L’Italia, rispetto ad altre Nazioni, è un Paese con una buona qualità dell’acqua. Il problema, purtroppo è la sua dispersione. Le tubature fatiscenti, risalenti spesso a 50 anni fa, permettono una dispersione di circa il 40% dell’acqua potabile erogata su scala nazionale. Al Sud questo dato tocca punte anche del 50-60%. Per ogni 100 litri di acqua immessa nelle tubazioni soltanto 74 ne arrivano ai rubinetti del nord Italia e addirittura soltanto 54 a quelli del Sud. È inutile dire che ciò incrementa problemi di siccità, rischi idrogeologici e contaminazioni dell’acqua potabile nelle case dei cittadini. Infatti alcune delle vecchie tubature idriche, circa l’8% del totale, sono state fatte in cemento-amianto, ora si stanno sostituendo in tutto il Paese. Gli studiosi dicono che incredibilmente le condotte più resistenti e igieniche sono quelle romane, in cotto. Le cause che portano al deterioramento delle tubature sono molteplici. Le tubature molto vecchie su cui non viene fatta una manutenzione adeguata, oppure terremoti o semplici smottamenti che rompono le condotte sulle strade. Gli italiani consumano in media 250 litri d’acqua al giorno pro capite. Il maggior utilizzo è per l’agricoltura e l’industria. Se si pensa che buona parte dell’acqua è spesso inquinata e contaminata, e deve quindi essere depurata, si comprendono i costi maggiori e l’enorme spreco di acqua.
Il nostro Cilento non fa eccezione. Troppo spesso nelle case dei Cilentani manca l’acqua sia in inverno, sia nella stagione estiva a causa di perdite, guasti o troppi bagnanti che fanno aumentare il fabbisogno di acqua corrente nelle case al mare. Ultimo episodio questa estate in cui la crisi idrica ha investito molti comuni. Per la Consac, l’azienda di Vallo della Lucania che gestisce i servizi idrici per buona parte del Cilento e Vallo di Diano, il problema è chiaro, sebbene le riserve siano sufficienti, ci sono reti obsolete che disperdono gran parte dell’acqua. Per ovviare al problema di quest’estate, sono stati stanziati 1,6 milioni di euro dalla Regione Campania ed è stato avviato un piano di emergenza che prevede perforazioni, nuovi impianti e la potabilizzazione del Paino-Ascea. Infatti a Settembre sono iniziati i lavori in località Scattabove, nel comune di Sanza, per la ricerca d’acqua, che è stata trovata già a 35 metri. Presto quindi sarà convogliata acqua a sufficienza nelle reti di Sanza, sfruttando al meglio le sorgenti del Monte Menzano. La stessa Consac, attraverso un dossier sulla crisi idrica 2017 fa sapere che una delle motivazioni dell’emergenza è da ricercarsi anche nella scarsità di piogge nell’ultimo anno (392 mm in meno rispetto alla media degli ultimi 20 anni) che hanno ridotto la disponibilità sorgentizia di circa il 48% (da 720 a 374 l/s). Le sorgenti che servono il territorio cilentano sono le sorgenti del Faraone, i pozzi del Mingardo, le sorgenti dell’Alto e del Basso Sele, le sorgenti di Sanza, quelle di Casaletto Spartano, la sorgente Ruotolo, Vallo di Diano, la potabilizzazione dell’Angellara e quelle che danno vita all’adduttrice dell’Elce: Cuccaro-Ceraso-Montano Antilia e il Monte Gelbison. Quelle del Faraone, nel comune di Rofrano, sono le sorgenti più grandi, con una portata di 300 l/s medi. L’acquedotto serve di fatto quasi tutto il Cilento. Con i pozzi del Mingardo (100 l/s) e la sorgente Ruotolo (100 l/s) serve un bacino d’utenza molto grande di circa 40 km: dai comuni dell’entroterra di Celle di Bulgheria, Roccagloriosa, Torre Orsaia al Golfo di Policastro. Insieme alle sorgenti del Basso Sele (25 l/s), del Monte Gelbison e le potabilizzazioni dell’Angellara (130 l/s) e del Paino (30 l/s) l’acquedotto del Faraone serve l’altra parte del Cilento: Ascea, Acciaroli, Pollica, Pioppi, San Mauro, Montecorice, Casalvelino, Vallo Scalo e Omignano. L’età di 40 anni e lo sviluppo complessivo di 72 km hanno reso l’acquedotto del Faraone particolarmente vulnerabile, tanto che è la rete con la situazione più grave della zona. Solo nell’anno 2013-2014 sono state registrate 121perdite, per la maggior parte (40 perdite) nel tratto Alfano-Mancelli. Tra l’altro l’acquedotto, nel tratto di Pisciotta-Coste di Fiumicello, passa sulla spiaggia, minacciato sempre dall’azione del mare che potrebbe in qualsiasi momento danneggiare le tubazioni (il solo intervento qui costerebbe 500.000 euro). Ma il Faraone non è un’eccezione; dall’adduttrice dell’Elce, che ha 60 anni (alcuni tratti 70), a quelle dell’Alto e Basso Sele (30 anni), del Vallo di Diano (40 anni) e del Bussento (60 anni) la situazione in tutte le reti cilentane è molto grave.
In media nel Cilento viene dispersa il 50% di acqua immessa nelle reti di distribuzione con picchi del 66% a Campora e Tortorella, e del 60% a Ispani.