Fu sede estiva dei vescovi di Policastro. E i segni di questa nobiltà, civile e religiosa insieme, sono ancora lì, nella bella piazza principale con il Palazzo dell’Episcopio e con la torre con tanto di orologio ha scandito e ritmato i tempi della comunità.
È bella e monumentale la Parrocchiale di San Lorenzo del XIII secolo, come straordinari sono i palazzi gentilizi del centro storico a testimonianza di una nobiltà di censo e di casato che governò il territorio del medio corso del Bussento. E ti incanti all’armonia delle linee dei portali, tra il gentilizio ed il conventuale, alle balaustre scolpite in pietra viva, ai balconi e ai loggiati di varie dimensioni, alle ringhiere in ferro battuto. Ed orti ben tenuti fanno da arredo allo scialo di fiori ed alberi da frutta, alle case linde e lustre di sole. Fu ed in parte ancora è terra di artigiani, maestri di fantasia nella originalità dell’arte antica della manualità.
Fu fondata, forse, dagli Ursitani, che ne tennero il possesso già nel V secolo a.C. E da loro deriverebbe il toponimo che ha nella Torre il suo emblema moderno. Ai tempi delle incursioni saracene i pirati salivano dalla costa a far razzie. Oggi l’invasione continua, ma, per fortuna, pacifica, con l’esercito dei turisti che dal mare del Golfo salgono fin quassù alla scoperta di itinerari di grande suggestione nella cornice delle bellezze naturali come nella magia del silenzio degli angoli appartati di vicoli e slarghi con la grazia sorridente degli abitanti a contagiarti di calda ospitalità. Ha una lodevole passione per la cultura la gente di Torre Orsaia, se qui è fiorente già dal 1985 la Università Popolare del Cilento con tanto di dipartimenti di Musica, Lingue, informatica e Medicina. È bella la campagna che scivola nei coltivi fecondi giù giù lungo la statale di collegamento verso il mare fino alla stazioncina ferroviaria e di lì verso le coste rinomate del Golfo: Scario, Capitello, Villammare, Sapri. E sono spettacolo tutto da gustare i vigneti di geometrica fattura sulle terre assolate a gonfiare, nella stagione giusta, umori alle pigne, promessa certa di abbondante vino generoso, e gli uliveti che sbrigliano il fogliame alla brezza lieve, che, spesso, profuma di iodio e sale.
Non è meno bella la frazione, Castel Ruggiero, che ostenta con orgoglio il possente castello del XII secolo. È carico di storia, che lo fa risalire addirittura a Ruggero d’Altavilla, conte di Sicilia, fratello di Roberto il Guiscardo. Data di costruzione 1055. Siamo all’alba del feudalesimo. La proprietà è passata di mano in mano, dagli Aragonesi agli Angioini e fino ai conti di Carafa di Policastro. Nel 1552 la contrada conobbe una brutta e sanguinosa pagina di storia. Fu messa a sangue e fuoco da Dragut Rais Bassà, che imperversò con un esercito di predoni famelici in lungo e in largo per la costa e nelle zone interne. Ma i brutti ricordi del passato si diradano e scompaiono di fronte allo spettacolo poderoso ed imponente del castello “simbolo e testimonianza di una feudalità nobile e fiera tuttora visibile lungo le stradine acciottolate e le interminabili scalinate in pietra, ove loggioni e portali, porte dirute, archi, volte e balconi evocano atmosfere fiabesche di giostre e di tornei, dame e cavalieri, guitti e saltimbanchi, buffoni e giullari” come scrive Angelo Guzzo, che è una sorta di genius loci, bravo e competente e che mette cuore e intelligenza nella ricerca della storia prestigiosa del territorio. Da queste parti passò a metà dell’800 il famoso pittore francese Jean Baptiste Camille Corot e, viaggiatore attento ed artista sensibile, ne ritrasse numerosi scorci suggestivi, tra i quali proprio un “Castel Rogero en 1843”. Ne volle verificare la rispondenza con l’originale lo storico Claudius De Jonge, che nel 1972 venne a bella posta a Castel Ruggiero e ne restò letteralmente incantato. Oggi l’antico maniero è meglio conosciuto come “Palazzo Pecorelli” ed è meta di pellegrinaggio di amore e di cultura per quanti salgono dalla costa di Policastro per vivere emozioni intense di storia, di arte e di bellezze naturali nelle zone interne, che si avviano, giustamente, ad una riscoperta e valorizzazione sull’onda del turismo di qualità nel segno della cultura. Un motivo in più per venire a passare un weekend per fare un carro di emozioni, tra storia, arte, paesaggio e buona cucina, emozioni, che spesso si fanno poesia: Torre Orsaia ostenta storia antica/ nell’episcopio che conobbe gli agi/dei vescovi saliti dalla costa/a refrigerio d’ombre a mezza estate:/E l’orologio batte ancora l’ore/delle stagioni a ritmo di fatica/della comunità tra vigne e ulivi/E nei palazzi a gloria degli stemmi/c’è memoria di nobili “signori”/che tennero in governo la contrada./Qui vennero voraci di razzia/i predoni ammarati sulla costa/E fu terrore fra le fiamme e il sangue:/ È vanto la ricerca del passato/a gonfiare d’orgoglio di scoperta/le pagine cadute nell’oblio.