Non è una donna comune o che passi inosservata, neanche nel nome, il cui significato si associa ad un’idealista che vaga col pensiero nei sogni. Nella casa di , 88 primavere varcate lo scorso 17 dicembre, di sogni ne abbiamo percepiti tanti. Un’abitazione, a Villa Littorio frazione di Laurino, letteralmente fasciata di libri, in soggiorno, nello studio, in cucina, di fianco al caminetto acceso. Un’idea antica di accoglienza ed ospitalità, della quale i cugini “fognesi” sono cultori, che ci insegue fin sulla soglia di casa, nell’atto di accomiatarci, con una bottiglia di spumeggiante vino rosso. Il colloquio, non l’intervista, risulta piacevole ed istruttivo, gli argomenti spaziano senza sosta da un argomento all’altro, voli pindarici inclusi, dalla storia al kamasutra, passando per Leonardo da Vinci. I problemi sui quali si infervora sono quelli legati al territorio ed all’identità. Al meridione che è stato saccheggiato, a livello economico e culturale, Garibaldi e Savoia in testa, con la sua annessione, mascherata da proclamazione del Regno d’Italia del 17 marzo 1861. Ma è noto che la storia la scrivono i vincitori. La colonizzazione prosegue con gli americani, sbarcati il 9 settembre 1943 sulle spiagge di Laura a Paestum. Nei suoi occhi di adolescente l’immagine umiliante dei soldati americani, che lanciavano sigarette ai ragazzi, vissute come noccioline per le scimmie. Il ricordo del generale Clark, comandante della quinta armata, con al seguito un codazzo di reporter di guerra, che dalla piazza Costantinopoli di Villa Littorio osservava con un binocolo i movimenti dei soldati tedeschi, che per favorire la propria fuga in direzione di Corticato e del Vallo di Diano minavano il ponte di Val’terna a Sacco. Per Olimpia resta sostanzialmente intatto, a dispetto delle frane, il capolavoro delle strade borboniche e l’incanalamento dell’acqua del Cervati, ordinata nel 1937 da Mussolini. “Un’acqua, di indubbia qualità organolettica, che arrivava alle località marine del Cilento – osserva -, in precedenza si beveva l’acqua dei pozzi”. I confini del Cilento, disegnati senza prudenza nella geografia e nella vulgata, sono da maneggiare con cura, persino nel premio di poesia saccatàro Un sacco di versi. La Val Calore, che segue il percorso dolce e sinuoso dell’omonimo fiume, a suo dire non è Cilento; nel territorio in primo luogo, ma anche nelle tradizioni, nella cultura, nella cucina, nel modo di intendere la vita. Dal parco ci allontaniamo per discutere di letteratura, a partire dall’antenato Giuseppe Loffredo, di religione, per chiuderla con l’Alcibiade primo e minore, i dialoghi platonici che riprendono le conversazioni tra Alcibiade e Socrate. A farci compagnia un comune amico, Carlo Valletta, ed un giovane e bravo laureando, Antonio Pipolo, che attinge per la sua tesi alla vasta documentazione di Olimpia. “A’ femmena ne sape semp’ una cchiù d’ù riavulo”, recita un noto detto popolare delle nostre zone ma, Olimpia docet, quella della Val Calore di più.
Silvio Masullo