La sua carriera iniziata a Capaccio capoluogo dopo la scuola sottoufficiali, continuata a Monteforte, a Battipaglia da tenente, a Sala Consilina da comandante, di nuovo Battipaglia da capitano ed ora è approdato a Napoli con il grado di Tenente colonnello.
Giuseppe Costa è attualmente a capo delReparto Carabinieri Servizio Magistratura a Napoli con il grado di Tenente Colonnello.
Negli incontri che ho avuto con lui ho sempre riportato l’impressione di una forza tranquilla che avanza nella direzione giusta: quella della consapevolezza di assolvere al ruolo di servitore dello stato che agisce con la forza della legge.
Fuori servizio, Costa è aperto e disponibile al confronto su ogni argomento ed è piacevole discorrere con lui sia delle problematiche relative al suo lavoro sia della quotidianità della vita di un marito e padre di famiglia.
Ricordo ancora quando nel 2007 Sono andato trovarlo per un’intervista nel suo ufficio nella caserma della Compagnia di Sala Consilina. Mi sentii subito a mio agio. Di fronte a me c’era ad un uomo, un militare preparato e un professionista con le idee chiare.
Mi sorprese perché si pose in un atteggiamento aperto e disposto ad ascoltare ogni domanda senza evitarne alcuna ma accorto a non andare oltre a ciò che poteva essere utile a comunicare il lavoro della sua squadra.
Abbiamo concordato questa intervista in pochi minuti. Ci siamo incontrati nella sede del giornale a Capaccio Paestum dove mi ha raggiunto rientrando da Napoli in treno.
Tenente Colonnello Giuseppe Costa, ci eravamo lasciati a Sala Consilina nel 2007, e la ritrovo a Napoli. Cosa ha fatto in questi anni?
Ho fatto il carabiniere! Nel senso che sono andato dove mi hanno comandato: sono tornato a Battipaglia da capitano, dove ero stato comandante del Nucleo Operativo e Radiomobile da tenente. Nella città sono rimasto 7 anni vivendo un’esperienza esaltante e, credo, irripetibile dal punto di vista professionale, grazie anche ad una squadra di primissimo piano con la quale ho avuto la fortuna di lavorare, primo fra tutti,il tenente Gianluca Giglio ufficiale di grande statura umana e professionale.
Tanta parte di questa esperienza è rappresentata dall’indagine “Omnia”.Un’indagine, da me coordinata e personalmente seguita nel suo quotidiano sviluppo, che ha permesso – come innegabilmente ormai statuito dalle prime, numerose e severe sentenze di condanna pronunciate dal Tribunale di Salerno – di ricostruire la mappa e le attività, dell’ultimo decennio, dell’organizzazione criminale attiva nella piana del Sele e nei Picentini, della quale ne è stata seguita l’evoluzione, evidenziandone, in particolare, la capacità di insinuarsi, con la forza dell’intimidazione mafiosa e traendone fortissimi profitti, in settori strategici delle filiere produttive del territorio come quello, della logistica che muove l’economia agricola della piana del Sele: ortofrutta e quarta gamma!
Eppure, l’immagine più cara che porto nel cuore dall’ultima esperienza professionale, è rappresentata dalle lacrime liberatorie di una mamma e da quelle, malcelate, di un papà che, in caserma, avevano potuto riabbracciare la figlia adolescente, allontanatasi da casa nel pomeriggio e rintracciata a tardissima serada una nostra pattuglia impegnata nelle frenetiche ricerche, nascosta in un casolare abbandonato della periferia cittadina.
Ciò dimostra che l’essenza dell’essere carabiniere, risiede nella capacità di stare vicino alla gente nei momenti di maggiore bisogno e non, come si potrebbe essere portati a pensare,nella pur comprensiva soddisfazione derivante dai risultati delle grandi indagini.
Battipaglia ha vissuto quest’ultimo decennio un travaglio politico amministrativo molto difficile. Come lo ha vissuto dal suo punto di osservazione?
Sicuramente la città ha delle peculiarità non ordinarie, anche dal punto di vista politico/amministrativo. Basti pensare che, nei complessivi11 anni di lavoro a Battipaglia, ho conosciuto più Commissari straordinari che Sindaci. Naturalmente ciò non può essere immediatamente riconducibile alla contiguità della politica con il crimine organizzato ma ad una eccessiva frammentazione del consenso elettorale che ha determinato l’impossibilita di creare forti e stabili maggioranze in consiglio comunale. Naturalmente le vicende giudiziarie che hanno colpito anche i sindaci in carica, hanno inciso sulla vita amministrativa di questa importante città con ricadute sicuramente negative.
Il comune stesso è stato commissariato per oltre 3 anni. Come sono stati i rapporti con l’allora vice prefetto Gerlando Iorio?
Con il dott. Gerlando IORIO c’è stata, e c’e ancora, visto che anche a Napoli ho modo di collaborare con lui nelle sue vesti di Commissario Straordinario per la “Terra dei Fuochi”, grandissima intesa. E’ stato un servitore dello Stato pienamente compreso nel delicatissimo ruolo che gli era stato affidato, impegnato, in maniera prioritaria, a riportare la macchina amministrativa sui binari della corretta gestione della cosa pubblica ed in quest’opera ha fortemente ricercato ed ottenuto il supporto di noi Carabinieri, tanto che, ricordo, in un’audizione al Ministero dell’Interno, sollecitò una norma che consentisse alle forze dell’ordine forme di maggiore e stringente collaborazione con i Commissari chiamati a gestire le sorti dei comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Collaborazione che, ripeto, non è mai mancata con il Commissario ma che aveva il suo fondamento, più che nelle norme, nella nostra reciproca, stima e comunanza di intenti.
Ritengo che sia stato fatto un buon lavoro, anche perché il Dr IORIO era sempre alla ricerca di sinergie con le forze sane della città, soprattutto nel mondo del volontariato, dell’associazionismo e dell’imprenditoria, per cercare in tutti i modi di non far considerare la gestione commissariale come negativamente incidente sullo sviluppo del territorio.
Capaccio Paestum è la sua città di residenza, ma è stata anche sede del suo primo incarico nella caserma di Capaccio capoluogo. Come giudica la qualità della vita nella Città dei Templi?
Ricordo con grande piacere il periodo di servizio prestato alla stazione di Capaccio Capoluogo, all’epoca diretta dal carissimo e mai dimenticato Maresciallo Nicolò Caceci. Io, con gli altri giovani Carabinieriscapoli, vivevo negli alloggi a noi destinati. Il Maresciallo con la signora Maria e i figli occupavano l’appartamento attiguo al nostro, destinato al comandante. Era come stare in una grande famiglia. A Capaccio ho conosciuto mia moglie e, dopo il matrimonio, secondo le regole dell’Arma, ho dovuto cambiare sede. Sono andato a Monteforte come comandante di stazione. Lì ho trascorso sei anni in una situazione ideale per un comandante:per tutto il periodo del mio comando, infatti, i componenti della stazione sono rimasti sempre gli stessi, condizione che ha consentito di raggiungere, tra di noi, un affiatamento veramente raro.
Racconti un episodio di quell’esperienza …
Un sera di pioggia intensa, fummo chiamati per un furto in un’abitazione. Quando arrivammo i ladri si erano già dati alla fuga, lasciando l’auto, perché sorpresi dall’arrivo dei padroni di casa,nei pressi dell’abitazione che avevano tentato di svaligiare. Dopo un paio d’ore di ricerche, sotto una pioggia battente e nel buio pesto, decisi di tornare in caserma;i ladri non avevano possibilità di fuga visto che la loro auto era stata resa, per cosi dire, non utilizzabile dai proprietari di casa e dai loro vicini ed ero sicuro che avremmo ricevuto la chiamata di qualche cittadino che avesse notato la loro presenza.
All’alba, infatti, arrivò una chiamata dal bar di Campora che ci segnalava la presenza di soggetti sospetti, che avevano chiesto di fare un paio di telefonate. Erano i ladri che avevano percorso a piedi, durante la notte e sotto la pioggia battente, i 20 km circa che separano Magliano da Campora. Arrivammo a Campora e li arrestammo, riuscendo anche ad individuare il compliceche era appena arrivato in auto a prelevarli.
La Città dei Templi è un posto dove la vivibilità è a buon livello. Nonostante questo i cittadini hanno la sensazione di essere accerchiati dai ladri. Come lo spiega?
Il fenomeno esiste ed è dovuto anche alla configurazione urbanistica della città che si estende in ogni direzione con oltre 20 contrade, un’infinità di case sparse e tantissime vie di fuga. L’unico modo per contenere il fenomeno è aumentare l’attenzione generale della vigilanza civica: quella del controllo sociale del territorio segnalando presenze sospette e lasciando alle forze dell’ordine l’esercizio dei loro compiti istituzionali. Proprio come il barista di Campora, che ha fatto il proprio dovere con una semplice telefonata, lasciando a noi il resto del lavoro.
Cosa manca, a suo avviso, a Capaccio Paestum?
Per me una città dove non c’è un cinema, un teatro e una biblioteca non è il massimo della vivibilità.
Più in generale, penso che difetti, non solo da parte dei pubblici amministratori, ma anche da parte di noi singoli cittadini, la piena consapevolezza delle potenzialità di un territorio baciato dalla fortuna di avere bellezze naturali e culturali veramente rare…
Frequentando, per lavoro, l’aeroporto di Capodichino, avverto, nettamente quali siano le destinazioni del pur massiccio flusso di turismo straniero: solo una piccola, se non piccolissima, parte degli stranieri ha come meta l’area a sud della provincia di Salerno…. e questo è un vero peccato…
Lei è nato Palermo, cosa ricorda della sua vita in Sicilia?
Mio padre era carabiniere, per cui, la famiglia lo seguiva nei continui trasferimenti. Ho tanti bei ricordi della mia terra, a partire dagli odori, dai sapori e dai colori del cielo che non ho mai più ritrovato. Ma la nostra quotidianità non era fatta solo di cose belle. Ricordo un compagno di scuola un po’ particolare: si chiamava Domenico Farinella, già prepotente e spocchioso a scuola, e che poi sarebbe diventato un boss di mafia, di un mandamento importante, coinvolto anche nelle stragi Falcone e Borsellino, divenuto protagonista negativo anche di una fiction televisiva “Il Cacciatore”, che ne racconta la latitanza e la cattura; ad ammanettarlo, dopo dieci anni di caccia senza sosta, è stato un maresciallo dei Carabinieri, mio compagno di banco alla scuola Sottufficiali di Firenze; a coordinare le indagini il Dr Alfonso SABELLA, magistrato che ho avuto la fortuna di conoscere a Napoli, dove oggi lavora. Destini che si incrociano….
Come passa il suo tempo libero?
Non ho molto tempo libero. Ma il fatto che viaggio in treno per raggiungere la mia sede di lavoro, che attualmente è Napoli, mi consente di leggere molto. Mi piace anche fare lunghe passeggiate nell’area archeologica un luogo che non mi stanco mai di ammirare e che mi consente di riacquistare la carica di serena tranquillità che serve per affrontare la quotidianità napoletana che, vi assicuro, è certamente fatta di mille colori, come diceva Pino DANIELE, ma anche di mille problemi.
Oggi è impegnato a Napoli. Di cosa si occupa in particolare?
Sono responsabile del Reparto ServiziMagistratura, un reparto dell’Arma che esiste solo nelle grandi città (Roma, Milano, Napoli, Palermo e Torino) e che si occupa della sicurezza di tutte le infrastrutture destinate a sedi giudiziarie della città (a cominciare dalla sede del Palazzo di Giustizia partenopeo che, tra impiegati ed utenti, conta circa 10.000 presenze al giorno), e del servizio di scorta e tutela nei confronti delle personalità residenti o che si trovano a transitare in città, a partire dal Presidente della Repubblica.
Il Reparto è inserito nel Gruppo Carabinieri di Napoli, da pochi giorni retto dal T.Col. Vincenzo PASCALE, anche lui di origini cilentane, precisamente di Santa Maria di Castellabate.
Sono in tanti i giovani che fanno domanda per diventare carabiniere (in polizia, guardia di finanza, guardia costiera …) soprattutto al Sud c’è poco lavoro e la criminalità è, in base alle statistiche, più accentuata. Come spiega questo fenomeno?
Non è solo unproblema di mancanza di lavoro, anche perché lo stipendio di un carabiniere non è alto ed i sacrifici connessi, soprattutto, alla marcata mobilità su tutto il territorio nazionale, non aprono la strada, sicuramente, ad una vita agiata.
Penso che tale scelta di vita sia anche determinata dalla circostanza che al Sud si soffre di più per la diffusa ingiustizia, circostanza questa che orienta, per converso, numerosissimi giovani a tentare di percorrere la strada verso professioni che ti consentono di praticare e poter servire un ideale di giustizia.
Da poco tempo la Guardia Forestale, invece, è stata assorbita dall’Arma dei Carabinieri con la creazione di un reparto specifico. Le competenze ambientali rimarranno le stesse in capo a questo reparto o si andrà verso un graduale assorbimento e integrazione nei vari settori?
Il transito del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri, oltre ad aver superato le evidenti diseconomie derivanti dalla eccessiva frammentazione delle competenze di controllo e repressione in vari settori di intervento, ha permesso all’Arma di accrescere le proprie potenzialità operative, senza disperdere le competenze professionali già patrimonio degli appartenenti al Corpo Forestale. Tutti i colleghi provenienti dalla Forestale sono confluiti nel Comando delle unità per la Tutela Forestale, Ambientale ed Agroalimentare dell’Arma dei Carabinieri, dove si trovano quotidianamente ad operare con i Carabinieri che già erano in forza al Comando Tutela Ambiente (meglio conosciuti come NOE) ed al Comando Politiche Agricole ed Alimentari (attivo nel settore del contrasto alle frodi alimentari ed al controllo delle erogazione degli aiuti comunitari nel settore). Questa aumentata capacità operativa (in termini di personale, mezzi disponibili e di diversificate competenze professionali), non potrà che migliorare il lavoro svolto al servizio della collettività nel delicatissimo settore della salvaguardia di beni primari come l’ambiente e la qualità della filiera agroalimentare.