L’amministratore delegato della Società Italiana Elicotteri Andrea Pardi ha rotto la telecamera a un giornalista di Report, lo ha trascinato dentro l’ufficio e lo ha immobilizzato stringendolo al collo con un braccio. La vittima è Giorgio Mottola, stimato e autorevole collaboratore di questo giornale per il quale ha scritto memorabili inchieste.
Il fatto: il giornalista si trovava all’esterno della palazzina, e ha avvicinato il manager per chiedergli un’intervista. Il Pardi non gli ha nemmeno lasciato il tempo di porre la domanda, che lo ha immediatamente aggredito con lo scopo di distruggere la telecamera e contemporaneamente lo ha spinto dentro la palazzina proseguendo l’aggressione in presenza di una decina di impiegati; nonostante le urla del giornalista però nessuno è intervenuto. Solo quando il Pardi si è impossessato della telecamera ha liberato il giornalista, che una volta uscito ha chiamato la polizia. Con l’intervento delle forze dell’ordine il giornalista è rientrato in possesso della telecamera, completamente inagibile, ma recuperando la scheda con la registrazione del filmato. Questa è la raccapricciante testimonianza dell’accaduto. Un fatto di grave e inspiegabile violenza ai danni di un giornalista che stava facendo solo il suo mestiere. Pardi, che è noto alle cronache per aver tentato in passato di vendere elicotteri all’Iran, è stato denunciato ”Come sto? Abbastanza bene, ho diversi lividi e ho incassato una brutta botta alla schiena, ma ho recuperato la scheda. E ora l’ho denunciato per aggressione”. L’intento del giornalista era raccogliere riposte per la trasmissione di Rai3, ma quello che è uscito dopo la domanda “E’ vero che lei ha intavolato trattative per vendere aerei a Paesi…?” è stato solo un “tentativo di strangolarmi, così mi sono sentito”. Giorgio Mottola racconta ad Huffpost cos’è accaduto in quegli 8 minuti di “pura follia”.
Nel video si vede un sunto dell’aggressione, poco meno di un minuto, cosa è successo in quegli otto minuti? ”Sono andato all’aeroporto dell’Urbe dove c’è la sede della Società italiana elicotteri che è dentro al palazzo di Agustawestland per fare le mie domande a Pardi. Faccio quella che si sente in video e lui mi da subito una botta sulla telecamera e colpisce il tasto Rec”.
E non le ha detto niente? ”Mi ha detto “Sorry i dont understand” fingendo di parlare inglese e non capire l’italiano. Gli ho detto “Scusi, ma perché finge di parlare inglese?”. Pardi mi ha trascinato dentro gli uffici, c’era una segretaria credo, che però si è alzata e poi è scappata via. Poi mi ha messo le mani al collo, un braccio contro e cercava di strapparmi la telecamera”.
Nessuno è intervenuto? ”Da quel che ho potuto vedere c’erano poco distante almeno una decina di persone che stavano lavorando. Io continuavo a gridare aiuto, l’avrò fatto per almeno 4 minuti, ma nulla, niente. Faccio questo mestiere, so che pongo domande scomode e ci può essere una reazione, ma quello che mi sconvolge è che nessuno si sia avvicinato per aiutarmi. Anzi…”
Cosa è successo? ”Mentre io sono riuscito a sfilare via la scheda di registrazione questo signore ha chiamato un uomo chiedendo di aiutarlo, aiutarlo a tenermi fermo. Ed è arrivato. Io ero spaventato, quando si è accanito sulla telecamera sono riuscito a divincolarmi e scappare fuori”.
E poi è arrivata la polizia? ”Sì, ma quella frontaliera, che era in zona e si chiama attraverso un numero diretto. Qualcuno deve averli avvisati. Poi sono arrivate le altre forze dell’ordine. Pardi ha chiuso la porta d’ingresso della sede della società (che si apre solo dall’interno), tenendosi la telecamera. Ha tenuto la porta chiusa per diversi minuti, anche dopo l’arrivo della polizia. L’ha riaperta solo in seguito, restituendo la telecamera distrutta al poliziotto”.
E le ha chiesto scusa? ”Macché, non l’ho più visto dopo. Ho sporto denuncia nei suoi confronti per aggressione. Non mi sarei mai immaginato che a una semplice domanda un manager reagisse così”.
LA NOSTRA INIZIATIVA
Scontata la nostra solidarietà e affetto nei confronti di un giornalista che aveva l’unica colpa di voler capire i contorni di una situazione grave qual è la vendita di materiale bellico a un paese impegnato spesso e volentieri in teatri di guerra e che è protagonista di un accelerato programma di armamento nucleare che vorrebbe completare ciò che Hitler lasciò a metà nel 1945. Giorgio faceva delle domande per capire, è una colpa così grave da meritare le vie di fatto? Dice bene Amalia De Simone, una bravissima cronista di frontiera: “Tanto per essere chiari: Andrea Pardi amministratore delegato sella società italiana elicotteri, dopo aver picchiato, distrutto la telecamera al mio amico Giorgio Mottola e aver cercato di strangolarlo… lo ha pure denunciato. Capito? lo ha denunciato, perchè così fanno i padroncini che pensano dall’alto del loro potere di non dover mai dar conto di nulla, di non dover rispondere alle domande. Si, così fanno nei confronti dei giornalisti che sanno essere precarissimi come Giorgio che stava facendo un lavoro per Report. Così magari, oltre alle mazzate dovrà anche affrontare le spese di un processo. Direi a sindacato e i vari organi di categoria che forse è il caso di affrontare per bene questi problemi, fare le giuste pressioni in Parlamento, rompere il cazzo se è necessario”. .Sì, la questione è proprio quella di affrontare un processo contro un uomo ricco qual è sicuramente Pardi, che può schierare fior di avvocati, decine di testimoni quali gli impiegati della sua società – quelli che hanno assistito al pestaggio senza fiatare – e magari farsi risarcire perché il giornalista è arrivato all’improvviso, senza farsi annunciare. Giorgio è un precario e quasi tutto ciò che guadagna gli serve per mantenersi da solo a Roma. La mia idea è che i colleghi e gli estimatori diano vita a una raccolta fondi per potergli assicurare oggi una difesa efficace e domani mettere a punto una modalità che possa sostenere tutti i “piccoli” giornalisti che sempre di più devono fare i conti con querele che hanno l’unico obiettivo di conculcare la libertà e l’efficacia della stampa come guardiano del bene comune contro chi pensa che “nell’articolo quinto” di chi ricopre cariche pubbliche ci sia anche un comma contro i fastidiosi “giornalistucoli”, quelli che – come Giorgio – vogliono capire e rendere partecipi i cittadini – elettori, quelli che hanno come diritto – dovere quel conoscere per deliberare che è alla base delle democrazie moderne.