Gabriel Zuchtriegel, direttore responsabile del Museo Archeologico Nazionale di Paestum, studioso eccellente presso l’Università Humboldt di Berlino di archeologia classica, preistoria e filologia greca, dottorato all’Università di Bonn con una tesi sul sito archeologico di Gabii (Roma) dove ha condotto campagne di scavo in virtù di una borsa di studio assegnatagli dall’Istituto archeologico germanico, docente a contratto per la cattedra di archeologia greca e romana all’Università della Basilicata, studioso accanito della colonizzazione ellenica e dell’impatto che essa ha avuto sulla storia della Grecia antica più in generale, sostenendo tra l’altro che “alcuni concetti e argomenti di Platone e Aristotele diventano più chiari e coerenti se pensiamo alla società in cui questi pensatori vivevano come a una società colonizzatrice, che prevedeva l’espansione, l’emigrazione e lo sfruttamento di gruppi diversi dai coloni-cittadini come una possibilità molto concreta e reale”, si racconta in esclusiva a Unico.
In che modo la pandemia sta influendo negativamente nel settore museale?
L’impatto negativo è soprattutto l’assenza di visitatori con la conseguente riduzione degli incassi che ci servono per fare progetti di manutenzione e ricerca. Intravedo però anche segni positivi: grazie a internet possiamo rimanere in contatto con i nostri visitatori e con scuole e università.
Come direttore quali misure sta attuando per far visionare il parco nonostante il covid19?
Oltre ai video e contenuti su social e website, stiamo lanciando varie iniziative di didattica a distanza. Vedo le scuole in difficoltà e vorrei come Parco archeologico dare una mano, raccontando a bambini e ragazzi l’archeologia, l’architettura antica, ma anche la gestione di un sito archeologico. Attualmente stiamo facendo una serie di sperimentazioni e speriamo di poter presto offrire questo servizio su tutto il territorio nazionale.
Quale sarà secondo lei la ripartenza per il settore culturale?
Una ripartenza vera sarà possibile nel momento in cui possiamo nuovamente uscire. La cultura si basa sul confronto e sull’incontro con gli altri, e ciò vale non solo per il mondo dello spettacolo, ma anche per quello dei musei. Sono però convinto che una parte delle esperienze più innovative che stiamo facendo in questi mesi sarà utile anche dopo. Per esempio, se è vero che alla visita di un sito archeologico non si potrà mai sostituire un’esperienza virtuale o digitale, tante riunioni e incontri di lavoro che prima si facevano in presenza si potranno fare a distanza anche in futuro. Si risparmia tempo e si tutela l’ambiente, rinunciando a un movimento frenetico che non porta da nessuna parte. Spero che anche il turismo cambierà, diventando più lento e meno “mordi e fuggi”.
Quali sono i progetti futuri del parco?
Abbiamo lavorato negli ultimi anni per implementare un modello nuovo di tutela, ricerca e valorizzazione a Paestum, adesso lo stiamo portando a Velia. Ma c’è ancora molto da fare. Attualmente a Paestum sono in corso due grandi progetti europei, uno riguarda il museo, l’altro l’area archeologica. Le aree fruibili aumenteranno. Stiamo facendo lavori a Foce Sele, dove il museo narrante è chiuso da più anni a causa di un’inondazione. A Velia abbiamo avviato progetti di messa in sicurezza e restauro per quasi un milione di Euro negli ultimi mesi e siamo solo all’inizio. Abbiamo il problema dei depositi e degli spazi espositivi, che speriamo di risolvere con un finanziamento per un museo. Velia merita un museo per raccontare la vita, l’architettura, l’economia, i rituali, l’arte e l’artigianato nella città di Parmenide e Zenone.
Quali sono le mostre sospese a causa del covid19? Quando riprenderanno?
Ho sempre sostenuto che la migliore mostra in un sito archeologico siano gli scavi e le ricerche in corso che cerchiamo di rendere accessibili e di condividere online con il pubblico. Inoltre, abbiamo un progetto di arte contemporanea e archeologica con la Regione Campania su Velia; il tema è la salute, la medicina antica e il rapporto tra uomo e natura.
L’antichità classica, secondo lei, può insegnare qualcosa sulla gestione di emergenze di questo tipo?
Il nostro motto è: “un altro mondo è possibile”. L’archeologia non ci può fornire un modello per affrontare il nostro presente, ma ci può insegnare la varietà della vita umana su questo pianeta e la capacità di adattarsi a nuove situazioni. Così è stato in passato e così sarà in futuro. Chi si immerge nella storia e nell’archeologica può liberarsi dalla tirannide del presente inconsapevole della sua natura transizionale. Quello che oggi sembra immutabile, domani non c’è più. Questo può essere anche una speranza, per esempio riguardo il modo disastroso in cui trattiamo il pianeta terra, provocando una crisi climatica e ambientale senza precedenti. Dobbiamo e possiamo cambiare il nostro futuro, per il bene dei nostri figli e di future generazioni.
a cura di Lucrezia Romussi