“L’informazione locale è sintomo di vivacità culturale”. Con questa frase il Dott. Nicoletti, Direttore del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, mi apre le porte di un mondo che, come per molti altri, è stato vissuto come un’entità astratta e staccata dalla realtà. Intanto che parla sfoglia la raccolta de “Il Valcalore” che gli ho portato. Sulla scrivania noto alcuni voluminosi studi, freschi di stampa, numerose pubblicazioni e un promemoria scarabocchiato su un foglio bianco scritto di suo pugno a testimonianza di un’efficiente autogestione degli impegni.
Signor Direttore, si presenti ai nostri lettori.
Sono un uomo di questa realtà. L’unico Direttore in Italia che è nato e cresciuto nel territorio del Parco che dirige. Dopo gli studi liceali, ho conseguito la laurea in Architettura presso l’Università di Napoli, con la quale ho continuato a collaborare come ricercatore dopo avere vinto un concorso per un studio sulle “Tecnologie del recupero edilizio”. La mia battaglia per il Parco inizia nel 1982. Ho coordinato alcuni progetti di grosso profilo nel settore della formazione nel settore ambientale e sono stato responsabile del Centro di monitoraggio ambientale della facoltà di Architettura e ho effettuato presso il Ministero dell’Ambiente una serie di consulenze per i Parchi d’Italia; la nomina a Direttore del Parco, giunta a sorpresa, l’ho vissuta come una sfida che ho raccolto accettando un incarico che mi ha riportato a vivere nella mia terra abbandonando la carriera universitaria. L’incarico ha la durata di 5 anni con uno stipendio di 3.500.000 al mese.
Perché il Parco.
Nelle nostre zone la natura ha vinto sull’uomo facendolo scappare. L’abusivismo, gli investimenti impropri fatti sulla costa, la stagnazione economica non ce l’hanno fatta a distruggere una natura che ha saputo difendersi. Il Parco è l’opportunità di trasformare i venti anni di arretratezza delle nostre comunità in un’anticipazione di vent’anni dei futuri modelli di vita. Questo è un po’ difficile da spiegare ai cittadini, ma questo è l’obiettivo primario di tutta la struttura Parco. L’inserimento di una grande area nel patrimonio mondiale dell’Unesco è stata una provocazione al territorio, che in genere sottovaluta il bene ambientale in cui vive. Quando anche chi abita il territorio del Parco sarà pienamente cosciente di questo grande privilegio, potremo anche fare a meno dell’Ente Parco!
Dall’istituzione dell’ente Parco (D.P.R. 5 Giugno 1995) ad oggi sono passati quattro anni. È quindi possibile fare un primo bilancio di quanto fatto.
È il momento della chiarezza e dell’onestà intellettuale. Il decreto da lei citato è datato ’95, ma l’ultima nomina che ha completato il C. di Amministrazione risale a febbraio ’98. Nonostante questo la nostra azione non ha avuto soste e ha permesso di completare la struttura, l’insediamento della sede operativa, redigere i regolamenti statutari e di funzionamento. Il primo contingente personale era costituito da 10 comandati (provenienti da altri Enti) quindi senza cultura specifica. Dopo la fase di formazione, queste persone sono diventate 10 collaboratori con specifiche responsabilità che stanno crescendo insieme all’Ente. Il primo bilancio operativo è stato sbloccato ad agosto del ’97 dal Ministero dell’Ambiente. Da quel momento abbiamo cominciato anche l’impiego delle risorse: la capacità di spesa è aumentata del 450%, sono stati aperti dieci cantieri per un importo di circa 18 miliardi. Sono operanti l’ufficio della Conservazione, quello di Piano con una strumentazione di grande profilo, l’ufficio del Presidio Ambientale permanente. Questi tre uffici, fortemente integrati tra di loro, sono lo strumento per rispondere ai nostri fini istituzionali.
Non le chiedo cosa resta ancora da fare perché l’elenco sarebbe lungo. Le chiedo invece di indicare i vostri impegni più immediati.
Il primo obiettivo è la pianificazione e noi siamo impegnati a predisporre il piano del Parco entro l’estate del 2000, come prevede la legge 426 del 98. La realizzazione del progetto PRUST (Programma di sviluppo sostenibile), appena consegnato al Ministero dei Lavori Pubblici al quale hanno aderito 70 comuni del Parco, la provincia di Salerno e la Regione Campania. Il progetto si propone la realizzazione di strutture per l’ospitalità diffusa. Sulla costa abbiamo presenze superiori alla Costiera Amalfitana, nelle zone interne la ricettività è vicina allo zero. L’idea è quella di dare opportunità di reimpiego delle abitazioni dei centri storici e delle case rurali abbandonate. Sono arrivate 200 domande per 200 posti letti, mi piace sottolineare che solo una parte dei soldi sono a carico dello Stato (100 miliardi) il resto a carico dei proprietari (170 miliardi). Il terzo Progetto è il Patto Ambientale. È il progetto di risanamento ambientale del territorio che vedrà coinvolti tutti i soggetti responsabili e protagonisti che si occupano di rifiuti, depurazione e ambiente in senso lato.
Come far arrivare ai cittadini tutta questa mole d’informazioni?
Abbiamo già inviato a tutti i comuni (80) un computer dotato di telecamera e modem. Il cittadino di Bellosguardo può, in qualsiasi momento, accedere a tutte le informazioni o comunicare dati o chiedere chiarimenti in tempo reale. Ora tocca agli Amministratori, che i cittadini si sono scelti, attivare questi terminali direttamente, assegnandovi un operatore, o indirettamente coinvolgendo associazioni o gruppi di giovani. Saranno attivati anche centri locali dove, con una licenza di vendita data dal parco, potranno essere venduti prodotti tipici.
Ci dia adesso un po’ di numeri. Dipendenti, sedi decentrate, L.S.U., risorse e quante di queste sono state impiegate…
L’anno scorso il Parco ha mobilitato circa 900 professionalità. 647 LSU, 20 comandati, 22 ricercatori convenzionati, 77 giovani laureati impegnati in 14 ricerche, 50 guide del Parco (non stipendiati dal Parco). 7 sono i centri locali attivi; nel vostro territorio è ad Aquara. Il bilancio ordinario 7/8 miliardi, il piano triennale 91-93 già assegnato di 25 miliardi; il programma stralcio patto ambientale di 6,5 miliardi. Poi c’è il conto vincolato dagli L.S.U. di 18 miliardi.
Dott. Nicoletti, le realtà presenti nel territorio del Parco sono tante e molto diverse tra loro. Con quale strategia pensate di dare ad ognuna di esse le giuste opportunità?
Dobbiamo vivere le differenze come ricchezze. Il Parco non deve operare in modo omogeneo anzi deve entrare nelle diverse problematiche territoriali offrendo modelli organizzativi. Le cinque aree presenti sono tutte rappresentate nel Consiglio direttivo che fanno valere anche con forza le varie esigenze.
In particolare la Valle del Calore, che è la realtà dove il nostro giornale svolge la sua azione informativa ed è anche la realtà che copre il 37,03% del territorio del Parco, quali prospettive di sviluppo può avere? Dia qualche indicazione pratica.
La Valcalore risponde bene alle nostre sollecitazioni anche se è una realtà abbandonata per molto tempo. Ci sono grandi possibilità, nell’area del Calore e in quella degli Alburni abbiamo attivato molte iniziative: dalle Grotte di Castelcivita a Pruno; da Laurino a Piaggine; da Felitto ad Aquara. Esistono progetti già finanziati a Roscigno, a Corleto e a Roccadaspide…
La viabilità è un problema che ci trasciniamo come un macigno da diversi decenni. C’è un’indicazione per rendere più agile e veloce lo spostamento di merci e persone sia all’interno del territorio che verso l’esterno?
Anche questa è un’altra questione da sfatare. Non è il Parco che impedisce la realizzazione di strade: infatti questa situazione l’abbiamo ereditata dai precedenti decenni quando del Parco non si parlava. Le faccio un esempio per tutti relativo alla strada Campora – Cannalonga, un progetto della Provincia che abbiamo sbloccato dopo un incontro operativo con i tecnici provinciali apportando modifiche compatibili con l’ambiente. Siamo in attesa della realizzazione dell’opera!
Gli operatori economici sono interlocutori privilegiati dell’Ente Parco. Come sono i rapporti e quali le prospettive?
Promuoviamo azioni virtuose, cioè che possano innescare processi a catena come per esempio nel campodell’olivicoltura: in collaborazione con l’Università di Perugia stiamo studiando un sistema per riutilizzare la sansa come concime biologico. Inoltre ci proponiamo di valorizzare i prodotti di qualità arrivando ad una loro certificazione con il nostro marchio. Stiamo predisponendo i protocolli sia per la produzione sia per i controlli. Quelle delle carni del Parco è già pronto.
C’è qualche progetto specifico per ripristinare vecchi tratturi (Tratturo: Larga pista, terrosa o pietrosa, formatasi per effetto dei periodici spostamenti delle greggi per lo sverno; e per di più costituente la loro abituale via di passaggio) ormai abbandonati e chiusi sia dalla vegetazione che da allevatori, per favorire escursioni a cavallo e a piedi?
“Le vie del Mediterrane” è un progetto integrato che prevede la creazione di poste per cavalli e punti ristoro oltre al ripristino della sentieristica. Lo sponsor dell’operazione sarà Vannucci che con Linea Verde ha già posto il primo tassello.
Concluda lei quest’intervista con un messaggio ai nostri lettori.
Il mio motto è formazione, comunicazione e informazione. Quando la gente sarà capace di capire, di discutere in modo libero, avremo la crescita civile che ci aspettiamo tutti; e in questo l’informazione è importante. Nello specifico invito lei e “Il Valcalore” a promuovere un Forum sulla editoria locale che coinvolga le testate che operano nel territorio del Parco per affrontare le tematiche legate allo sviluppo della nostra terra ed alla salvaguardia ambientale.
A cura di Bartolo Scandizzo