‘Questa è una delle poche volte che qualcuno mi intervista’ afferma don Domenico, accogliendomi nel salone parrocchiale ‘e sono certo che ciò che dirò non verrà travisato come già in passato è accaduto.’.
Don Domenico, lei si è trovato ad amministrare, religiosamente parlando, due comunità vicine eppure diverse tra loro. Questo in genere cosa comporta e cosa ha comportato nel suo caso?
‘Penso che comporti il dovere di assumere un atteggiamento simile in entrambe le parrocchie. Pertanto ho cercato sempre di comportarmi allo stesso modo, ma con risultati spesso diversi, perché sono realtà sostanzialmente diverse tra loro; Felitto ha sempre accettato e capito le scelte che ho cercato di fare nel rispetto di tutti, C.S. Lorenzo invece ha sempre reagito con impetuosità alle mie decisioni; inoltre, essendo più grande, probabilmente ha maggiormente bisogno della presenza del prete, ma soltanto per quanto riguarda le cose religiose, mentre per quel che concerne altri aspetti, come l’organizzazione e la gestione delle feste, pretende che ne resti fuori, tante volte trascurando un aspetto fondamentale, e cioè che organizzare una festa significa anche poterne trarre momenti di significativa carità.’.
Tracci un bilancio personale degli anni trascorsi qui.
‘In questi anni, sostenuto e aiutato da tantissima gente, ho fatto tante cose, tra cui la ristrutturazione delle chiese. Ma la Chiesa più importante, che non è fatta di pietre, dobbiamo ancora consolidarla, e qui il lavoro non finisce mai.’.
Cosa differenzia le comunità castellese e felittese da quelle che ha conosciuto prima?
‘Per quanto mi riguarda la differenza sta nell’accoglienza che ho ricevuto: prima di giungere a Felitto sono stato parroco di Magliano-Vetere, che è stata la mia prima parrocchia, e resterà sempre nel mio cuore, tanto che a volte ne sento nostalgia. Lì soprattutto i giovani mi hanno accolto con amore e rispetto. Più o meno la stessa accoglienza ho ricevuto a Felitto, ma nonostante abbia fatto sempre di tutto per entrare nel mondo dei giovani, ascoltandoli, parlando loro da sacerdote ma soprattutto da amico, offrendo loro il mio aiuto, non ci sono riuscito. A C.S. Lorenzo, poi, ho trovato la porta chiusa, e letteralmente parlando!!! Per fortuna hanno imparato anche qui a conoscermi ed ad accettarmi, ma certe cose non si dimenticano. Mt. 23, 13-14: Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci.’.
E in che cosa si differenziano Castello e Felitto?
‘La differenza sta nella mentalità: all’esatto opposto l’una dall’altra.’.
Da una scala da uno a dieci, che voto dà alla religiosità e alla fede che la gente dimostra?
‘A Felitto do un 7, perché tutto sommato i felittesi fanno le cose necessarie. A Castel San Lorenzo do 5, perché è un popolo impetuoso, presente in chiesa soltanto nelle festività, e vive la partecipazione alla chiesa quasi con timore.’.
In quanto a mentalità, di cosa pensa che questi paesi abbiano bisogno per crescere?
‘Avrebbero entrambe bisogno di aprirsi al dialogo, comunicare di più, elevarsi al di sopra del proprio bigottismo, delle proprie scelte politiche, arrivando ad un dialogo sereno e costruttivo, come la Chiesa auspica: ma intanto ciò non accade e la chiesa ad un certo punto ne resta fuori, anche domandandosi quali possono essere le ragioni.’.
Se potesse tornare indietro, cosa non farebbe delle tante cose che ha fatto per questi due comuni?
‘A Felitto farei le stesse cose! Per quanto riguarda C.S. Lorenzo il discorso è diverso: sembrerò opportunista, ma invece di impegnarmi per la riapertura al culto della Chiesa Madre, lavorando in prima linea, avrei pensato prima a ristrutturare la casa Canonica, perché, finiti i fondi, nessuno se n’è più interessato, ed ora attende ancora l’ultimazione dei lavori.’.
Cosa pensa di avere trasmesso alle persone che ha conosciuto qui?
Quello che sono; la mia trasparenza, la mia sincerità, la mia disponibilità, il non attaccamento al denaro, il mio carisma.