È il messaggio della festa di domenica, evidente provocazione perché implica l’esame di coscienza su come i cristiani partecipano alla Messa, se ricevono degnamente la Comunione, se sentono il bisogno di ringraziare.
L’Eucarestia non è una possibilità offerta, ma un’autentica necessità, come la manna nel deserto per gli Ebrei: se non si mangia si muore e capita la stessa cosa per la vita spirituale. L’esperienza liturgica della scorsa domenica costituisce anche la parte centrale del Credo, evocazione complessiva della Pasqua, tutta l’esperienza cristiana vi converge e da essa prende origine. È il motivo per il quale l’Eucarestia si pone al centro dell’itinerario verso il Regno illuminati dall’azione di Gesù, che è passato per il mondo facendo del bene e annunciando la sua buona novella: Dio è amore e viene a stabilirsi in mezzo a noi.
Il sacramento dell’Eucarestia consente di appropriarsi, qui e ora, di tutto ciò che Cristo è stato, è e sarà fin quando la Chiesa avrà compiuto la sua missione di salvezza partecipando a tutti la redenzione.
Il capitolo VI del vangelo di Giovanni fa riferimento al mangiare e al bere, azioni centrali nella Bibbia; infatti, in Genesi proprio mangiare il frutto “dell’albero della vita” mette in moto una vicenda che si conclude con l’esaltazione dell’acqua viva nell’Apocalisse. Tra questi due estremi si sviluppa la storia della tentazione, del peccato, dell’espiazione e della salvezza descritta in termini di nutrimento e di dono.
Mangiare e bere esprimono i bisogni primordiali e richiamano la comunione della famiglia umana, vero substrato del sacramento per risolvere il rapporto traumatico tra violenza e comunione. L’Eucarestia è la riconciliazione con l’Agnello di Dio, il quale in questo modo toglie il peccato del mondo, sacramento che consente all’umanità, piegata e piagata dal peccato, l’approdo alla vita beata, comune ingresso nel Regno dove l’universo è riconciliato.
L’esperienza della propria condizione nel deserto della vita diventa un convincente appello per attualizzare la salvezza e, di conseguenza, prestare fede all’affermazione di Gesù: “Io sono il pane vivo”, cioè la realtà santa che fa vivere realizzando la prima legge del Signore, vale a dire che l’uomo viva. L’Eucaristia è pane vitale per chi riesce a percepirne l’energia, per quanti percepiscono l’innesto nel seme del Bene e gli effetti del lievito che fa sentire nel cuore umano le radici del coraggio di Cristo e vivere come Lui curando gli altri, il creato e se stessi.
Così si realizza un legame d’intimità, che nutre una fede fatta di abbagliante semplicità.
Prendete e mangiate: le parole possono risultare dure per una intelligenza attenta solo al progresso materiale; infatti si fa riferimento alla vita eterna non come premio futuro per la buona condotta in questo mondo, ma della qualità della Vita già ora partecipando dei meriti del Risorto. E’ la vera conoscenza di Dio che rimanda alla pregnanza del linguaggio biblico, cioè una conoscenza d’amore che si tramuta in esperienza vissuta.
Sono parole gravi, che confondono la maggioranza dei discepoli, i quali s’interrogano: come il dono di Dio può conciliarsi con la carne debole?
È una evidente contrapposizione al tentativo umano d’innalzarsi per incontrare un Dio lontano, inavvicinabile, inaccessibile. Un Dio che scende per incontrare l’uomo diventa perciò un’eresia da condannare. Ma Gesù continua il suo annunzio evangelico: Dio non assorbe gli uomini, li potenzia comunicando loro la sua energia, perciò raccomanda la piena fusione degli uomini con lui.
A coloro che non sono disponibili all’ascolto Egli rivolge una retorica domanda: volete andarvene anche voi?
Ma tante volte la storia ha scandito le conseguenze di questo abbandono: allontanarsi da Lui significa ridurre al lumicino la speranza e far aumentare la tragedia del male, mentre Dio chiede di essere accolto per dilatare la capacità di amore.
Questa qualità della Vita ricevuta deve essere comunicata ai fratelli: è il significato ultimo dell’Eucaristia. Così la famiglia umana diventa un solo corpo perché partecipa di un solo pane e condivide i beni del creato inneggiando all’Eucarestia, vera ragione di continuo ringraziamento.