Una bottiglia vuota di birra è ancora sul tavolino all’angolo di un bar. È stata lasciata lì chissà da quanti giorni. Fogli di giornale rotolano lontano portati da un vento freddo che, intanto, inatteso si è sollevato. Nelle strade, dalle 19 solo le insegne dei negozi dalle serrande da poco rigorosamente abbassate, fanno da sfondo ad un paese che ancora più in silenzio sta vivendo l’emergenza sanitaria legata al coronavirus. Questa è Sala Consilina nel Vallo di Diano. Da circa dieci giorni dichiarata zona rossa per i troppi contagi. Il sindaco Francesco Cavallone ha chiesto e ottenuto dal Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca la chiusura per contenere l’epidemia. Nessuno può entrare né uscire. Arrivano anche i militari dell’esercito. Sala Consilina si ferma. Racconta un’altra storia. Trattiene il respiro. E si ferma ovviamente la vita della comunità. Parola d’ordine: guanti che proteggono le mani da ogni contatto diretto e mascherina calata sul viso e, via, si esce per motivi di lavoro e solo per fare la spesa al supermercato, per comprare le medicine in farmacia e per pagare qualche bolletta all’ufficio postale, acquistare qualche rivista e recarsi in banca per operazioni urgenti. Tutti in fila, ad almeno un metro di distanza nessuno parla o chiacchiera con la persona più prossima, ognuno è preso dai suoi pensieri. Tutti aspettano il proprio turno per entrare mentre si allungano i tempi dell’attesa. Nessuno deve avere fretta, deve rispettare i tempi di chi precede. Poi, frettolosamente, si torna a casa per stare in famiglia, per riscoprire la lettura di un vecchio libro magari lasciato troppo tempo in una libreria oramai impolverata, quasi dimenticato perché i ritmi frenetici quotidiani ti hanno fatto quasi dimenticare che leggere è un esercizio nobile per la mente umana e aiuta a superare anche questo drammatico momento. Si studia o ci si dedica al passatempo preferito. Si accende la televisione ed ecco i primi programmi, si fa zapping su altri approfondimenti dalla tematica ormai scontata, distrae solo qualche intrattenimento divertente ripescato dagli archivi della emittente di turno e si arriva a sera quando i pensieri assumono un’altra forma. E prendono corpo con il calare della notte quando ogni cosa sembra richiamare il senso di quella giornata che pure è trascorsa nel silenzio. Lontana dal frastuono della compagnia di altri, lontana da una pizza in un locale, lontana dal lavoro, lontana dalle discussioni in ufficio o a scuola, lontana da qualsiasi tipo di rapporto umano. Tutto allora diventa virtuale. Tutto si ferma e respira diversamente sentendo nuove voci e dando nuovi significati. La Croce Rossa, i volontari di Protezione Civile, l’amministrazione comunale e chi può dare un sostegno è in prima linea per affiancare la popolazione. Una videochiamata, un messaggio e la musica condivisa in un’atmosfera rarefatta ti fanno pensare che la vita, quella reale, è solo sospesa, è in stand by, pronta però a riprendere quando il nemico invisibile sarà andato definitivamente via. Sala Consilina è la comunità più colpita del Vallo di Diano, il paese più grande che vanta la popolazione più numerosa del comprensorio, ora è in ginocchio e trattiene il fiato. Colpita al cuore ma non molla. È lì pronta a combattere come meglio può per difendere la sua dignità e la sua storia. Già perché serpeggiano prepotenti come in tutto il mondo la paura, il timore per questa nuova malattia, l’ignoto che si affaccia sull’uscio di casa e che rende tutti uguali. Tutti, senza nessuna distinzione. Allora per tanti motivi vengono messi da parte l’odio, il rancore, gli stupidi battibecchi perchè non hanno più valore e si da importanza invece alla famiglia: il punto saldo per eccellenza. Anche a Sala Consilina si è riscoperto così il senso della famiglia, degli affetti più cari e della vicinanza. Qualcuno posta sui social gag divertenti amatoriali confezionate per “ammazzare il tempo” e strappano un sorriso, più terapeutico di mille parole. Il parlarsi dal proprio balcone a diversi metri di distanza avvicina i pensieri e i cuori. E fa sentire meno soli. Il sole fa capolino in questo inizio di primavera e rende più profondo il rapporto con la natura che cambia rendendo il paesaggio più colorato, più profumato e allegro. Già fuori le nostre case ma dentro è ancora inverno. E il vento accarezza il viso mentre le imposte tornano a chiudersi alle spalle perché dobbiamo restare dentro. Ancora per un po’. Tutti dentro per difendere il bene della vita. Mentre i rumori che provengono dagli appartamenti vicini fanno capire che tanti pure sono a casa ad aspettare la fine di un periodo, il nostro, che è già storia per coloro che domani studieranno il 2020. E intanto un giorno finisce e uno nuovo si affaccia all’alba. L’attesa è di tempi migliori. La speranza è che questo finirà presto e potremo riprendere in mano le nostre vite più consapevoli però di come possiamo agire e di ciò che dobbiamo essere.
Antonella Citro