Il Professore Giuseppe Cilento arriva nella sede di UNICO accompagnato da Lucio Capo, Maria Grazia Caso e Roberto Paolillo. Gli ricordo che è passato molto tempo dal nostro ultimo incontro presso la Cooperativa che dirige a S. Mauro Cilento. Porta bene i suoi 74 anni, anche se lo vedo un po’ appesantito: sarà colpa delle limitazioni al muoversi a causa della pandemia da Coronavirus …
Il motivo dell’incontro è dovuto al fatto che Cilento si è candidato a diventare il prossimo presidente del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni (PNCVDA). Subito mi rendo conto che le domande che ho preparato non serviranno con Cilento che è un fiume in piena che trascina a valle ogni idea e concetto che ha maturato nella lunga carriera politica, professionale e imprenditoriale che ha praticato da oltre 50 anni.
Subito tocca un punto “dolente” … “Ti sembra il caso di chiamare un’istituzione con un nome composto da 62 lettere?” Non faccio in tempo ad abbozzare una risposta che comincia a raccontare: “nel ’93 insegnavo e già impegnavo i miei studenti nello studio del territorio che, poi, fu inserito nel perimetro del parco. Inoltre, ricordo di una fiera riservata i prodotti agricoli ad Alba, nel nostro stand entrarono oltre 3.000 visitatori e di fronte ad uno striscione con su scritto <
Gli pongo una domanda che ho preparato: Come giudica il lavoro svolto dai presidenti che si sono succeduti nella carica Vincenzo La Valva, Giuseppe Tarallo, Domenico De Masi, Amilcare Troiano e Tommaso Pellegrino e i direttori Domenico Nicoletti, Angelo De Vita e Romano Gregorio …
Cilento tergiversa, prende tempo e poi risponde “non mi sembra opportuno rinvangare il passato ed esprimere giudizi sulle persone. A me interessa che, a tutt’oggi, manca una visione culturale che avrebbe dovuto essere alla base dell’agire dei presidenti e dell’intera struttura operativa. ” anche se non nega che ha avuto rapporti con tutti i protagonisti che si sono alternati alla guida dell’ente PNCVDA.
Non è tenero anche con il ruolo che ha svolto la Comunità del Parco alla gestione dell’ente: “A parte il momento della partenza dell’ente quando si formarono le commissioni di lavoro, dopo non c’è stata nessun tipo di organizzazione operativa per far emergere le istanze dei sindaci in merito alle infinite emergenze del territorio”
Riconosce il “peccato originale” di aver ceduto a dismisura la perimetrazione del territorio da comprendere nell’area protetta che un tempo era conosciuta in base ai fiumi che le attraversano: “Il Calore, l’Alento, Il Tanagro, il Mingardo, il Bussento …. C’è da dire che sono pochi gli amministratori e i dipendenti che conoscono le 50 montagne che caratterizzano il territorio”.
Gli chiedo “Cosa la spinge a proporsi alla carica di presidente?” risponde che ha l’ambizione di “modificare il paradigma in voga finora e puntare al cambio di visione culturale dando all’ente e al territorio la possibilità di andare a fondo nello studio di cosa serva veramente per far emergere l’anima green della regione verde compresa nel perimetro del parco”.
Quando tento di portarlo sui 20 anni di storia dell’ente in questi 20 anni di esistenza in vita quali risultati sono stati raggiunti e quali obiettivi non sono stati centrati, Cilento non scarta come un puledro per “imporre” il suo schema lamentando che “si è solo rincorso i miraggi dei finanziamenti senza valutare l’effettiva utilità per il territorio a vocazione agricola e senza ricadute per le imprese agricole e turistiche che vi operano.”
Cerco di portare il discorso sulle problematiche da tutti indicate come emergenze che, per la verità, colpiscono anche altre realtà situate nelle aree interne d’Italia: decremento demografico, deperimento del patrimonio abitativo e smottamento del sistema idrogeologico. Cilento riconduce tutto al fatto che la società contemporanea ha modificato le condizione di vita dei residenti che “trovano più comodo andare al supermercato ad acquistare i beni di prima necessità alimentare invece di mantenere attive la buone abitudini tramandate dagli anziani: coltivare un orto, fare il pane e pasta in casa …”
Cambio argomento portando all’attenzione del candidato presidente del fatto che la Costa Cilentana è quasi del tutto “privatizzata” e resa inaccessibile a turisti, escursionisti e abitanti … gli chiedo cosa si dovrebbe fare per garantire un minimo di agibilità a chi non vuole o non può “affacciarsi” al mare passando per le forche caudine di lidi, villaggi, camping, ristoranti, alberghi, case private che anche nella realtà da lui amministrata, San Mauro Cilento, è evidente. Cilento rivendica la sua battaglia tesa a far abbattere i manufatti abusivi ed è “attesa che il TAR autorizzi l’eliminazione di manufatti lungo il vallone che è stato ostruito. Conferma che l’abuso edilizio, perpetrato nel corso dei passati decenni, ha tolto l’anima alla nostra fascia costiera ma oggi si continua a sbagliare cercando di arginare il fenomeno dell’erosione costiera posando barriere di pietre a mare che hanno già ottenuto gli effetti opposti in altre realtà come la Calabria.”
Relativamente ai giovani laureati che lasciano il territorio per trovare un’occupazione che dia seguito ai titoli di studio conseguiti, Cilento immagina di selezionare figure professionali che siano funzionali alla sua idea di parco che “deve svoltare decisamente verso una visione della vita compatibile con la difesa delle tradizioni e delle produzioni agricole di qualità”.
Faccio presente che l’agricoltura è il settore che, dopo il turismo, ha fatto un salto di qualità in questo ventennio. Infatti, il Parco ha certificato 124 aziende che producono, trasformano e commercializzano i loro prodotti esponendo il logo del PNCVDA che dovrebbe garantire il consumatore locale e planetario! “Il parco certifica l’attività dell’azienda è allocata nell’area parco ma non ha fa verifiche sulla qualità dei prodotti!”
Il parco potrebbe alimentare questo filone produttivo per farlo crescere ancora di più garantendo anche la qualità … la soluzione del candidato presidente è quella di “costituire un centro studi che analizzi i terreni, censisca il potenziale produttivo e incentivi la lavorazione con mezzi adatti alla conformazione dei terreni: l’85% è collinare e montano!”
Poche sono le persone attratte dal nostro territorio ad insediarvisi pur essendo palese che ci sono centinaia le case vuote, decine le scuole che chiudono, migliaia gli anziani che non hanno assistenza … “su questo – afferma Cilento – basta aprirsi ai tanti extracomunitari che lavorano e vivono in condizioni disumane nelle nostre campagne dando loro la possibilità di vivere una vita dignitosa in case che potrebbero rinascere a nuova esistenza.”
Pongo sul tavolo la questione dei Gal, Comunità Montane, Aggregazioni per le Aree interne … tutti soggetti che attraggono risorse ingenti che vengono spese sul territorio senza che l’ente parco possa dire niente per indirizzarle nella direzione più funzionali alle esigenze di un’area protetta. Cilento mi conferma che “l’ente Parco non ha il potere di intervenire né ha la competenza operativa per farlo. Ma questo non vuol dire che non si possa coordinarsi per evitare inutili, quanto dispendiose sovrapposizioni”.
Ricordo che il PNCVDA ha avuto molti riconoscimenti nazionali e internazionali ma riscuote poca considerazione tra i cittadini che vivono negli 82 comuni che ne fanno parte: il Paesaggio del Parco, Paestum, Velia e la Certosa di Padula; la Dieta Mediterranea … Cilento allarga le braccia e conferma che “non c’è la visione che potrebbe indicare la strada. Eppure abbiamo visto che è bastato l’arrivo di Gabriel Zuchtriegel a Paestum e da poco anche a Velia che si sono subito avuto riscontri che vanno nella direzione giusta”.
I “riconoscimenti” sono un grande volano per proiettare il territorio nel futuro. Ma è grande la confusione sotto il cielo in quanto, pur essendo stato il parco il promotore delle candidature, si continua ad andare in ordine sparso senza un coordinamento che abbia una visione d’insieme.
Bartolo Scandizzo