Mi sono recata ad Eboli, tra le mura del “Castello Colonna”, nel centro storico della città, perché avevo preso appuntamento con i dirigenti dell’ICATT (Istituto a Custodia Attenuata per il trattamento delle Tossicodipendenze). Volevo conoscere e potere raccontare che cos’è un carcere ed ho trovato un centro di recupero, per ragazzi tossicodipendenti, che pur dovendo scontare una pena, perché si sono macchiati di un crimine, si ritrovano a lavorare, a studiare, ad imparare. L’obiettivo del Centro è recuperarli. Un posto significativo, tranquillo e silenzioso dove potere riflettere sugli errori commessi e dove potere ricostruire, attraverso le attività lavorative, ludiche e culturali. Ho incontrato le due responsabili: la dottoressa Maria Luisa Palma, direttrice reggente dell’istituto e la sua vice, la dottoressa Nunzia Passannante. Due giovani donne, a capo di un istituto carcerario, dal volto sereno e un evidente spirito umanitario. L’una originaria di Napoli, l’altra della nostra zona, Controne. Un ambiente particolare, per molti considerato pericoloso, dove le due operatrici sembravano perfettamente a proprio agio e sicure. Credono nel proprio lavoro e lo esercitano, soprattutto nel rispetto della dignità delle persone. La dott.ssa Maria Luisa Palma, che dallo scorso mese di maggio si trova a dirigere questo Istituto, è direttore del C.C. di Lauro (AV) da nove anni e da sedici è in Amministrazione Penitenziaria. ‘E’ un Istituto di Sicurezza Attenuata.’ dice la dott.ssa Palma ‘I detenuti sono tossicodipendenti che per drogarsi hanno commesso reati e devono scontare una pena alquanto lunga (4/5 anni). Tale periodo serve a dare l’opportunità di potere essere rieducati e reintegrati con il mondo del lavoro.’. La trasformazione dell’Istituto è avvenuta verso la fine degli anni ’80. Prima era un Istituto di Pena per Minori.
Dott.ssa Palma, quanti detenuti ospita oggi l’istituto?
L’istituto oggi ospita una quarantina di detenuti. Otto di essi lavorano nelle cooperative.
A quale tipo di utenza si rivolge?
Sono giovani tra i 19 e i 30 anni tutti di sesso maschile e delle nostre zone, preferibilmente alla prima esperienza e a basso indice di pericolosità sociale. La loro posizione giuridica deve essere definitiva o quanto meno condannati in primo grado. Devono avere una forte motivazione a volere uscire dalla dipendenza dall’alcol e dalla droga. Devono accettare il contratto terapeutico con il quale si impegnano a seguire i programmi individuali e di gruppo.
Ci sono anche istituti di pena femminili?
Sì, ce n’è qualcuno, ad esempio a Pozzuoli, ma la percentuale delle detenute femminili è molto bassa (5%), sono ancora una volta gli uomini i più deboli e i più esposti a rischio; le donne, nel campo della delinquenza, occupano un ruolo marginale. Anche se negli ultimi tempi sono aumentati i reati di spaccio.
Perché i ragazzi si avvicinano alla droga? Qual è la categoria più a rischio?
Nella nostra regione la tossico-dipendenza colpisce soprattutto i ragazzi di una bassa condizione culturale, economica e sociale. Sono soprattutto coloro che non hanno un lavoro quelli che si avvicinano alla droga. E’ importante avere la possibilità di assicurare loro un lavoro.
Cosa avete fatto voi in tal senso?
‘Tre anni fa fu costituita un’associazione “Solidarietà in… utile”, fatta di soci detenuti avente come scopo la promozione culturale e materiale del reinserimento socio-lavorativo degli utenti ICATT’ dice la dott.ss Passannante, che è divenuta poi interlocutrice dell’Amministrazione Penitenziaria e gestisce i laboratori interni dell’Istituto di pena ‘Sono nate poi tre cooperative sociali esterne: Oasi Libera, Pinocchio, Mondo Pulito, che stanno divenendo delle realtà produttive operanti in settori diversi: produzione piante da siepe e da giardino, falegnameria per mobili in truciolato e cura per l’ambiente. Le tre piccole aziende coinvolgono una ventina di persone e sono un punto fermo per il folto gruppo proveniente dal carcere che si preparano ad essere reinseriti nella società civile.’.
Com’è organizzato l’Istituto?
Gli operatori che operano all’interno dell’istituto lavorano in equipe; ci sono due educatori, due psicologi, un assistente sociale del Ser.T. Le attività sono tante e tutte programmate: si studia, si lavora, si fa sport; ci sono corsi di computer, vivaista, lavoratori di vetreria, falegnameria, musica, arti; c’è la palestra, c’è la biblioteca. Si hanno contatti con le varie comunità, associazioni culturali e con le scuole del territorio e con esse si organizzano attività di ogni genere. Anche il Comune è presente ed è sempre disposto a collaborare e a rispondere alle richieste che l’istituto avanza.
Come mai a guida di un Istituto di pena ci sono due donne?
Perché il mondo è delle donne, così come la sensibilità e la preparazione ad affrontare e vincere i concorsi.
Vi piace il vostro lavoro?
E’ un bel lavoro perché non è monotono e ci dà la possibilità di riempirlo con progetti interessanti, di ampio respiro che danno opportunità di alzare il livello culturale.