Agli amici, ai conoscenti, alla popolazione di Capaccio Paestum
Le ragioni per cui ho preferito ritirare la mia candidatura a sindaco del nostro comune sono semplicissime e non contemplano altro, se non una chiara intenzione di fare un passo indietro di fronte a una situazione che per me andava facendosi pesante. Sottrarre ancora una volta tempo ai miei cari, dividendo le mie energie tra lavoro, volontariato e politica, mi è sembrata una scelta non adeguata fino in fondo a quelle che sono le mie esigenze di uomo e padre.
Ho speso molti anni e profuso un abbondante impegno a sostegno della causa politica del luogo che abito. E, in sede di consiglio comunale, sia quando mi sono trovato a fare opposizione che in veste di amministratore, ho dato quanto era nelle mie possibilità, cercando di non venire mai meno ai principi che mi hanno spinto a interessarmi attivamente della cosa pubblica. Fare un elenco di quello che ho costruito come assessore e delle battaglie che ho intrapreso come consigliere di minoranza sarebbe superfluo e fuori luogo.
Va da sé che la mia rinuncia non decreta affatto un mio disinteresse per le sorti di Capaccio Paestum. Come cittadino, soprattutto, e come appassionato della politica, seguirò sempre con interesse tutto quanto riguarderà la sfera sociale della collettività in cui vivo, interagisco e lavoro.
Non vi è alcun dubbio che lo scenario politico nazionale abbia sciaguratamente alienato le speranze di un intero Paese e, quel che è peggio, abbia umiliato e relegato, oltre modo, le realtà periferiche in uno stato di frustrazione insostenibile, dove ogni risorsa intellettiva viene svilita da un contesto che non predilige le idee. Capaccio Paestum rappresenta la conseguenza più diretta di un andamento del genere. Qui, spesso, non hanno contato le idee, ma chi le ha sostituite con gli interessi personali. Qui, tante volte, non si è dato valore ai progetti di comune intesa pensati a favore della comunità, ma ai piani delle combriccole di potere studiati per privilegiare un’economia fine a se stessa e circoscritta a poche persone. Qui, infine, non sempre vi è stata politica, ma attività semiclandestine che ne hanno preso le sembianze.
Se è vero che la politica sia data da valori etici, culturali e da capacità ideative, si può tranquillamente affermare, senza incorrere nella probabilità di essere confutati, che un profondo e deleterio squilibrio sociale pervade la vita politica del paese. Francamente, si ha l’impressione che fino a oggi a produrre aspettative e nuovi scenari siano state persone che hanno fatto della politica un’opportunità personale per contare finalmente qualcosa. Tuttavia, l’elemento di considerazione che desta più sorpresa e che merita l’attenzione maggiore è composto, sistematicamente, dal risultato elettorale: sono i voti della popolazione che determinano ogni tipo di scelta che viene operata sul territorio comunale. Pur dotata di una notevole intelligenza naturale, la gente pestano-capaccese si abbandona, al momento delle elezioni amministrative, ad una sorta di rassegnazione che non denota affatto uno spirito che le è proprio.
In nessuna epoca del passato di questo glorioso comune si coglie un simile atteggiamento psicologico.
Per quanto mi compete e riguarda, ho avuto la fortuna di condividere il mio impegno politico con persone semplici e per bene, di indubbia levatura morale, tra cui il prof. Luigi Di Lascio, una delle menti più fervide che la politica locale possa vantare, dal quale tanti di noi hanno appreso l’uso discreto dell’analisi e della critica.
Oggi, e in futuro più che mai, mi auguro che gli abitanti di Capaccio-Paestum non si trovino impreparati al cospetto di un evento di così alta importanza, come quello, appunto, di una competizione elettorale amministrativa. Non mancano donne e uomini all’altezza del compito di rappresentarli e men che meno una volontà complessiva d’impegno. Si tratta, invero, di avere la fermezza e il buon senso di scegliere gli elementi che abbiano una effettiva idoneità per eseguire con molta cura un programma di solidarietà sociale che aggreghi via via le varie espressioni della società civile: dai professionisti e gli imprenditori più lanciati, ai precari e ai disagiati di ogni sorta.
Non c’è collettività che non possa modificare il proprio futuro se si organizza per farlo con convinzione. Anche quella di Capaccio-Paestum può riuscire in questo intento, purché, una volta recuperato l’esercizio della critica, non si ignori quello dell’azione, dell’agire e delle scelte programmatiche.
Il nostro è un luogo che difetta, da troppo tempo, di un consistente nucleo di opposizione ad una maniera di intendere la vita e la politica che soffoca sul nascere ogni slancio e ogni iniziativa verso l’evoluzione collettiva. Chi vuole mantenere bassa la tensione della cittadinanza e ostacolarne un’organizzazione che si proponga in modo competitivo e alternativo alla gestione del potere, spera, in realtà, che i figli migliori di questa terra l’abbandonino per cercare altrove le possibilità di esprimere le proprie pertinenze. Ecco perché disinteressarsi alla politica significa, in definitiva, appoggiare chi comanda. E chi detiene il potere non chiede altro e di meglio che i governati se ne stiano in disparte e quanto più lontano da faccende che, se codificate e ben analizzate, potrebbero destare un’indignazione generale con conseguente, opportuna e adeguata reazione popolare.
Pertanto, sin da ora si rende necessaria un’organizzazione (politica) che sappia trovare larghi consensi per rovesciare una situazione di fatto che umilia il territorio fuori misura.
“Chi è veramente di sinistra deve mettere al primo posto la sovranità popolare, il diritto del lavoro, attuare giustizia ed eguaglianza sociale, investe sulla cultura, e abbia il coraggio di dire che Capaccio Paestum è il paese delle diseguaglianze”. “Chi è veramente di sinistra deve battersi per costruire insieme al popolo una alternativa popolare, politica, culturale, sociale ed economica rivolta a tutti, soprattutto ai più esposti, cioè a quanti vivono ai margini della società”.
Viviamo tempi difficili: crisi economica e occupazionale, che rende problematica la vita a molte persone e a molte famiglie; crisi di valori, che provocano fragilità sociali, profonde lacerazioni nei rapporti interpersonali e familiari, smarrimento all’orizzonte del bene comune, illegalità diffusa, sfiducia nelle istituzioni…
La Capaccio Paestum dei mercanti deve sparire per far posto alla Capaccio Paestum delle idee.
Questo è possibile quando con la “penna” in mano e senza avere paura sapremo scegliere una classe politica affidabile.
Gennaro De Caro