Mi incanto ai resti del castello, che testimonia fierezza di baronia, e alle mura ciclopiche che rievocano storia nobile di Policastro, castrum, appunto, potente ed inaccessibile. E,mentre Aniello Montano, sciorina da par suo storia e storie del territorio a giustificato incanto di Stefania Marino, il mio pensiero corre a Santa Marina il paese capoluogo lassù tra il verde con il reticolo dei vicoli a scoperta di costrutto compatto con case di contadini sbrecciate e di dimore gentilizie a tenuta d archi.. Bello e carico di misteri “l’Arco r’a reggia” che anni fa, mi accese curiosità per quella intrigante leggenda del fantasma che, a mezzanotte in punto, poggia un piede sul campanile della Parrocchiale e l’altro sul palazzo baronale e stritola tra le gambe gli incuti passanti notturni. Tenera e malinconica ironia della gente del mio Cilento che seppe e sa sorridere al potere, ecclesiastico e laico, spesso in lotta tra di loro, ma uniti in soprusi e prevaricazioni su poveri contadini e pescatori inermi! La scoperta dei vicoli di Policastro, a passi lenti, è fuga di ombra e sole a carezza di rifrangenza di fiori spontanei a decoro di muri slabbri. Un arzillo novantenne rievoca, con lucido orgoglio, l’amicizia con l’Avvocato torinese, suo compagno d’armi in quel di Pinerolo o giù di lì.
La cattedrale fresca di recente restauro è un ricco contenitore di cultura e di arte con il soffitto mirabilmente cassetto nato, gli altari in marmi istoriati, le statue lignee e quel gioiello di cripta stupefacente nelle linee architettoniche, semplici ed eleganti insieme nella stilizzazione delle colonne e nella toccante nudità degli arredi con l’attiguo episcopio fu cattedra di vescovi santi e colti, a cominciare dal mitico monaco Pappa Carbone e finire all’ultimo, quel Federico Pezzullo, straordinaria figura della cultura meridionale cattolica e non che ebbi la fortuna di conoscere ed apprezzare nei lontani anni della giovinezza e di cui lodevolmente si è esaltata pubblicamente la memoria in un recente convegno. La Corte del Palazzo De Curtis è trionfo di solarità con la festa dei gerani e buganvillea a decoro di stemmi e scalinate ariose. Il supportino è ferita di luce a conquista di rettangolo di ficheto e vigneto in allegra verde commistione e scaglie di mare a perdita d’infinito. Più in là ammara lento sonnolento alla foce il Bussento a memoria di transumanza di Enotri ed Itali, che elessero il territorio a loro stabile dimora e lo fecondarono di vigneti, uliveti e coltivi a trasmigrazione di breve pianura. E dal loro nome nacque l’Italia a saziare dal Mediterraneo alle Alpi (Ah, il folle ignorante razzismo dei leghisti, che avrebbero bisogno di un bagno di cultura in questo golfo lulato!). Sulla destra, in lontananza la Masseta è colata lavica verde di pineta e macchia mediterranea sul mare della Sciabica, Scario, pigro nella rasa, lega il suo campanile radici con un filo di croce e scala la collina nel fasto degli agrumeti e buganvillea a decoro di case e giardini.
Lungo la strada a tornanti, dove transitarono litanianti i monaci con il loro pietoso carico di icone e libri di preghiere fin lassù al cenobio basiliano di San Giovanni a Piro, pianoro/terrazzo di uliveti spalancato sul delirio di cielo e mare, il Santuario di Pietrasanta, bianco nel sole, è memoria di pellegrinaggi di fede a propiziare grazie alla Madonna di malta sorridente nella nicchia. La “Rustica” è sosta di sapori nel caseggiato basso a profumo di mare, laboratorio didelizie per le mani esperte di Rocco Giudice, che ne è proprietario e di Cristoforo Perazzo, appassionato cultore di storia locale a caccia d’amore dei miei libri di poesia, ed i suoi figli, Francesco laureato in Scienze Politiche e Luca all’ultimo anno di Medicina all’Università di Bologna, che non disdegnano di ammannire con grazia e signorilità, piatti squisiti, esaltandone, nel ruolo di “camerieri” colti, pregi di ricette antiche.
Oh, il miracolo di una nuova imprenditoria di giovani amanti del lavoro e tanto pensosi quanto entusiasti del futuro del turismo di qualità della propria terra! È il mio ristorante della memoria, dove approdo con piacere nelle mie sempre più rare (ahimè!) peregrinazioni nel Golfo. Ci sostai alcuni decenni fa con Mminicuccio Russo, amico che trasudava gioia di vivere e compagno di lotte generose con nella testa e nel cuore gli ideali del socialismo umanitario e riformista come ne. Ci sono tornato ancora con tutta l’allegra brigata, con l’aggiunta di Nicola Sateriano, “Patriarca” di Policastro e di tutto il Golfo, Memoria storica del territorio, una valanga di simpatia a sottolineare con frizzante vivacità episodi e personaggi d comune amicizia. Altri tempi, caro Nicola, quando tu, sindaco fattivo ed intelligente, democristiano di fede e di cultura, “imperavi con il largo e meritato consenso dei tuoi concittadini, ed io, socialista geloso ed orgoglioso della mia formazione, tentavo invano di colpirti al cuore del potere a sostegno di battaglie disperate dei mei compagni del territorio. Altre stagioni quando la politica era lotta aspra ma leale tra avversari e non nemici nel nome dei grandi ideali e non era ancora degradata a volgare mercato! Ho gustato con voracità d’amore tipicità di sapori e saperi a memoria di giovinezza lontana con il gradevole supporto di un vinello generoso, spumeggiante sangue della mia terra. Mi hanno incantato come sempre gli occhi intriganti e la carnalità esplosiva di Stefania Marino, il sorriso sornione ma accattivante di Pino Blasi, la genialità di Aniello Montano, nella sottolineatura condivisa della moglie dolce di sorriso ed impareggiabile in signorilità, a ritmo per me piacevolmente imbarazzante dei miei versi in dialetto, di personaggi, memorie e situazioni, la dilagante vulcanicità di Nicola Sateriano, super eccitato di allegria pirotecnica, di sicuro per aver ritrovato un vecchio amico, dopo decenni, ma anche per l’effetto benefico di qualche bicchiere in più (in verità colpa o merito collettivo).
Ho immagazzinato, centellinato, interiorizzato il tutto nel viaggio di ritorno, nonostante il simpatico interrogatorio di un controllore invadente a palese voglia di protagonismo da stress. Ad Agropoli ci ha lasciato con negli occhi la malinconia della lacerazione Sefania Marino a ripresa, nella sua Laureana, del ruolo di moderna Luisa Sanfelice a “scandalo” di conservatorii “benpensanti”. A Capaccio ho salutato Pino Blasi con ripetuti cenni di mano verso il treno che riprendeva la sua corsa nella pianura verso Salerno ed ho scalato la collina a dominio di Paestum, nodo ed approdo di grandi civiltà per uno dei miei bagni di emozioni a Trentinara che mi ha dato i natali nella casa di pietra in baruffe, spesso, coi venti i sui dirupi.
P.S. Il pezzo è trattato dalla mia pubblicazione Viaggio verso il Cilento … In treno – Plectica Edizioni