Intorno all’una di notte un popolo festante sciamava per le strade di Capaccio Paestum: Francesco Palumbo aveva vinto, anzi stravinto le elezioni e un popolo felice lo salutava “sindaco”, con scene di commozione sincera palpabili anche da lontano. Erano ormai soltanto un ricordo di pessimo gusto gli appellativi di “forestiero” e “predone” che qualche incauto interprete di una visione provinciale e paesana della “Capaccesità” e della “Pestanità”, che cittadini tolleranti e sindaco eletto avevano già dimenticato, fecondati, tutti, dal seme della vittoria con la prospettiva proiettata nella dimensione di una “città/mondo”; come storia e tradizione consigliano e consentono ad una delle più belle ed importanti “capitali” della Magna Grecia, che già nel VI secolo a.C. era snodo e punto di approdo di grandi civiltà sulle rotte del Mediterraneo, dei miti, degli dei e degli eroi e, conseguentemente, della Grande Storia. È questo il ruolo che deve riscoprire ed esaltare, tumulando per sempre il municipalismo asfittico ed improduttivo. Palumbo ha sensibilità culturale, determinazione, capacità ed affidabilità per farlo. Ora è certamente il momento della gioia per la vittoria piena, inappellabile ed incontrovertibile, come evidenziano i numeri dei risultati finali: Palumbo: voti 6994, percentuale 63,68%, Voza: voti 4763 voti, percentuale 36,32%. Non ho ancora letto una dichiarazione di Voza che registri ed accetti la dimensione pesante della sconfitta e gli auguri di buon lavoro al suo competitore che sono di rito e di buon gusto.
Ora è l’ora della pacificazione per ricucire le lacerazioni di una campagna elettorale, che negli ultimi giorni ha assunto linguaggio e toni decisamente sopra le righe. La comunità capaccese pestana ha bisogno di ritrovare serenità di rapporti per mettere a servizio di tutti il meglio delle proprie qualità. E questo è compito sia dei vincitori che dei vinti, pur nella responsabilità che i rispettivi ruoli consigliano e impongono.
Nei prossimi giorni mi riprometto di fare un’analisi più accurata e documentata delle “ragioni” rispettivamente della vittoria e della sconfitta. Oggi mi preme sottolineare che è opportuno e necessario sottolineare fin da subito che merita attenzione immediata Capaccio Capoluogo per il suo ruolo recitato nella storia medioevale come principato e come diocesi estesa e potente, così come lavorare con determinazione ed impegno fin da subito perché la parcellizzazione delle contrade abbia un protagonismo attivo perché, come ho scritto a più riprese nel corso dei decenni, la coriandolizzazione delle contrade si raccordino in una interconnessione feconda di rapporti trasformando le isole in un arcipelago. Ed è quello che ha dichiarato apertamente e senza remore il nuovo sindaco. C’è da sperare che nell’arco di pochi giorni renda ufficiale la squadra della nuova giunta affidando deleghe a collaboratori capaci, di riconosciute competenze, che conoscano ed amino il territorio e come tali diano prova di affidabilità. Ci sono personaggi del passato e pagine di storia prestigiose a cui fare riferimento, che possono essere utilizzati come “lari” protettori, tanto per usare una terminologia in sintonia con la storia “religiosa” della grande tradizione greca del territorio. Ma questo sarà l’oggetto di una mia specifica riflessione di domani, chiamando in causa Spartaco, Costabile Carduccci, Gennaro Bellelli e Salvatore Paolino. Oggi mi preme sottolineare questa vittoria di Franco Palumbo con i versi di un mio Maestro di vita, di politica e di poesia, Rocco Scotellaro, sindaco socialista di Tricarico e capo carismatico delle lotte contadine per il riscatto della Basilicata.
Ma nei sentieri non si torna indietro.
Altre ali fuggiranno
dalle paglie della cova,
perché lungo il perire dei tempi
l’alba è nuova, è nuova.