Di Alberto Di Muria In Europa, secondo l’Osservatorio Europeo, il 22% dei soggetti tra i 15 e i 64 anni, circa 70 milioni di persone, ha usato preparazioni di cannabis, prevalentemente marijuana, a scopo ricreazionale almeno una volta nel corso della vita. In generale, il rischio e la gravità degli effetti avversi a lungo termine associati all’uso giornaliero di cannabis sono maggiori nell’adolescenza, una fase critica dello sviluppo nella quale il cervello va incontro alla maturazione finale. Uno degli aspetti più controversi dell’epidemiologia della cannabis è la possibilità che il suo uso in età adolescenziale faciliti la transizione verso l’uso di droghe illecite ad alto potenziale d’abuso. Vari meccanismi sono stati proposti per spiegare questa associazione. Studi sperimentali hanno dimostrato che l’uso continuo di cannabis nel corso dell’adolescenza è associato a un aumento delle proprietà gratificanti e di rinforzo dell’eroina in ratti geneticamente vulnerabili alle droghe. L’uso giornaliero di cannabis nel corso dell’adolescenza è associato ad alterazioni dello sviluppo di aree cerebrali di natura cognitiva come il precuneo e l’ippocampo, a una riduzione in età adulta delle funzioni cognitive, con riduzione globale del quoziente intellettivo, a un ridotto rendimento scolastico e a una maggiore frequenza di interruzione degli studi. La cannabis è considerata una droga dotata di un indice di mortalità acuta vicina allo zero. L’uso pesante di cannabis è tuttavia associato a disturbi di natura cardiovascolare e respiratoria. Sono stati riportati casi di morte improvvisa in soggetti fumatori di marijuana affetti da disturbi cardiaci. Il fumo pesante di cannabis è associato a un maggior rischio di bronchite cronica, aumentato rischio di infezioni polmonari e di cancro del polmone, come sempre col fumo.
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