). Tralascio il carnevale a cavallo in rappresentazione dei dodici mesi, le feste di inizio estate (San Giovanni) e di fine estate (San Cosmo). Il Focaro di natale, o l’imprenditoria che diventa società cooperativa…
Crede che sia irreversibile la decadenza dei piccoli borghi dell’area parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni?
Non ho la sfera di cristallo. Noi che viviamo la valle abbiamo fatto una scelta di vita: se desidero un po’ di vita frenetica la vado a cercare, ma poi torno nella mia tranquilla e verde valle, dove l’acqua del fiume, nonostante gli scarsi depuratori è quasi potabile, dove i figli già a sei anni vanno a scuola da soli e la collettività ne assicura la incolumità, dove se gli adolescenti lo desiderano giocano ancora in strada. La decadenza si previene con le infrastrutture: 2500 anni fa l’impero romano aveva capito che per governare occorre infrastrutturare: strade, ponti, acquedotti: poi arrivano le persone con le coltivazioni, i mestieri, le arti, creando i servizi. Il Parco: una enorme possibilità vista da me negli anni ’90 che è diventata di fatto un vincolo autoreferenziante.
Come pensa di poter contribuire a rivitalizzare piazze, vie e tradizioni delle aree interne?
Abbiamo cibo ottimo, ambienti abitativi sereni, aria ed acqua pulita, clima mite per tutto l’arco dell’anno, costi di vita accessibile: basterebbero una viabilità accessibile e comoda e la gente tornerebbe alle case paterne che ha abbandonato perché per raggiungere il lavoro attuale deve fare almeno (oggi) due ore di auto. E dove c’è gente si ricrea lavoro, innescando un circolo virtuoso che porterebbe un accrescimento dell’economia di valle. Oggi si chiama resilienza. È il mio modo di vedere la mia valle e le sue opportunità positive senza rinunciare alla propria identità.
Nella città in cui vive ha regolari rapporti con gente che proviene dal suo stesso paese o da quelli limitrofi?
Il rapporto è costante e costruttivo: siamo in molti a pensare che dovremmo cominciare a pensare i nostri Comuni e le nostre collettività dovrebbero fondersi come frazioni di un singolo comune: citta di Valle del Calore.
Se vuole può aggiungere le riflessioni che ritiene più opportune…
Non aggiungo altro, gli anni mi hanno fatto capire che la sintesi non mi appartiene…