Sono in corso i lavori di manutenzione del teatro ellenistico-romano di Velia. Il cantiere sarà aperto ai visitatori tutti i venerdì alle ore 15.00 – che muniti di biglietto d’ingresso – potranno prendere parte al progetto con l’accompagnamento di un addetto. La prima visita, venerdì 12 febbraio, è stata a cura del direttore del Parco Archeologico di Paestum e Velia, Gabriel Zuchtriegel.
La struttura del teatro visibile oggi è frutto di trasformazioni che si sono susseguite negli anni. Sul finire del V sec. a.C., la zona dell’acropoli acquista una funzione esclusiva e pubblica, rispetto ai quartieri bassi più soggetti a mareggiate, frane ed alluvioni. Durante il periodo Ellenistico (IV-III secolo a.C.), Elea conosce una vita fervida e fiorente. Tesse una rete di alleanze e di rapporti con i principali attori del Mediterraneo. In concomitanza, la città si sviluppa ulteriormente, incrementando monumenti e nuclei abitativi, impreziositi da decorazioni musive e pittoriche. In quest’area si costruisce un edificio assembleare utilizzato per le adunanze politiche. Su questo primo monumento pubblico prenderà forma il teatro ellenistico. In seguito, Elea stringerà rapporti con Roma (II secolo a.C.-IV secolo d.C.). Lo testimoniano il trattato in virtù del quale la città focea garantisce all’Urbe forniture di navi, utilizzate nelle guerre puniche. Nell’88 a.C. Velia diventa municipio, conservando però una forte autonomia. Può battere moneta e continuare ad utilizzare la propria lingua. Con il tempo la stessa conformazione urbanistica cambierà, prendendo via via i tratti magniloquenti di una città romana. Allo stesso modo, in questo periodo, il teatro subirà un rifacimento e assumerà tali fattezze.
La sua struttura si articola a partire dall’orchestra, recinto centrale – con forma circolare – dove avviene lo spettacolo. Qui si esibiva il coro, il gruppo di artisti che accompagnava con la danza i canti dedicati alle divinità. Poi, dalla cavea, un’assise di forma semicircolare, a gradoni, riservato agli spettatori, che sfrutta la pendenza naturale del terreno, permettendo visibilità ed ottima acustica da tutte le posizioni. Dalla parte opposta dell’orchestra è collocata la skené, un luogo appartato dove gli attori cambiavo costume. All’orchestra si accede tramite due accessi, le páradoi. Nel corso del tempo, il ruolo del coro perde importanza rispetto a quello dei singoli attori. Durante il IV secolo a.C., l’edificio teatrale si adegua a questo cambiamento dando sempre più spazio a una pedana rialzata davanti alla skené, il proskénion, ossia il palcoscenico, dove gli attori si esibiscono.
Le finalità del restauro sono: «maggiore tutela e conservazione del monumento; ampliarne l’accessibilità; renderlo fruibile. Il precedente restauro, risalente agli anni 2000, infatti, prevedeva esplicitamente l’impossibilità di accedere alla cavea, e dunque di consentire al pubblico una visione ravvicinata del monumento. Il progetto attuale – si legge nel comunicato stampa – renderà parte della cavea accessibile in sicurezza, sia di giorno sia di notte in quanto provvisto di un nuovo impianto di illuminazione, ispirandosi a una visione di tutela attiva che non si pone in contrasto con la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio, ma tenta di avvicinare il pubblico ai monumenti garantendone al tempo stesso la massima salvaguardia».
«Sono tre i principi della riuscita di un restauro» – esordisce il direttore, Gabriel Zuchtriegel: «riconoscibilità», in quanto è importante riconoscere e saper distinguere le varie fasi; «reversibilità», il potersi permettere di fare aggiunte o sottrazioni; «stile», chiarezza e semplicità armi imprescindibili per la conservazione di un monumento. In seguito, si sono spiegate le ragioni dell’intervento: conservazione, accessibilità, fruizione, tenendo presente l’istanza storica, estetica ed ecologica. «È necessario – spiega il prof. Fabio Mangone, ordinario di Storia dell’Architettura, Università Federico II – conservare per assicurare la trasmissione di questi beni alle generazioni future. E per renderlo fruibile bisogna farlo rivivere con la sua stessa vitalità. Quindi, agendo sulle infiltrazioni d’acqua; sulla vegetazione infestante, che entra in collisione con le opere dell’uomo; sull’instabilità del terreno». Infine, riferendosi agli ostacoli delle barriere architettoniche: «nessuno escluso» – conclude.
Anais Di Stefano