“Covid. Il virus della paura”, è il libro scritto dal professor Giulio Tarro, virologo di fama mondiale, primario emerito dell’ospedale Cotugno di Napoli, presentato martedì 28 luglio presso la Mondadori Bookstore di Antonio Lullo a Sala Consilina. Molti non hanno voluto mancare all’importante appuntamento di alto spessore culturale organizzato da Rita Biancullo e promosso dai Club Lions del posto che ha visto protagonista lo scienziato e l’uomo Tarro che a diverse e incalzanti domande sulla pandemia che sta colpendo il pianeta Terra non si è mai tirato indietro e ha tracciato il suo pensiero. Alla domanda sul perché questo virus faccia così paura e cosa ha di diverso rispetto ai virus che hanno minacciato l’uomo nel corso della sua storia, il professore Tarro, così risponde: “Il libro parla del virus appunto come virus della paura e intorno a esso c’è un alone che non si merita neppure. Ovviamente non è più un virus del raffreddore come la famiglia generalmente dispone nei confronti della specie umana – dice – è un virus che si lega alla famosa crisi respiratoria del 2002 – 2003 dove su circa 8mila contagiati ha mietuto 774 vittime e si attesta al 10% di mortalità. Si è ripresentata poi nel Medio Oriente nel 2012 proveniente dal pipistrello, il dromediario in questo caso, un poverino morto per un blocco renale con la sindrome respiratoria. C’è stata un’epidemia nata in Corea nel 2015, è stata allora usata la sieroterapia con una mortalità del 33%, molto più pesante diciamo. E adesso è comparso di nuovo sempre con questa sindrome respiratoria, un problema che colpisce i polmoni e i vasi degli organi vitali causando i tromboemboli che poi è la vera causa di morte di questa sindrome. Da qui c’è stata una dissociazione. Pochi anni addietro c’è stata l’Ebola, un virus veramente mortale con migliaia di morti nel 2015 che riguardavano in particolare tre nazioni dell’Africa del Nord Occidente nel caso particolare della Liberia, della Guinea, della Costa d’Avorio. Il 1 dicembre quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ci fornisce i dati sull’Aids, in particolare, abbiamo sempre oltre 1 milione di morti che riguardano proprio l’Aids soltanto nei Paesi africani e subsahariani, allora con queste cifre e con questi dati, non si capisce com’è possibile creare un alone intorno questo virus che sì ormai da una pandemia, ma la Cina l’ha avuta e l’ha debellata e, noi stessi in Italia, ha fatto suo decorso con la cosiddetta curva gaussiana con la vantata esponenziale crescita ma con il caldo il virus non dura che pochi minuti alle spiagge come ai monti. C’è stato un aspetto allora un po’ ridicolo che non ha riguardato solo il nostro Paese, è un fatto pandemico e riguarda tutto il mondo, però ognuno ha una ricetta particolare. Purtroppo si è visto dal nostro punto di vista che o si fanno queste ristrettezze esagerate o si lascia circolare proteggendo gli anziani, a questo punto, si ottiene lo stesso fine però penso che non possa e non debba intaccare l’economia com’è successo in Italia, ragion per cui un ulteriore restringimento di questa situazione porterebbe la morte non per il virus ma da fame”. Il professor Tarro parla nel suo libro anche di una informazione terrorista che è stata condotta nel corso di questi mesi con la consapevolezza di puntare su obiettivi chiari, soprattutto in tempo di lockdown, richiamando anche la delicata e non sempre responsabile funzione del servizio pubblico. “Credo che bisognava rifarsi soprattutto alla Cina – dice ancora l’illustre ospite – la Cina ha comunicato il 31 dicembre l’epidemia di polmonite atipica, la settimana successiva ha parlato del virus della famiglia dei coronavirus, dopo tre settimane ha parlato del contagio interumano e finalmente l’OMS facendo trascorrere un’altra settimana ha annunciato la preoccupazione mondiale. Però la Cina, sappiamo bene, come nella prima decade di febbraio è stata in grado di costruire dal niente tre ospedali nell’epicentro della epidemia a Wuhan e, in sostanza, a metà marzo c’è stato l’ultimo paziente dimesso. Allora il punto di riferimento doveva essere la Cina con tutti i lavori scientifici che nel tempo venivano pubblicati. Vedi Fauci, il responsabile per le malattie contagiose negli Stati Uniti, che ha parlato di analizzare questi dati commentando solo dell’80% che riguardavano una sindrome respiratoria controllabile e soltanto del 4,7% sempre dati cinesi, che poteva essere una fase critica del paziente. E su questa fase critica è intervenuta la sieroterapia. Gli stessi Cinesi hanno comunicato la possibilità di utilizzare 200 ml del siero dei pazienti guariti con gli anticorpi per bloccare e neutralizzare il virus addirittura da due ore a 48 ore. Quindi abbiamo l’aspetto iniziale sull’antimalarico l’idrossiclorochina associato più o meno ad un antibiotico se si ha una sindrome febbrile e poi nei casi più gravi si utilizza la sieroterapia”. Giulio Tarro ripercorre nel corso dell’evento le più grandi epidemie della storia dell’uomo da quella scoppiata ad Atene nel 430 a.C. fino alla peste nera, al vaiolo alla spagnola, l’asiatica del 1957, l’HIV, l’influenza suina, la SARS, la mucca pazza fino al Covid 19. Il virologo messinese fa accenno al ruolo dello stato e alle decisioni assunte nel corso delle settimane di diffusione della pandemia e richiama la responsabilità della sanità avvolta da tagli e privatizzazioni, discute delle differenze evidenti tra Nord e Sud Italia con un accenno anche alle differenze climatiche individuando similitudini con quanto si respira in Cina. Tarro, dopo la laurea in medicina vince il “premio Sabin” che gli permette di andare negli Stati Uniti nel 1965 per studiare al fianco di Albert Sabin, l’ideatore del vaccino antipoliomielite e poi già dalla fine degli anni ‘70 è noto per aver affrontato il cosiddetto male oscuro che colpì Napoli in quegli anni, ha condotto progetti diagnostici e terapeutici durante l’epidemia di colera in Italia nel 1973, nonché su epatiti ed AIDS, e più recentemente anche relativi alla SARS, all’influenza aviaria e all’influenza suina, primario di virologia al Cotugno dal 1973 al 2006 ma è stato insignito di tanti riconoscimenti e nella comunità scientifica non sempre risulta popolare, ma nel suo libro esterna sempre il suo punto di vista senza troppi fronzoli e chiama in causa lo studioso di turno, contribuisce a non creare allarmismo e non vuole favorire la crescita della paura nella comunità mondiale. Il professore tocca anche la questione vaccino al centro degli studi di tutto il mondo, non pensa alla importanza del vaccino antinfluenzale e dice che adesso è importante trovare una cura universale che vada bene e batte sul ruolo attribuito alle industrie farmaceutiche nella ricerca e nella sua produzione.
Antonella Citro