di Bartolo Scandizzo
In un tempo in cui parlare di banche è uno stillicidio di cattivi pensieri, fa bene alla salute sapere che le nostre Bcc godono di ottima salute! Fa altrettanto bene vedere che quelle più vicine a noi invece di imbottirsi di titoli “tossici” ampliano il numero dei dipendenti offrendo opportunità concrete di lavoro a giovani altrimenti destinati a diventare uomini e donne con le valige in mano in partenza per ingrossare la lunga lista che tiene il conto della fuga di cervelli verso Nord o addirittura verso l’estero.
Insomma, le Banche di Credito Cooperativo assolvono il loro ruolo di raccolta del risparmio e assegnazione degli impieghi in modo oculato e, soprattutto, sostengono le PMI e le famiglie.
Sabato 19 dicembre, invitato dalla Bcc Monte Pruno ad un incontro di fine anno tra Cda, collegio sindacale e stampa, sono arrivato alla Certosa di Padula, sede dell’evento, certo di trovare numeri buoni relativi alle risultanze del 2015. Non mi aspettavo, però, che la Monte Pruno, presieduta dalla dottoressa Anna Miscia e diretta da Michele Albanese, sorprendesse anche se stessa andando oltre ogni più rosea aspettativa: tutto in crescita! Raccolta (450 mln di €) impieghi (oltre 300 mln) e l’utile lordo (oltre 9 mln); quello netto che si assesta oltre i 5 mln di € …
“Negli anni ’90 eravamo in 7 addetti compreso me” afferma Albanese. E poi retoricamente chiede: “oggi che siamo in 70, non vi sembra che abbiamo fatto un bel passo in avanti?”
Albanese illustra, poi, i progetti di sviluppo della Monte Pruno: “il ciclo, iniziato con il nostro arrivo a Teggiano alla fine degli anni ’90, si è concluso dopo aver dotato il Vallo di una banca moderna e attenta che ha sostenuto l’economia del territorio allargando il suo raggio d’azione fino a Potenza. Oggi ripartiamo da Teggiano con l’apertura del punto banca nel centro storico. Lo faremo anche in altri centri storici. Per noi il recupero urbanistico delle piccole realtà è una priorità.”
Il futuro della banca per Albanese è già iniziato: meno cassieri più consulenze. Senza mollare niente nel rapporto stretto con soci e clienti. Infatti le articolazioni della rappresentanza (Circolo Montepruno, Associazione giovani, gruppi musicali, Montepruno baby …) saranno cinghia di trasmissione tra una sempre più banca digitale e la realtà in cui la compagine affonda le sue ragioni di esistenza.
Ecco la strada stretta per entrare nel futuro senza salti nel buio rappresentato da una banca che non volteggia sulla vita della gente senza atterrare mai.
Ma il nocciolo dell’intervento di Albanese è improntato all’imposizione della riforma del credito cooperativo che arriverà per decreto tra la fine dell’anno e i primi mesi del 2016.
Si va verso una destrutturazione dell’esistente senza che venga tutelato il bene primario che sta alla base della banca cooperativa che è uno sportello del territorio che conosce perché ne è parte integrante.
Infatti, famiglie e piccole e medie imprese sono i destinatari degli impieghi. Gli stessi soggetti che nelle Bcc hanno i loro risparmi e dove vengono accreditati stipendi e pensioni.
Un anno non è stato sufficiente al mondo del credito cooperativo per presentarsi unito all’appuntamento con la loro storia: presentare una bozza di riforma condivisa che rispondesse alle prescrizioni della BCE e, allo stesso tempo lasciasse un margine ampio di autonomia nelle scelte gestionali locali.
Lo stesso Franco Vildacci, direttore della federazione campana delle Bcc, ha tenuto a sottolineare che il gruppo Iccrea, con i suoi 4.450 sportelli in Italia, organizzati in 368 banche, 37.000 dipendenti, un patrimonio di circa 20 Mld di euro e 1.200.000 soci, si colloca al terzo posto tra i gruppi bancari italiani come patrimonio. Nonostante ciò, ha avuto difficoltà a farsi ascoltare dal governo. Infatti, la bozza di proposta partorita tra mille distinguo all’interno della federazione nazionale e consegnata al ministro Pier Carlo Padoan dal presidente Alberto Azzi, è stata ampiamente elusa nella proposta finale che circola in questi ultimi giorni.
Alla fine tutte le 368 Bcc dovranno aderire ad una Spa unica di cui possederanno il 51% del capitale, il resto sarà a disposizione degli investitori istituzionali. La sede centrale avrà potere di controllo e indirizzo, oltre che di decidere i destini delle filiali in crisi e criteri generali per la gestione del personale. Ogni banca locale avrà un livello di autonomia operativa proporzionata alla sua capacità di gestione riflessa nel bilancio e nel patrimonio.
Potranno esserci piccole novità in fase di limatura del decreto, ma il governo Renzi ha guadato il fiume e dal 2016 il mondo del credito cooperativo avrà tutta un’altra storia.