Angelo Paladino presidente dell’Osservatorio europeo del paesaggio denuncia l’emergenza idrica che sta colpendo anche il Vallo di Diano. Qual è la situazione attuale?
È un fenomeno che si sta verificando da un paio d’anni e quest’anno è drammatico. Sono calate le sorgenti perché non è piovuto e non è nevicato. Sappiamo che sono fenomeni che si ripeteranno negli anni e la prospettiva è molto preoccupante per cui bisogna correre ai ripari. Rimanere fermi e vedere il fiume Tanagro completamente secco e vedere il Battistero di san Giovanni in gravissime difficoltà con un abbassamento pauroso del livello della sorgente e vedere tutti i canali e le aste fluviali completamente a secco, significa vedere un paesaggio assolutamente diverso. Non si può restare senza far nulla.
Allora chi deve agire e cosa bisogna fare nell’immediato?
Ci sono delle cose da fare con urgenza e ritengo che chi deve agire in primis è la Regione. In assenza dell’autorità di bacino e in attesa di vedere cosa ci sarà come autorità delle acque, si vocifera di un distretto unico meridionale, per me un’altra follia della spending review, bisogna richiamare la Regione, l’assessore regionale, il consorzio di bonifica che oggi governa nel Vallo di Diano in particolare nella zona centrale di Sala Consilina buona parte della risorsa idrica sotterranea. Qui l’acqua viene tutta intubata e non va nei canali né porta al fiume Tanagro allora il consorzio di bonifica deve necessariamente tener conto che l’acqua serve innanzitutto se è potabile a usi domestici e dei cittadini. Poi c’è l’esigenza agricola che è un’esigenza importante ma c’è anche l’esigenza dei fiumi e dei corsi d’acqua, del Battistero ad avere il minimo flusso vitale della risorsa idrica cioè non si può lasciare a secco tutto il reticolo dei canali. Il fiume Tanagro non può restare a secco.
Quali altri problemi si innescano?
Il problema degli incendi perché l’inaridimento del territorio favorisce gli incendi. Quando un terreno è arido è più facile aggredirlo con il fuoco che non un terreno che è umido. Se l’erba è verde non verrà incendiata, se diventa paglia si incendia; se tagliamo gli alberi ed evitiamo l’ombreggiatura e così favoriamo la desertificazione. Il sistema ambientale è tutto concatenato. Diventa allora importante la mia battaglia di non tagliare gli alberi utili per l’ombreggiatura, per l’umidità, aumentare il carico delle falde significa fare una battaglia generale anche a difesa dell’acqua. Occorre dunque cambiare il sistema che organizzi e distribuisca la risorsa idrica evitando sprechi e accaparramenti. Bisogna distribuirla equamente.
Altre soluzioni?
Altra soluzione sono gli invasi. Abbiamo perso la cultura degli invasi e della raccolta delle acque piovane meteoriche invernali. Prima i nostri contadini facevano la cebbia, cioè creavano un fossato, una vasca per la raccolta delle acque piovane che serviva nei momenti di siccità estiva. Oggi quasi tutti irrigano con l’acqua potabile e non è possibile. Fare degli invasi collinari pubblici nei comuni iniziando da Sala e laddove ci sono le possibilità, i privati devono avere questa sensibilità essere aiutati a fare un sistema a rete della raccolta invernale. L’esempio è quello in Toscana dove il presidente Rossi ha stanziato 20milioni di euro per gli invasi. Bisogna che ci siano piani comunali che prevedono su tutti i condomini e su tutte le case la raccolta e quindi l’accumulo di acqua da destinare con la rete duale all’uso domestico e quindi a bere, mentre la parte non potabile delle acque meteoriche per i servizi. Non possiamo chiudere gli occhi e aspettare che piova o nevichi.