L’estate che seguirà la primavera del 2020, contrassegnata dalle malattie del virus Corona, sarà molto diversa da quelle che abbiamo vissuto in passato.
Il mare sarà lo stesso, identici gli amici, identici i luoghi che ci sono accolti per decenni …
Chi è andrà a bagnare nelle acque del Mare Nostrum dovrà schivare l’altro da noi sia esso familiare a un estraneo; anche con gli amici e i genitori con i quali eravamo abituati a trascorrere le vacanze diventano estranei e impossibilitati ad essere raggiunti o farci raggiungere; per i luoghi il discorso è bi fronte: da un lato saranno gli stessi, e perciò rassicuranti, dall’altro ci sembreranno irriconoscibili perché senza “vita” vissuta da una comunità ma presidiata da singoli individui attenti a mantenere le distanze.
E, come se non bastasse, dovremo fare a meno anche di riconoscerci in quanto i nostri visi saranno coperti dalle mascherine che servono più al prossimo che a noi in quanto evitano a chi le indossa di essere pericolose per gli altri se dovessimo noi siamo portatori, asintomatici o malati, virus del Corona 19.
Sarà un’estate da vivere con lo “sguardo” rivolto sul nostro inteso come singolo e famiglia nella quale si convive.
Il “tirocinio” fatto durante il periodo acuto della crisi pandemica sarà stata solo un’esercitazione su come vivere a distanza di (in) sicurezza dal prossimo.
Infatti, sarà il mondo che continua a sopravvivere intorno a noi sotto altre similitudini nello spazio nel quale continuare a essere protagonisti della vita che ci resta da vivere;
sarà la misura in cui saranno alterati (nel bene e nel maschio) i rapporti familiari o amicali che ci consentiranno di definirci ancora “umani”;
Sarà la presa di coscienza di essere stati proiettati in una realtà che, nonostante tutti gli strumenti moderni e le reti sulle quali è necessario, resta stabile nell’orizzonte come un vulcano enorme pronto ad esplodere in ogni momento per riportarci indietro.
Bartolo Scandizzo