Sono decine i comuni che hanno ceduto sulla possibilità di educare i pochi bambini nati nelle aree interne del Parco Cilento, Diano e Alburni! La soluzione adottata finora è stata quella di accorpare e de-localizzare i bambini in base all’età e all’ordine di scuola: materna, primaria e medie. Ad ognuno il suo “spezzone” di “educazione” teso più a salvaguardare i posti dei docenti che a garantire la funzionalità del sistema educativo. Lo scotto di questa scelta è stato pagato proprio dai soggetti più deboli, i bambini, sottoponendoli ad estenuanti viaggi su strade del tutte inadeguate e con tempi di percorrenza lunghi che vanno sottratti al tempo della scuola e a quello libero.
Le soluzioni alternative non sono facili ma l’associazione nazionale dei piccoli comuni ha cominciato ad interrogarsi su come affrontare il problema convocando un incontro sull’ “Innovazione per una formazione di qualità nelle Piccole Scuole” che si è tenuto il 10 giugno a Favignana, presso l’ex Stabilimento Florio delle Tonnare di Favignana e Formica una giornata di studio alla quale prenderà parte, tra gli altri, anche la ministra dell’istruzione, l’Università e la ricerca Valeria Fedeli.
“La scuola è il primo nucleo centrale su cui lavorare per fermare l’esodo e lo spopolamento delle aree più marginali che amministriamo. Se non ci sono più le scuole non ci sono neanche più le famiglie, per questo la prima sfida da affrontare è quella della tutela dell’istruzione”. Ne è convinto il coordinatore nazionale dei Piccoli Comuni e sindaco di Cerignale Massimo Castelli che sintetizza così il focus.
“I numeri oggi – spiega Castelli – ci costringono a politiche di contrasto alla dispersione e allo spopolamento in tanti piccoli territori. Dobbiamo partire con l’affrontare il digital divide sperimentando nuovi modelli educativi e didattici e fare in modo che le scuole si mettano in rete per scambiare e condividere buone pratiche”.
Ripartire dalle policy per la valorizzazione delle aree più marginali significa anche “investire sulla banda larga e sui servizi per i bambini e le scuole perché ‘piccole scuole’ vuol dire prima di tutto ‘buona scuola’: dare ai bambini e ai ragazzi di questi territori le stesse opportunità di istruzione e formazione di chi vive nelle grandi città. La scuola ha un grandissimo valore sociale e strategico”.
In questa direzione, secondo Castelli, è decisivo promuovere lo scambio delle buone pratiche tra gli istituti scolastici delle aree urbane e delle zone più marginali. Ad esempio “gli istituti scolastici delle aree più marginali, in alcuni periodi dell’anno, potrebbero trasformarsi in laboratori di innovazione ed educazione ambientale per gli studenti che vivono in città. La scuola non deve ragionare per comparti separati ma per buone pratiche”. Tema questo, come anticipa Castelli, che sarà anche al centro della prossima assemblea nazionale dei piccoli comuni che si terrà a San Benedetto del Tronto il 29 giugno.
Nel pubblicare integralmente il piano programmatico redatto dalla Comunità del PNCDA abbiamo dato atto dello “sforzo” fatto dai sindaci nel prendere coscienza di molti problemi che da tempo attanagliano il territorio. Allo stesso tempo, abbiamo sollecitato un confronto su vasta scala per arricchire il piano di contenuti e proposte che traducano il piano in progetti in grado di affrontare i tenti problemi dovuti al decremento demografico.
Ecco uno dei casi in cui si può e si deve intervenire velocemente e con idee innovative per evitare di arrivare sul luogo del disastro quando non ci sarà più nulla da salvare!