La Pandemia da Covid 19 sta caratterizzando, ormai da 2 anni, la quotidianità del mondo, dell’Italia e del Vallo di Diano.
L’estrema preoccupazione iniziale ha gradualmente ceduto il passo alla consapevolezza e ad una relativa tranquillità anche nel comprensorio, territorio che, in particolare all’inizio del Coronavirus, ha vissuto uno dei momenti più complicati della sua storia.
La più tragedia relativa al Vallo di Diano, tuttavia, è quella che si è verificata nel 1656, quando dilagò una devastante epidemia di peste.
Arrivò a Napoli nel 1652 e si diffuse rapidamente in tutto il Regno, causando una rilevante diminuzione della popolazione.
Il tasso di mortalità, infatti, oscillò fra il 50 e il 60% della popolazione.
La peste, inoltre, determinò una profondo crisi economica dalla quali si uscì soltanto agli inizi del ‘700.
Il Vallo di Diano era situato sulla via consolare che andava da Capua a Reggio, per cui l’epidemia raggiunse presto il comprensorio, causando decessi in massa in tutti i paesi.
Al riguardo, facendo riferimento a quanto scritto dal compianto storico valdianese d’adozione Arturo Didier, sono alcuni documenti archivistici e registri parrocchiali a fornire notizie sulle criticità di quei giorni.
In tal senso, il Vescovo di Capaccio, Tommaso Carafa evidenziava lo squallore delle chiese parrocchiali di Diano (oggi Teggiano), rimaste dopo la peste pressoché deserte e abbandonate per la morte di gran parte del clero. I più colpiti dalla pestilenza furono, infatti, i preti. Morì oltre il 70% di essi.
A Diano il parroco della chiesa di Sant’Andrea annotava le vittime nel Libro dei morti e delle 100 persone appartenenti alla parrocchia, ne risultavano morte 55 per via della peste.
A Sala Consilina il morbo ridusse gli alloggi familiari dai 611 del 1648 ai 189 del 1669.
A San Rufo, che contava all’epoca 1.200 abitanti, dei 1.180 contagiati 600 morirono e 580 guarirono.
Tra i provvedimenti presi per contenere la peste, solo in pochi luoghi si adottò la quarantena nei riguardi dei forestieri e si allestirono lazzaretti per gli ammalati, riuscendo a ridurre il numero delle vittime.
Scomparse e angoscia rappresentarono elementi comuni in tutti i paesi del Vallo di Diano. Basti pensare che nel comprensorio la peste del 1656 causò la diminuzione di circa il 60% della popolazione, con conseguenti pesanti sulla struttura demografica, economica e sociale.
La sua durata oscillò mediamente dai tre ai quattro mesi, in casi rari giunse a sei ed eccezionalmente, anche a nove.
Sempre facendo fede ai documenti, la gente del Vallo, tuttavia, riuscì a reagire abbastanza velocemente.
Per ordine regio si provvide, tra le altre cose, a bonificare case, panni ed oggetti vari, tornando ad una vita sociale più o meno normale.