Oggi, Venerdì Santo, spulciando tra le mie carte sparse e tra i miei libri, pubblicati e non, ho trovato questa mia lettera aperta ai parroci. L’ho trovata di straordinaria attualità, bella e carica di emozione ed ho deciso di proporla all’attenzione ed alla lettura dei miei amici lettori di questo giornale/sito.
Reverendo parroco,
ci sono delle tappe nel dispiegarsi dell’anno liturgico che coinvolgono emotivamente l’animo ed una di queste è fuori dubbio la Settimana Santa e tu ne sei attore/protagonista. È cominciata domenica scorsa con la festa delle Palme, in cui nella sobrietà dei paramenti, camice bianco e stola violacea, tu hai snocciolato cantelinante il “passio”, che ci ha introdotto ai riti dell’ultima cena, della benedizione del pane, della lavanda dei piedi, dell’esaltazione del mistero sacramentale dell’Eucaristia di oggi Giovedì Santo, ai “sepolcri“ di domani Venerdì, al rito dell’acqua e del fuoco, simbolo della vita che si rinnova, del Sabato, fino al trionfo della Pasqua nel tripudio delle campane e nella gloria del sole. Ogni giorno di questa settimana, per quanti come me, vivono nella sospensione smemore della nostalgia della lontananza, riannoda i fili della memoria e ripete il miracolo della trasmigrazione fantastica e ci confonde alla folla festante dei fedeli ad agitare il ramo di ulivo nella domenica delle Palme, a portare contriti al Sepolcro il grano cresciuto tra letti di stoppa in piatti rozzi nell’ombra dei ripostigli segreti, a seguire processioni di incappucciati nel variopinto rituale delle congreghe, a sottolineare con il frastuono delle raganelle (in qualche angolo remoto della mia casa paterna ci sarà ancora lo “zerre”. Esempio di magica sonorità onomatopeica del mio dialetto , che comprai in cambio di un paio di uova dal vecchio falegname all’angolo di strada) il calvario di Cristo dall’orto del Getsemani ai supplizi della Crocifissione, a registrare il lutto degli altari spogli e delle nicchie coperte, a salutare i bagliori del fuoco nel falò acceso sul sagrato nel crepuscolo del Sabato, a gioire della ritrovata abbondanza nella profumata pastiera della Pasqua. Schegge di infanzia riaccendono entusiasmi e ricordi alla mia età matura ed alla vita senza emozioni nella diaspora della emigrazione dolorosa, anche se di lusso!
Non ce n’è bisogno, ma vorrei pregarti, reverendo parroco, di conservare intatte queste tradizioni della mia terra, di non imbastardirle con le tentazioni della modernità. Ma, soprattutto, vorrei ricordarti che sei custode di uno patrimonio di umanità, di cui le nostre chiese sono testimoni esaltanti. Le nostre comunità sono vissute per secoli all’ombra della Chiesa Madre, a cui hanno consegnato i segreti dei tanti dolori e delle poche gioie. E nelle statue dei santi, nelle icone che arredano gli altari, negli exvoti che tappezzano le nicchie, nei cori lignei, nelle pianete e nei piviali ricamati, nelle croci d’argento, nelle pissidi d’oro è scritta la storia minuti di secoli delle nostre comunità. Abbine cura e non cedere mai alla tentazione del rigattiere di turno che ti adesca con offerte di denaro. Al di là del valore venale quello che amministri è un patrimonio di memoria storica, di umanità e di cultura popolare che non ha prezzo. La tua chiesa, come tutte, dispone di quadri e di soffitti lignei arabescati, di cantorie, confessionali, inginocchiatoi intarsiati, frutto della generosità dei fedeli. Siine geloso e scrupoloso custode. E faresti opera meritoria se educassi i giovani al rispetto di questo patrimonio, ipotizzando ed attrezzando un minimo di museo parrocchiale con la catalogazione dei libri dei battesimi, dei matrimoni e delle morti, con la riscrittura di storia, leggende e miracoli dei santi patroni, con il recupero e la ristampa della storia della tua chiesa, che quasi sempre coincide con la storia della tua comunità.
Ti lascio con l’augurio che la Pasqua ti veda sempre padre e pastore, ma anche maestro e guida del tuo popolo e, soprattutto, somministratore ed amministratore (parroco, appunto, secondo l’etimo greco) dei beni della tua chiesa. E che la Pasqua saluti la rinascita della vita e della fede, per chi crede, ma anche della CULTURA nel senso più lato ed inclusivo del termine, per tutti.