Confesso che, questa volta, non mi sarei aspettata una crisi politica al Comune di Capaccio Paestum. La convinzione derivava da due motivi: la necessità di tempo per la maggioranza di consiglieri arrivati sugli scranni consiliari di fare esperienza nelle stanze del potere e l’inconsistenza sia numerica sia di esperienza di chi siede sui banchi dell’opposizione. A tutto ciò va aggiunto che Franco Palumbo ha esperienza da vendere nel ruolo di Sindaco, per cui in grado di nuotare senza problemi nel mare “nostrum” della politica capaccese.
Purtroppo per la maggioranza in carica, non è stato così e questo sta diventando un problema sia per il sindaco sia per la Città dei Templi. Né Palumbo può sentirsi sollevato dalle dichiarazioni provenienti dall’”Altra città”, la lista che sostenne Nicola Ragni alle ultime elezioni.
A questo punto i numeri traballano: con Palumbo restano, come si legge nel comunicato diffuso dalla casa comunale, Giovanni Piano, Crescenzio Franco, Ivano Mottula, Lucio Conforti, Domenico Vecchio e Giovanni Cirone. A Loro si aggiunge Marianna Polito eletta nella lista l’Altra città che appoggiava Nicola Ragni.
Per cui mancano altri due voti per poter amministrare con una certa tranquillità anche sembra improbabile che le opposizioni possano aggregarsi ai sei firmatari per far sciogliere il consiglio e azzerare tutto.
Sarebbe un epilogo sul quale nessuno avrebbe scommesso dopo l’insediamento di Palumbo …
Bisogna però ricordarsi che il percorso di questa amministrazione non è stato molto lineare fin da subito. Il primo problema è scaturito dalla scelta degli assessori con la nomina a singhiozzo dei componenti della giunta: prima Giuseppe Troncone, poi Franco Sica e infine Claudio Aprea e Teresa Palmieri. Anche lo staff di cui si è circondato il sindaco è apparso più un contraltare della giunta che un organismo teso a preparare i dossier al sindaco.
I problemi di salute del sindaco arrivati a cavallo delle del periodo natalizio hanno costretto la due squadre a rinserrare le fila per attutire il contraccolpo della mancanza del collante del sindaco: in fondo molte delle persone portate nelle stanze dei bottoni non si conoscevano tra loro.
Quando Palumbo ha ripreso gradualmente le redini dell’ordinaria amministrazione ha trovato delle incrostazioni formatesi durante la sua assenza e, all’inizio dell’estate, ha dovuto subire (o imporre) l’azzeramento della giunta e programmare una nuova ripartenza chiamando al suo fianco anche una consigliera, Annalisa Gallo.
È probabile che questa scelta ha fatto alzare il livello dello scontento tra gli altri consiglieri eletti nelle sue liste.
Ma anche il rimpasto nell’ambito dello staff e le nomine nelle partecipate hanno influito a creare l’humus dentro il quale ha vita facile il crescere dello scoramento, lo sfogo degli esclusi, le delusioni di chi ha molto lavorato e poco raccolto …
Infine, l’atteggiamento “paternalistico” di Palumbo, ribadito anche nel comunicato stampa diffuso dal suo ufficio stampa, nei confronti dei firmatari della lettera di critica che in qualche modo cercava di tener fuori proprio il sindaco dalla querelle, ha fatto tracimare la protesta in un atto traumatico per la sua maggioranza.
A chi legge il comunicato appare evidente che la richiesta di tornare a “Canossa” dei reprobicome “figliol prodighi” non entra a fondo nelle problematiche, vere o presunte, che hanno dato il via alla protesta eclatante.
Il rischio di “imbastardire” la sua maggioranza con l’ingresso al suo interno di consiglieri eletti in altre liste provocherebbe una mutazione genetica del suo progetto e riporterebbe indietro l’orologio della storia di questo comune con danni diretti alla vita della consigliatura e indiretti alla fiducia degli elettori che scegliendo Franco Palumbo hanno votato per la svolta mai immaginando di dover rivedere una replica di ciò che è accaduto negli ultimi 15 anni di vita amministrativa capaccese.
Chi ha più responsabilità ed esperienza deve fare di più per trovare un accordo rinunciando ciascuno a parte delle proprie argomentazioni divisive. Solo così Palumbo potrà salvare il suo progetto e i consiglieri protestatari avranno dimostrato di avere più a cuore il futuro prossimo del comune per il quale hanno lottato e vinta la sfida di andare a sedersi in consiglio comunale.
Se fossi Palumbo convocherei un’assemblea di tutti i candidati presenti nelle sue 4 liste per fare il punto sulle cose fatte e su quelle programmate. Darei spazio a quanti hanno critiche e suggerimenti da dare, metterei i consiglieri dissidenti di esporre pubblicamente i loro punti di vista che, certamente, non sono identici per tutti e farei esprimere all’assemblea generale un documento programmatico aggiornato in base alla discussione sulle proposte di tutti.
Un eventuale voto favorevole impegnerebbe tutti gli eletti a mantenere fede al voto espresso dai cittadini e consentirebbe a tutti i consiglieri di maggioranza di rientrare nell’alveo del progetto politico che li ha portati a palazzo di Città senza abiure né con Franco Palumbo pronto ad uccidere il “viltello grasso” per festeggiare il ritorno dei “figliuoli prodighi”.