Nonostante le difficoltà legate ancora all’altalenante curva epidemica, possiamo affermare che l’estate 2022 è stata una stagione nella quale si è tentato di convivere in modo più concreto e prossimo ad una normale ripresa dei contatti sociali. A confermare questo, sono stati anche i molteplici eventi che, annullati negli scorsi due anni, si sono ripresentati nuovamente nei calendari e nei notiziari locali. A ritornare in voga tra gli appuntamenti in stop per il covid-19, ritroviamo il rilancio dell’antica “Fiera della Croce” che abitualmente in epoca moderna, viene svolta ogni anno il 1° settembre a Stio. Un avvenimento caratteristico, ma carico di rilevanza storico – culturale, volto a segnare praticamente da sempre, una consuetudine partecipativa degli abitanti del circondario e non che, si dirigono nel “Largo della fiera”, in un luogo simbolo e strategico, punto di incontro multiculturale del territorio che porta il peso di tantissime e travagliate vicende passate, laddove il tiepido crepuscolo della vigilia, ormai già vestita a festa mercantile, orienta e decora “misticamente” il passaggio temporale tra il torrido caldo estivo a una preliminare brezza d’autunno. Insieme alla fiera, anche quest’anno, grazie all’inclusione del Comune di Stio nel piano dei fondi regionali al Programma Operativo Complementare “La millenaria Fiera della Croce” di cui il Comune di Ascea è capofila, si è svolta la rievocazione del corteo storico e investitura del “mastro di fiera” che, da almeno due decadi, viene celebrato il giorno della vigilia, il 31 agosto, come riportato nelle poche e residue testimonianze scritte. Tuttavia, la “fiera di S. Maria della Croce” appare in molti documenti della cancelleria aragonese, e le sue origini sono da attribuire esattamente al luogo sopracitato, sulle colline circostanti l’attuale cappella di S. Maria della Croce per la presenza al suo interno di una reliquia della Croce di Cristo. Lo storico più accreditato di Stio, Don Pietro Barbato, in alcuni suoi appunti ci dice che la fiera era già in vita nel 1228 come veniva menzionata in un manoscritto in suo possesso della baronia di Campora. Pertanto altre testimonianze, hanno visto la nascita del primo mercato attorno al cenobio benedettino del XII° secolo che poi si è trasformato in “fiera” di interesse internazionale in epoca aragonese. L’ubicazione in questa area della fiera di S. Maria della Croce, era dovuta a vari e importanti fattori, come la vicinanza all’asse viario e la presenza di un centro di interesse regionale; poco lontano era la via “cilentana” che collegava il Vallo di Diano con il Cilento costiero, la stessa via che in epoche molto più antiche, fu la via di collegamento tra le valli del Calore e dell’Alento. Le notizie ricavate dalla distrutta cancelleria aragonese ci testimoniano l’importanza della “fiera” nella seconda metà del 1400 quando è nota nel Regno Aragonese come l’ultima fiera famosa per il commercio della seta di tutto il Principato Citra. La Fiera aveva il suo culmine l’8 Settembre, giorno di festività nella cappella del cenobio, e vedeva la partecipazione di mercanti napoletani, genovesi, fiorentini, oltre che francesi e catalani. Rinomata infatti, era la qualità della seta del Principato Citra, la più pregiata del Regno, che portava quei mercanti alla “Fiera di S. Maria della Croce” per l’acquisto della preziosa seta che veniva commerciata nella grande Fiera di S. Matteo del 21 Settembre a Salerno. Il volume di scambi nella “fiera di S. Maria della Croce” era davvero notevole come dimostrato dalla presenza di ebrei che, per l’occasione, aprivano banchi di pegno. Questo è il periodo nel quale questo avvenimento, raggiunse la sua massima importanza, prima di diventare, in epoche successive e quindi già nel ‘500, una fiera di carattere prevalentemente regionale pur rimanendo attestata tra tutte le fiere cilentane, quella col più elevato numero di affari trattati. Vi furono ovviamente molte mutazioni, soprattutto tra i beni trattati, nei quali al commercio della seta, viste anche le esigenze della popolazione, veniva preferito quello degli animali, proprio a conferma del peso che aveva la pastorizia nell’economia cilentana di quel tempo. Dall’800 in poi, tuttavia, notevole era anche il peso del commercio di suole e pellami prodotte dall’industria conciaria di Vallo e Novi. L’elemento peculiare che da sempre contraddistingueva la “fiera della Croce” era “la pace di fiera” che veniva assicurata per tutto il tempo del raduno e non solo, dal “mastro di fiera”. Al mastro, di nomina baronale, erano affidati ampi poteri civili, con un’assoluta giurisdizione sugli affari e le contrattazioni, sui negozi e le mercerie trattate oltre al potere di stabilire pene criminali, perfino la pena di morte. L’insediamento del “mastro di Fiera”, la cornice anche della rievocazione attuale, avveniva con una fastosa cerimonia: dal palazzo del feudatario partiva il corteo e veniva seguito da tutti i feudatari del circondario, dai dignitari civili ed ecclesiastici, scortati da armigeri e da mazzieri che portavano la bandiera del mastro ed i vessilli dei nobili dignitari. Il corteo aveva termine in “fiera” dove il mastro prendeva possesso dei suoi poteri issando la “bandiera ad un pennone della “baracca”, la sua residenza per tutto il periodo che ad egli veniva giuridicamente concesso.
Fonti storiche: Gino Colicigno (Stio; Casale – Università – Comune).