Nella seconda metà del VI secolo a. C. i Focei si stabilirono a Hyele, polis che venne presto rinominata Elea. La città fiorì grazie ai fitti traffici mercantili e al buon governo. Poco tempo dopo la fondazione della città nacquero i due eleati che per primi avrebbero posto le basi del pensiero filosofico: Parmenide e il suo discepolo Zenone.
In età ellenistica Elea raggiunse piena maturità e massimo splendore sfruttando le proprie capacità navali e commerciali. La colonia greca scelse un’accorta politica di neutralità, defilandosi dagli scontri che le altre città della Magna Grecia ebbero, frequenti, con le popolazioni locali. Elea fu infatti tra le poche città a non scontrarsi violentemente con i Lucani, che piegarono invece le potenti Poseidonia, Metaponto ed Eraclea.
Quando i Romani estesero il proprio potere sulla penisola italica Elea v’intrattenne da subito buoni rapporti, fornendo a Roma le migliori navi per le guerre puniche e inviando nell’Urbe le più aristocratiche fanciulle per il culto della dea Cerere.
La prospera colonia greca di Elea si fece apprezzare dai latini, che l’amarono e chiamarono Velia. E per l’alleanza mai messa in discussione con Roma, Velia fu largamente tenuta da conto e rispettata, godendo delle più ampie libertà.
Quando, nell’ 88 a. C., Elea – Velia divenne municipio romano, la lungimiranza politica, l’opulenza e l’indiscussa abilità della sua flotta navale le consentì ancora per molto tempo di battere moneta propria, e di mantenere la lingua greca, i suoi culti e le sue tradizioni.
In età repubblicana, Velia divenne ambito luogo di villeggiatura per la salubrità delle sue acque termali, che la leggenda diceva essere fonte di miracolose cure; e venne frequentata per la sua vivacità culturale, eredità di quel pensiero filosofico che aleggiava nell’aria.
Giunsero gli anni della tarda Repubblica, tempi caotici e pericolosi, convulsi e infiammati dalla guerra civile; e durante le villeggiature estive a Velia i Romani tessevano le sorti di un impero fra le placide mura delle ville veline … Gaio Trebazio Testa, velino, fu il giureconsulto che seguì Cesare in Gallia. Trebazio Testa tornava spesso nella sua villa a Velia, ove ospitava Cicerone e altri influenti amici. I suoi consigli furono indispensabili per Cesare e, dopo di lui, per Augusto. Velini furono gli Oppii: banchieri, tra l’altro accusati di usura, che ai potenti di Roma prestarono molto denaro. A Velia trascorsero momenti piacevoli Orazio e Augusto, pasteggiando con i prodotti del territorio, gli stessi che noi cilentani mangiamo ancora oggi, e che sono alla base della Dieta Mediterranea.
Il porto di Velia fu utilizzato dalle flotte di Bruto, Marco Antonio e Ottaviano. Poi, l’insabbiamento dei porti ne decretò la fine! Dimenticata dai Romani, che le preferirono Baia e le altre località della Campania Felix, verso la fine dell’età imperiale Velia fu divorata dalle paludi e abbandonata dagli abitanti.
Le grandi navi non poterono più approdare nel mare che aveva dato vita e poi ricchezza a Velia, e per la colonia greca edificata dai naviganti Focei il declino divenne inesorabile.