Prima e durante l’ultima campagna elettorale per le Amministrative a Capaccio Paestum ho pubblicato una serie di riflessioni in una sorta di viaggio attraverso le contrade della pianura e delle colline della kora. Sarei tentato di rifare quel viaggio in cui ho messo cuore anima e pensieri ed entusiasmo di creatività. Ma ci rinunzio per non essere ripetitivo ed annoiare i lettori. Una tappa però la rifaccio ripetendone le stesse riflessioni. Quella da Ponte Barizzo a Gromola, anche perché mi consente di accendere i riflettori dell’interesse su un monumento straordinario: l’Heraion di Foce Sele, al quale non mi risulta che un evento di caratura internazionale, come la Borsa Archeologica del Turismo abbia dedicato l’interesse e l’attenzione che merita.
“Scendeva il Mississipi dall’eterno/silenzio degli Alburni verso il mare/ dei templi…” I versi di Alfonso Gatto mi risuonano agli orecchi e mi perforano il cuore di malinconica tenerezza per l’amico Poeta. A Ponte Barizzo il Sele gonfio d’acque e di memorie scivola pacioso sotto i ponti tra l’indifferenza di quanti sfrecciano veloci sul nastro d’asfalto. Il vecchio “Ponte del Diavolo” (il nome esalta l’arditezza luciferina della campata o il rosso dei mattoni “facci vista”?) ostenta vergogna da abbandono. Potrebbe essere, invece, una straordinaria passeggiata a fruizione di panorama arioso tra montagna e mare, nel segno dell’ecologia con nella mente e nel cuore l’eco della storia e della letteratura da Virgilio e Gatto, appunto. Qui fu l’attracco della scafa con Costabile Carducci a far da caronte/traghettatore prima di essere contagiato e travolto dai furori rivoluzionari. Qui potrebbe essere l’inizio di un “PARCO FLUVIALE” a riscoperta, recupero ed esaltazione di flora e fauna ripariale fino alla foce, sempre che si abbia la forza di smantellare l’impianto di brecciame per un riuso intelligente e, forse, più redditizio in chiave economica/occupazionale dello spazio: attracco di traghetti non inquinanti ad esplorazione di fiume navigabile fino al mare. Magari gli ultimi pescatori di anguille, ma non solo, potrebbero rievocare storia e storie dei fiumaroli lungo la traversata nella cornice carica di fascino e di mistero delle acque sacre al territorio.
Si impone una tappa a Gromola, che raggiungo via terra, con uno sguardo a sinistra, là dove, su una balconata del Calpazio, balugina al sole la basilica austera in cui una Madonna nera contende ad Era Argiva il culto della fecondità a mostra di granato ad esplosione di chicchi rosso/perlacei. E’ il primo saluto di Paestum al viaggiatore che, curioso, si avventura alla scoperta di una bella pagina di storia della Magna Grecia. E la mia destinazione è proprio “All-ERA-dicidelmito”, come recita un logo intrigante già nel nome dell’Associaione “ARGONAUTA”, che vi svolge, con impegno, passione e grande professionalità, attività di formazione per i giovani studenti che vi giungono numerosi dall’Italia e dall’estero.
La “MASSERIA PRECULIALI” esplora il cuore antico della storia con la multimedialità del “Museo Narrante”. Qui, a prestar fede al mito, approdò Giasone con il carico prezioso del vello d’oro. Sacrificò alla dea e le innalzò un tempio, forse anche per scaricarsi la coscienza dell’incubo della persecuzione di Medea. Le colonne mozzate ed i ricami geometrici dei basamenti nella pianura a fienagione sono la testimonianza dell’HERAION, che fu il più conosciuto e frequentato santuario dell’antichità. Vi giungevano in pellegrinaggio le flautiste su barche inghirlandate a risalita di corrente per chiedere grazie di fecondità ad Era Argiva. Si potrebbe reiterare, spettacolarizzandolo, l’evento a recupero di storia religiosa antica per i turisti, ma non solo, a caccia di emozioni e di cultura. C’è spazio a sufficienza per teatralizzare all’aperto, brani tratti da “GLI ARGONAUTI” di Apollonio Rodio e/o dalla “MEDEA” di Euripide e Seneca. La cornice sarebbe carica di magia per gli appassionati del genere antico, di cui siamo eredi non sempre consapevoli e degni.
Ma questo già sarebbe un “volare alto” innervati nelle radici del passato a proiezione di futuro sulle ali della cultura e della tradizione nobile. La mia folle utopia si scontra, però, con l’abbandono quasi degrado del luogo, reso più drammatico dall’alluvione dello scorso autunno e che reclama almeno un decoroso intervento per gestire l’esistente.
La felice intuizione del Museo Narrante è vanificata dalla totale, o quasi, mancanza di servizi di supporto. un bar che consenta un minimo di relax (c’è ma non funziona), servizi igienici decorosi, un chiosco/edicola per la vendita di opuscoli ed oggettistica legati ai miti ed alla storia del territorio, un minimo di parco esterno attrezzato per la sosta delle scolaresche, che, numerose, lo frequentano. Gli spazi ci sono ed anche a sufficienza. Manca la volontà politica non solo della Sovrintendenza, penalizzata dalla cronica mancanza di risorse e dai lacci castranti della burocrazia, ma anche e, forse, soprattutto dal Comune, qualunque ne sia la goverance da qualche anno a questa parte. E alla malora i Beni Archeologici e l’esaltazione della tradizione in direzione della cultura, perché è bene sottolinearlo sempre, LA CULTURA E’ SVILUPPO.. Vorrei che ne fossero consapevoli e convinti non solo gli amministratori locali, a tutti i livelli, ma la più vasta società civile, a cominciare dagli abitanti della popolosa Gromola, che potrebbero cogliere immediati vantaggi in termini di sviluppo di attività della ristorazione e dell’accoglienza, che sono redditizi, forse, più dei carciofeti e dei fragoleti e di tutta la fiorente agricoltura di qualità, a cui pure si dedicano con passione e professionalità.
Nella borgata è fiorente la SCUOLA ALBERGHIERA, palestra efficiente per i giovani che si preparano a competere sui mercati dell’enogastronomia, che è settore strategico per una offerta del turismo di qualità.Saluterei con favore una iniziativa da parte di docenti e alunni di ADOTTARE L’HERAION e, scavando nella storia del passato, di inventare un MENU’ GRECO completo e non limitato ad un dolce, cosa che lodevolmente hanno già fatto. da sottoporre agli operatori del territorio per offrirlo ai numerosi turisti che affollano “la città dissepolta”. Sarebbe anche questa una forma concreta per risalirie “all-ERA-dicidelMito”, innervando il presente nel passato per ipotizzare un futuro diverso.
Lascio l’Heraion con mente e cuore che galoppano folli verso l’utopia ma anche con la rabbia mal repressa per le potenzialità inespresse ed il degrado attuale. Mi placo e rassereno con lo spettacolo di conflagrazione di cielo e mare, che rappresenta, quest’ultimo, da sempre, Paestum, la “mia” Itaca, dove approdo a porto quieto a memoria e recupero di infanzia lontana.