Viviamo un’epoca dove c’è un’assuefazione a tutto quello che succede intorno alla nostra esistenza e noi, quasi passivamente, ci rassegnamo a tutti gli eventi negativi che ci toccano da vicino o ci sfiorano da lontano e dimentichiamo molto spesso di indignarci.
Ci siamo assuefatti, da molti anni, a bambini che muoiono in mare ed abbiamo considerato la morte degli immigrati un fatto normale o meglio una normalità delle notizie di cronaca. Non c’è proprio nessun senso di responsabilità collettiva negli uomini che guidano le sorti del mondo, perché prevale sempre un grande egoismo individuale, in quanto ognuno cerca di guadagnare o di consolidare fette di potere o di estendere di più la sua egemonia politica.
Quello che sta succedendo in Ucraina è l’esempio più lampante della nostra totale assuefazione, perché al di là delle chiacchiere diplomatiche che, ogni giorno, scorrono con fiumi di parole, ma senza fatti concreti, la realtà è che siamo in una guerra che non si vuole proprio fermare, per precisi calcoli di potere.
Non voglio entrare nel merito di chi ha ragione o chi ha torto, anche se una mia precisa idea me la sono fatta al riguardo, ma voglio solo evidenziare che la violenza e la cattiveria degli uomini non hanno più limiti, né precisi confini.
Stiamo vivendo ancora con i problemi e i pericoli della pandemia e si continua una guerra, con tutte le conseguenze negative per la vita delle persone e per la vita economica e sociale degli Stati, già provati da anni di crisi.
L’uomo è nato violento e non perde occasione per poter sempre dimostrare la forza dei suoi muscoli. Quando cerca di mascherare la sua violenza con un timido buonismo di facciata, è solo ipocrisia che viene fuori, perché ha poca convinzione nel suo animo, in quanto l’uomo è nato Caino e non può diventare mai Abele.