Mavì Puglia è una giovane ostetrica di Sala Consilina che presta servizio al Policlinico San Matteo di Pavia e, raggiunta al telefono, ha raccontato la sua esperienza che sta vivendo in piena emergenza coronavirus. La Lombardia è la regione che risulta essere ancora la più colpita dall’epidemia e Mavì è impegnata in prima linea ma in un settore bellissimo perché vede nascere la vita. «Mi trovo in una situazione abbastanza critica – afferma – il San Matteo per il quale lavoro è stato l’ospedale che ha accolto il paziente 1 quello che appunto proveniva da Codogno e questo ha fatto in modo che tutti si preparassero e fossero pronti ad accogliere i pazienti da Covid19. È vero che oggi si sta attuando un protocollo per un farmaco sperimentale, un farmaco innovativo che utilizza il plasma dei pazienti che sono guariti appunto da coronavirus per essere somministrati a pazienti ammalati. Io da ostetrica ho la fortuna di trovarmi in una situazione in prima linea ma ancora abbastanza tutelata. I numeri infatti sono un po’ più contenuti. Il mio reparto è stato organizzato in due grandi sezioni, un vero e proprio reparto Covid all’interno del quale ci sta un’ostetrica vestita con i dispositivi di protezione individuali e che assiste le donne gravide e puerpere con coronavirus. Mentre dall’altra parte si mantiene l’attività giornaliera dell’ostetricia in maniera abbastanza regolare. Certo la paura è tanta ma facciamo del nostro meglio». Tante infatti sono le donne positive che danno alla luce bimbi che invece risultano sani una volta effettuato il tampone. «Dalle poche evidenze scientifiche che abbiamo in questi giorni, si è visto come fortunatamente, il coronavirus non passa all’interno del liquido amniotico e nemmeno all’interno della barriera placentare ragion per cui è una misura di protezione che viene attuata dal corpo della madre perché, come dico sempre, la natura è perfetta. Soprattutto una donna gravida è l’esempio della perfezione. Quindi la madre già dall’inizio comincia a proteggere il suo bimbo. Il problema è proprio la nascita. Una mamma positiva non sa di esserlo e quindi inizia ad avere i primi contatti, le prime relazioni con il neonato anche semplicemente attraverso l’allattamento o dando semplicemente un bacio al bimbo. Il contagio può avvenire in questo modo. Fortunatamente dai casi che ho visto tutti i bimbi sono negativi nonostante è la mamma fosse positiva. E ciò è una grande soddisfazione perché riusciamo a preservare con delle piccole misure e che però sono misure quotidiane che abbiamo tutti come lavarsi le mani, indossare la mascherina e tenere il neonato alla distanza di un metro perché si preservi il benessere del neonato soprattutto adesso». Mavì ritorna sulla professione dell’ostetrica: «Siamo una categoria molto fortunata maggiormente in questo momento perché nonostante i media continuano a darci dati sui morti, noi siamo sempre a contatto con la vita – continua – abbiamo questi segni di speranza, di amore. È un esempio di amore che vince su tutto e riesce a combattere questo virus. Noi siamo fortunatissime per quanto sia difficile. La nostra è una professione basata sul contatto con la donna e trovarsi vestita con abiti non comodi è difficile. Quando cioè ci si veste completamente con tute che ricordano l’Ebola, noi per almeno sei ore non possiamo bere, non possiamo mangiare, non possiamo andare in bagno, sudi tantissimo e nonostante tutto seguiamo il travaglio e travagliamo anche noi. Ma nulla è paragonabile a quello che stanno vivendo i colleghi infermieri e i medici nelle Rianimazioni. Noi vediamo la nascita, segnali di speranza ed è la cosa più bella. Mi ritengo fortunata». Sul messaggio di stare a casa, Mavì Puglia racconta: «Nelle prime settimane il messaggio ancora non era stato chiaro a molti, uscendo la mattina per andare a lavoro, si vedeva ancora tantissima gente in giro, nei parchi, e affollava le vie del centro in maniera eccessiva. Dal 21 febbraio, giorno in cui è stato trovato il paziente 1 sono state ancora delle settimane di passaggio, adesso, le persone stanno a casa e c’è silenzio. Vivo molto vicino il policlinico San Matteo quindi quel che sento spessissimo sono le ambulanze. Spero che tutti i miei compaesani abbiano recepito il messaggio di stare a casa come qui a Pavia. Non guardiamo solo i dati dei morti, diamo una sbirciatina anche alle nascite che sono il segnale d’amore più bello».
Antonella Citro