Come ho anticipato nella mia riflessione di qualche giorno fa, oggi recupero un pezzo che focalizza una memorabile battaglia condotta da amministratori e cittadini di Capaccio Paestum contro l’installazione di una centrale a biomassa nella contrada Tempa San Paolo a via Sorbella, lo faccio perché quella battaglia è ancora viva e presente nella mente e nel cuore dei cittadini e testimonia ancora in piena campagna elettorale per le elezioni del 26 maggio chi si è impegnato a fondo, chi è stato indifferente o addirittura volutamente e,forse addirittura in modo interessato assente e, come tale, colpevole per non ave r combattuto con determinazione per scongiurare un evento drammatico che avrebbe potuto compromettere il futuro e danneggiando irreparabilmente la storia prestigiosa di Paestum e l’immagine e la cultura della città a livello internazionale,-Estrapolo e ripropongo qui di seguito parti significative di quella riflessione
Uno degli esempi più significativi di come un territorio, che ha scritto prestigiose pagine di storia e ne conserva testimonianze, vada alla malora e venga umiliato e ferito, è la decisione di impiantare una centrale di biomassa a Sorbella, una contrada a ridosso di Paestum. Con imperdonabile ed ingiustificato ritardo l’Amministrazione comunale, su pressione di cittadini responsabili e consapevoli dei guasti all’ambiente e del pericolo incombente sulla salute pubblica, ha organizzato per domani 30 gennaio una manifestazione pubblica di protesta chiedendo al governo nazionale di bloccare il progetto dissennato. Ci saranno amministratori dei comuni contigui, a difendere i diritti alla salute delle loro comunità, imprenditori agricoli a tutela dei prodotti di qualità, quelli turistici a reclamare rispetto per la storia e per la bellezza di un territorio patrimonio dell’Unesco, gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado a pretendere il loro futuro, tutta la vasta società civile a gridare rispetto per la dignità e la vita: un esercito motivato, determinato, legittimamente incazzato e deciso a tutto pur di non consentire un intervento tanto dissennato quanto sciagurato a vergogna futura di una ferita profonda alla storia e alla civiltà di un popolo, erede di valori di CULTURA sopravvissuta, nonostante i guasti per ignoranza e incuria per secoli. Io da quelle parti ci sono nato e quel territorio lo amo nel profondo con visceralità ostentata. Più volte nel corso degli anni della mia vita non breve l’ho difeso contro assalti spregiudicati: la paventata discarica a Cannito, battaglia a cui mi chiamò l’allora sindaco amico Pasquale Marino, la campagna stampa spigolosa di una prestigiosa firma del Corriere della Sera, Giannantonio Stella, che con generosità rintuzzai nei suoi giudizi taglienti, ma spesso veri, sul degrado dell’area archeologica, l’impegno di anni a dissequestrare dalle mani di incapaci, sul piano politico la gestione di assessorati chiave (Agricoltura, Cultura, Turismo) e che hanno fatto più danni di una invasione di cavallette in un campo di grano o della irruzione improvvisa, di un elefante in una cristalleria, ecc ecc. Mi auguro fermamente che la manifestazione di domani non si risolva in una festosa e colorata protesta con più “ammoina” del solito, come ha lucidamente postato l’amico Enzo Di Sirio in un suo blog. Mi piacerebbe che i miei concittadini (amministratori, imprenditori, studenti, società civile) puntassero più alla PROPOSTA che alla PROTESTA, dando ai colleghi giornalisti la possibilità di fare servizi ricchi di contenuti da sottoporre all’analisi seria e responsabile della POLITICA che conta e decide a livello regionale, nazionale ed europeo. Io ho ripescato nella memoria del mio computer un articolo dedicato al territorio, prescelto per la Centrale a Biomassa, che è uno dei più fertili per la coltivazione di agricoltura di qualità. Ne estrapolo alcune parti significative e le ripubblico qui di seguito con alcune osservazioni/domande conclusive. Per quello che può valere, levo alta e forte la mia voce, oltretutto non richiesta e forse non gradita a difesa e tutela di una bella pagina del territorio, che mi appartiene. E lo faccio con l’unico mezzo di cui dispongo, la parola, recuperando, parte di un mio vecchio articolo carico di ricordi e di emozioni
“Nel dolce tramonto di una primavera avanzata sono ebbre di luce le anatre allo scialo libero dell’acqua dell’ansa del fiume, che fu santuario alla dea dei frutti. Il Salso gorgoglia e rifrange argento nel breve salto ad “impietrar le trabe” con il suo carico di sali raccolti nel ventre oscuro e misterioso della montagna. M’è sottofondo allegro di memorie ad evocare e ritmare la storia che qui ha radici antiche. A Capodifiume riscopro ed esalto l’anima di fauno della mia terra, ubriaco di agresti umidicci afrori nel verde della flora ripariale, con negli occhi il fasto dei fiori e dei colori di stagione che arabescano i declivi accidentati della scalata del Calpazio. Poteva essere un parco fluviale di straordinaria valenza storica ed ambientale; è diventato una bella e gradevole struttura dell’accoglienza privata per la gioia degli amanti del relax e dei cultori della buona cucina.
Resta, comunque, una risorsa da immettere nel circuito fecondo della fruizione turistica per una contrada, il Petrale, che per quelli della mia generazione fu il primo saluto di vita e di commercio della pianura, con il Sale-Tabacchi-Alimentari e Diversi, per quanti scendevano dalle colline dell’interno.
La vecchia cava dismessa, che dà il nome alla contrada,,è ferita bianca nel verde della collina e canta epopea di sudori e fatica. Reclama un progetto di rinaturalizzazione con un melograneto a sbalzo di terrazzamenti, punto di accoglienza con chiosco a degustazione dei derivati dei frutti e bacheche/legende a recupero di storia e di arte nella prismaticità delle sue espressioni (letteratura, pittura ed iconografia in genere) di una pianta, che è sacra al territorio. Sarebbe una tappa obbligata del turismo scolastico a riscoperta e valorizzazione di una pagina tanto bella quanto trascurata della storia. Potrebbe essere una idea/provocazione per le sorelle Marino Martina ed Emilia per arricchire di profumi il loro laboratorio di essenze ispirate a storia e miti del territorio
La strada procede sull’onda di dossi ed avvallamenti là dove cede il posto alla collina e Capaccio trasmigra verso Roccadaspide. La macchina avanza tra strade interpoderali alla festa di masserie, minuscoli borghi rurali e microimprese industriali e commerciali, a prefigurare uno spontaneo polo di attività economiche in rapida e feconda espansione, e che necessitano di un serio intervento di programmazione, sempre che si metta in atto un piano intercomunale di riordino territoriale con la responsabilità condivisa dei comuni interessati: Capaccio, Roccadaspide ed Albanella. La vasta e popolosa contrada reclama interventi di servizi ed iniziative di socializzante rivitalizzazione in grado di coinvolgere una popolazione con l’occhio strabico verso Matinelle, da un lato, e Ponte Barizzo, dall’altro, per sfuggire alla noia ed alla solitudine dei poderi dopo il lavoro
La contrada potrebbe essere la sede ideale per una mostra permanente sulla storia della Riforma Agraria e relativo Centro Studi, punto di riferimento per seminari e convegni su passato, presente e futuro dell’agricoltura della piana (A Borgo San Cesareo, per esempio). Intanto la macchina procede ancora zigzagante tra strade interpoderali a riscoperta di contrade (Tempa San Paolo, Scigliati), dove gli assegnatari di prima, seconda e terza generazione hanno fatto miracoli di lavoro, rendendo fecondi terreni incolti e pietrosi. E, con nella mente e nel cuore una scheggia di utopia, mi prefiguro itinerari del gusto attrezzati con soste assaggi di prodotti tipici, vari con il variare delle stagioni, trasformando masserie e poderi in punti vendita, a chilometro zero, e,naturalmente, di calda ospitalità. Sarebbe un modo originale e pratico per rivitalizzare le campagne e sottrarre i contadini all’isolamento-E la fantasia galoppa sull’onda dell’entusiasmo in una con la macchina che procede spedita per Via Sorbella a conquista di Ponte Barizzo, che, a margine di Sele, fu ed, in parte,, ancora è protagonista di un’altra storia”.
Questo scrivevo alla vigilia della manifestazione di protesta e di proposta. A distanza di tempo mi corre l’obbligo di sottolineare l’impegno, il coraggio e la generosità di una battaglia determinata di Enzo Sica. che in quella vicenda si comportò in modo irreprensibile, come cittadino, come ex sindaco e come medico a tutela della salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini e può legittimamente arrogarsi il diritto / di aver fatto fino in fondo il suo dovere e merita tutta la stima ed ogni considerazione per la sua candidatura a sindaco in questa campagna elettorale. Lo stesso dicasi per Italo Voza che dopo qualche iniziale breve periodo di incertezza si impose con forza ed autorevolezza presso i ministri competenti e presso lo stesso presidente del Consiglio dell’epoca, a cui chiese con insistenza con una costante postazione a Palazzo Chigi un appuntamento, che ottenne e se ne torno sereno e pacificato nella coscienza per l’assicurazione che la paventata centrale a biomassa prevista a Tempa San Paolo e Via Sorbella non sarebbe stata mai realizzata. Onore al merita anche a Italo Voza che si è comportato con determinazione, passione e amore in difesa del territorio di Capaccio Paestum nel suo ruolo di sindaco. Merita anche lui rispetto e stima per come condusse e vinse una battaglia che sembrava disperata: e gli consiglio di fare a più riprese una precisazione forte e documentata nella campagna elettorale in atto per la sua candidatura/elezione a sindaco nulla benemerenza ouà invece vantare il candidato sindaco, avvocato, Franco Alfieri, che pure all’epoca fu sollecitato sul tema, ma non diede riscontrro di memoria, perché non mosse un dito, pur essendo influente e, a suo dire, potente in Regione. Eppure ere suo dovere farlo come responsabile dell’Agricoltura, che il progetto della centrale biomassa metteva seriamente in pericolo. Oggi dimenticando il disinteresse per i bisogno del territorio capaccese pestano, aspira addirittura ad essere eletto sindaco della città della Magna Grecia, di cui ignora i bisogni e non conosce le potenzialità d sviluppo futuro, anche perché forse non conosce la geopolitica delle numerose contrade della pianura, come d’altronde anche quelle della vasta kora, Fa leva sul clientelismo e sulle pressioni del potere Ma I Capaccesi pestani non hanno la memoria corta E non ubbidiscono neppure alle lusinghe, e/o minacce degli imprenditori locali, che fanno da mediatori interessati con il potente di turno in attesa dei posti e delle ricompense chieste e forse concordate; tempo 20 giorni o giù di lì ed il castello delle utopie che già mostra vistose crepe potrebbe crollare., anche perché il candidato Avvocato Franco Alfieri non interpreta memoria, storia ce tradizioni e quindi non interpreta l’identità del territorio capaccese pestano ed è percepito da tutti come un colonizzatore per bramosia di potere e come tale predestinato ad una amara sconfitta. Comunque buon lavoro a tutti. Auguri e buona fortuna e … Bando alle false promesse.