Elea, una città cilentana compresa nel Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, con una storia illustre ed affascinante: qui le persone hanno iniziato a discutere del mondo, dei suoi principi e delle sue cause, e a interrogarsi sul senso più profondo della natura, ad Elea è nata la filosofia. La fondazione della città, ribattezzata Velia dai romani, trova i suoi albori nelle mitiche storie tramandate da Erodoto e Strabone, è stata una delle prime colonie del sud Italia ad essere raggiunta dai Focei, popolazione greca abile sul mare. Nasce così, nel VI secolo a. C., la città di cui i resti ancora oggi visibili ne attestano l’esistenza. Una lunga guerra con le popolazioni autoctone, e le suggestioni di un oracolo divino, rendono il mito della sua fondazione uno dei più autorevoli di tutta l’antichità. Mentre nella madrepatria greca i filosofi iniziano a pensare la natura attraverso principi fisici, come l’aria per Anassimene o l’acqua per Talete, nelle colonie il sentimento dell’uomo intorno al creato assume delle caratteristiche molto particolari e inedite con Senofane, il “padre” della scuola eleatica, e poi con Parmenide e Zenone, si inizia a parlare di ragione ed esperienza come due risvolti dello stesso immutabile principio che sta alla base del mondo. È una filosofia antica, legata in modo molto particolare al mondo sensibile: l’uomo non ha ancora scoperto sé stesso, lo farà, successivamente, con Socrate, tuttavia, i saggi di Elea trovano un modo nuovo per spiegare il senso del mondo. Non esistono dei antropomorfi, sostiene Senofane, e il principio unico ed eterno che governa il mondo può essere interrogato soltanto da pochi eletti, continua Parmenide. Si tratta di una filosofia che ancora molto deve al legame con gli antichi testi poetici e oracolari, e di cui si conosce troppo poco per comprenderne appieno l’importanza. A Elea si prosegue per anni a discorrere di verità, opinioni, opposti ed essenza, e la voce forse più originale che oggi possediamo a riguardo è quella di Zenone, di cui celebre è l’“aneddoto” filosofico della tartaruga e di Achille. «Achille, simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga, simbolo di lentezza. Achille corre dieci volte più svelto della tartaruga e le concede dieci metri di vantaggio. Achille corre quei dieci metri e la tartaruga percorre un metro; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un decimetro; Achille percorre quel decimetro, la tartaruga percorre un centimetro; Achille percorre quel centimetro, la tartaruga percorre un millimetro; Achille percorre quel millimetro, la tartaruga percorre un decimo di millimetro, e così via all’infinito; di modo che Achille può correre per sempre senza raggiungerla». I filosofi precedenti hanno “teorizzato” che lo spazio, inteso come il vuoto che ci circonda, sia infinitamente divisibile, Zenone, al contrario con astuzia sostiene che, se la teoria dell’infinità dello spazio e del movimento fosse vera la tartaruga, a cui è stato gentilmente concesso un passo di vantaggio nella corsa per ovvi motivi, vincerebbe inaspettatamente la gara: Achille si troverebbe sempre indietro, costretto a ripercorrere l’infinità di porzioni che lo separano da lei senza mai riuscire a raggiungerla. Questo curioso paradosso è esplicativo dell’originalità e della nemmeno tanto velata ironia che Zenone utilizza per confutare le opinioni altrui. Un’avversione verso l’autorità e le imposizioni che lo conducono a una morte orribile causata dalle torture inflittegli per aver cospirato contro uno dei tiranni della Magna Graecia. Altro filosofo, degno di menzione è sicuramente, Melisso, nato a Samo tra il 490 ed il 480 a.C. è l’ammiraglio della flotta della sua città, dotato di grande abilità strategica è stato capace di mettere in difficoltà le armate ateniesi nello scontro con la sua patria, anche la sua opera è orientata ad affermare le tesi di Parmenide, ma a differenza di Zenone inserisce alcune varianti. Innanzitutto, contraddice l’idea di Parmenide che considera l’Essere come una sfera. Secondo Melisso l’Essere è infinito ed eterno, quindi, non deve avere confini. Insomma, Elea con i suoi saggi è la patria della filosofia, e anche in questo caso, ancora una volta il Cilento si mostra latore di valori fondamentali per l’umanità intera nonché patria di ingegno assoluto.
Lucrezia Romussi