2 marzo 2025 – VIII Domenica del Tempo Ordinario
Nell’ultimo libro che ho letto “Gesù, affabulatore misericordioso” di Luigi Rossi, è evidenziato un aspetto importante del Vangelo di Luca. Fra gli evangelisti è ritenuto il miglior narratore, colui che ha il merito di aver riportato le parabole più note e più amate.
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Con le parabole Gesù racconta fatti verosimili, con riferimento alla realtà esistenziale, trasformandoli in stimoli alla conversione. La semplicità del linguaggio consente agli ascoltatori di comprenderne facilmente il messaggio.
Il Vangelo di oggi ricorda tre brevi parabole: quella del cieco che guida un altro cieco; della pagliuzza e della trave nell’occhio; dell’albero che si riconosce dai frutti.
Pare di intravedere un mite sorriso provocatorio sulle labbra di Gesù nel raccontare queste tre parabole. Tanti sono gli spunti su cui riflettere.
Innanzitutto Gesù ci mette in guardia dal ritenere che la sua Parola sia rivolta sempre agli altri e mai a noi stessi. Perciò ci provoca invitandoci a rispondere a tre interrogativi: pensiamo di essere guide degli altri? Siamo pronti a condannare i difetti degli altri nascondendo i nostri? Le nostre azioni danno frutti buoni?
Al centro del passo di san Luca leggiamo la parola “ipocrita”, una parola forte che usiamo spesso per attaccarci gli uni gli altri, quando vogliamo dire in un solo colpo ciò che pensiamo della sincerità del prossimo.
Ipocrita è simulare, come un attore, i valori che non si condividono e non si vivono in realtà. Gesù ci dice che l’ipocrisia non conduce al Regno di Dio. Ci esorta a non comportarci da ipocriti e dà dell’ipocrita a chi spara a zero sugli altri prima di guardare a se stesso.
Emettere giudizi è estremamente facile, le persone non si giudicano dalle apparenze ma da ciò che esce dal loro cuore, dalle opere che compiono. Frutti buoni non possono certo venire da alberi cattivi.
Nella società attuale tutti vogliono insegnare, indicare strade, guidare gli altri ma sono mossi solo da personali interessi. Tutti puntiamo il dito verso gli altri perchè gli altri sbagliano, per cui si critica, ci si arrabbia, con la presunzione di essere noi i migliori, di avere sostanzialmente sempre ragione.
Ciò che condanniamo negli altri spesso lo scusiamo in noi stessi, gli errori degli altri li vediamo come una “trave” mentre gli stessi errori in noi come “pagliuzza”, dimenticandoci delle nostre travi che ci impediscono di vedere chiaramente.
Gesù ci invita ad essere persone che operano il bene, a produrre con l’albero della nostra vita frutti buoni, a non scrutare l’ombra nell’occhio altrui ma a vedere la luce in quell’occhio.
Come cristiani preoccupiamoci prima di tutto della rettitudine della nostra anima. Prendiamo consapevolezza delle nostre carenze, riconosciamo ciò che è sbagliato in noi, facciamo che alle nostre parole corrisponda una coerenza di vita, operiamo in modo che le nostre parole siano in grado di smuovere le coscienze di chi le ascolta e rivelino la loro essenza proprio nel dialogo con l’altro.
Siamo in tempo di Carnevale. Dai più piccoli ai più grandi indossiamo le maschere ricorrendo a travestimenti per un momentaneo divertimento. Facciamo finta di essere qualcun altro. Siamo ipocriti nel significato letterale greco del termine.
Gesù però ci invita a toglierci le maschere. Gettiamo la maschera dell’ipocrisia e indossiamo la veste della fede che porta il nostro cuore a produrre frutti buoni. Il bene lo si fa solo se si è nel bene. Facciamoci allora guidare dalla luce di Gesù, riconoscendo che senza quella Luce siamo solo ciechi che vorrebbero guidare altri ciechi. Nei nostri fratelli vediamo compagni di viaggio con cui condividere il cammino della vita dietro l’unica guida sicura: Gesù.
E’ faticoso discernere il bene dal male, è faticoso togliere una trave dal nostro occhio, è faticoso lasciarci guidare da chi ci vede meglio di noi. E’ faticoso ma proviamoci! Santa domenica in famiglia