I gemelli di Dio ai quali sono state affidate le cure delle anime della comunità di Roccadaspide insieme contano 100 anni di sacerdozio e li festeggiano in una toccante cerimonia all’aperto in piazza XX settembre in un caldo pomeriggio di fine luglio del 2020.
Le paure e le speranze sono le stesse di quel tempo che da giovani preti tornarono nel loro mondo da pastori per prendersi cura di anime della porta accanto.
Oggi riscoprono chi sono e forse anche perché sono diventati sacerdoti in un tempo lontano e diverso basti pensare che dal momento in cui erano diaconi Papa Giovanni XXIII aveva aperto e chiuso il Concilio Vaticano II.
Ad accompagnare don Cosimo e don Luigi sul palco, allestito ai piedi del Castello, è il vescovo che regge la Diocesi di Vallo della Lucania e dove i due entrarono da bambini in seminario. Ciro Minieri, nella sua omelia, dice grazie al signore per il sacrificio silenzioso che, in nome di Dio, è stato fatto dai due preti rocchesi: “le rinunce fatte da chi ha seguito Cristo saranno ricompensate come promesso agli apostoli perché <
La cerimonia, che inizia con una processione che parte dalla chiesa della Natività e si snoda lungo la piazza XX settembre passando tra la gente plaudente, fa una certa sensazione di imponenza. A guidarla ci sono don Cosimo e don Luigi, ricoperti da abiti fuori “ordinanza”, seguiti chierici e sacerdoti con in testa il vescovo Minieri con mitra e pastorale .
Sui volti dei due festeggiati traspaiono emozioni di gioia in modi diversi che rispecchiano i loro caratteri: aperto e disinvolto quello di don Cosimo e leggermente contrito quello di Don Luigi.
La piazza gremita testimonia l’affetto della gente che si stringe ai due parroci che un tempo lontano da ragazzi presero la via del seminario. In quel tempo, con loro c’era anche un altro figlio di questa comunità, don Alfonso Ansivino: se fosse ancora tra noi conterebbe il suo 51° anno di servizio sacerdotale. Don Alfonso inondava lo spazio intorno a sé con un sorriso tenero e aperto con il quale si rapportava al prossimo.
L’impegno del sacerdote è cambiare ogni giorno meditando su come è meglio interpretare il Vangelo. E don Cosimo rivela che vorrebbe “non morire in due momenti: durante la messa del mattino e al momento in cui l’aurora si trasforma in alba e prende forma il nuovo giorno! Quando siamo già stati … e non lo siamo ancora!”
Don Luigi rivela che si sente “arricchito dalla presenza di tanta gente: “la famiglia del sacerdote è costituita dai suoi parrocchiani.”
La piazza è gremita anche più del consentito in tempi di distanziamento ma, a parte qualche eccezione, tutti indossano la mascherina per garantire il prossimo mettendo in pratica l’insegnamento evangelico mai così attuale e realizzabile con poco: “ama il prossimo tuo come te stesso!”
Al termine della celebrazione ufficiale don Cosimo torna tra la gente per salutare quelli che si sono attardati ad ascoltare la performance canora di Don Michele Pecoraro, parroco del Duomo di Salerno, anche lui ordinato sacerdote oltre mezzo secolo fa e compagno di seminario di don Cosimo.
Intanto, il fedele collaboratore Gaetano e gli “uomini” del coro smobilitano oggetti sacri e profani portati sul palco trasformato in altare per l’occasione. La gente si allontana ordinatamente portando a casa il “cartoccio” che il parroco ha fatto distribuire ad ogni nucleo familiare.
La festa è finita, ma nell’aria c’è ancora un alone di tranquilla esistenza in vita di una comunità che, come tante, ha fatto molti passi indietro nei rapporti sociali a causa del Covid 19, ma che sarebbero stati molti di più senza la paziente “cura” di don Cosimo e don Luigi.
Biesse