Per chi è proiettato verso una vita vissuta all’insegna dell’attimo, dello Scorrere veloce, del piglia e fuggi per non lasciare alcuna cosa nel non vissuto; queste mie rievocazioni storiche circa il nostro passato remoto, appaiono senza ombra di dubbio come cosa di scarsa utilità. Gli anni passati sono come una cappa che pesa sulla nostra mente e si presenta tanto più difficile da rimuovere quanto più è lontano il tempo. Ma, chi può vivere senza passato? Siamo quello che siamo perché le cose succedutesi si sono perpetuate e hanno trovato in ogni epoca l’applicazione non ripetitiva ma filtrata attraverso i tempi nuovi e applicata con l’aggiunta delle invenzioni, dei materiali, degli uomini nuovi che hanno dato vita al divenire.
Questa premessa vuole essere motivo di introduzione per una presa di coscienza da parte del singolo circa il patrimonio di cui siamo detentori e, motivo di cimento per sottolineare il disinteresse dimostrato da chi avrebbe dovuto zione, la divulgazione e la ricerca del nostro passato facendo luce sul ruolo di primaria importanza che ci ha in- vestiti dall’ottavo secolo a.C. Parte dalla nostra terra ad dei coloni greci stanziatisi a Poseidonia- Paestum la civilizzazione dell’Italia antica, l’inizio dei tempi storici; l’organizzazione della città, con coniazione delle monete, le terme, il culto di Dioniso. Anche l’organizzazione del territorio per motivo di grande interesse politico per i Greci, infatti lungo i confini furono innalzati templi ed edifici che oltre a quelle del culto svolgevano una funzione di controllo. Ciò è dimostrato dai ritrovamenti archeologici dell’epoca sul territorio circostante la piana Pestana.
Quindi si può ipotizzare per Paestum una organizzazione sul commercio, l’agricoltura e la pesca. Sul nostro territorio la presenza di questa organizzazione è stata rinvenuta fin dai primi anni del 1900, operando in modo occasionale sono stati effettuati degli scavi in località Fonte e Tempalta di Roccadaspide che hanno messo in luce la presenza di tombe in un’area piuttosto vasta, la lettura del materiale ha rivelato la presenza di gente: indigena, Etrusca, Greca, Lucania, Romana. Si suppone che nella suddetta area fosse presente un tem- pio; tale supposizione abbastanza stili del materiale rinvenuto, che ri- accreditata ci viene dalle varietà di risulta appartenere a culti e a tempi diversi. Tutti i moduli che ci venivano dalla Grecia a opera dei coloni greci, che lavoravano nelle colonie, furono rielaborati e adattati a seconda delle caratteristiche locali dai gruppi di indigeni del territorio, anche l’elemento Etrusco che veniva da Pontecagnano attraverso il fiume Sele e l’elemento lucano, proveniente dal vallo di Diano e dal Basento, diedero il loro contributo stilistico.
Il punto esatto del ritrovamento di Fonte è la riva destra di un torrente, dove ancora oggi sono presenti delle sorgenti, su una collinetta presso c’è un’antica cappella, detta di S. Michele, risalente probabilmente all’anno mille;questa potrebbe essere una costruzione eretta su unʼantica area dedicata al culto di Hera;nulla ci vieta di pensarlo, infatti un’accurata lettura dell’arte campana non è stata ancora effettuata, quindi occorre fare luce per stabilire esattamente quale luogo di transito, convergenza di cultura, possibilità di scambio è stata la valle del Calore. Gli stessi materiali votivi sono stati trovati i santuari urbani di Paestum, dell’Heraion di Foce Sele, di Fonte, di Tempalta sulle tombe di Monte Pruno. A Tempalta di Roccadaspide risulta esserci stata una necropoli con diverse tombe appartenenti all’VIII sec.A.C., negli anni cioè immediatamente precedenti alla fondazione di Poseidonia. Uno dei corredi più antichi è quello della tomba 15, che conteneva oltre a numerose ambre, un bacile ad orlo perlinato, un fascio di quattro spiedini di ferro e un’anfora di impasto del tipo noto a Pontecagnano. L’importanza di questo rinvenimento è data dal fatto che esso ci permette di avere dati abbastanza precisi sulle genti indigene presenti alla vigilia della fondazione della polis. Tutti questi materiali sono esposti nel Museo Archeologico di Paestum e ci riportano indietro nel tempo alla ricerca di quella che può essere la radice di tante cose che ancora oggi trovano attuazione, alcuni sono catalogati, altri da catalogare, hanno bisogno di essere studiati per ricomporre il mosaico. Non è mia intenzione illustrare tutto il materiale con i vari simboli presenti, aspetto che ve ne rendiate conto da soli attraverso l’interesse che ho cercato di suscitare. Questo mio scritto non vuole essere indirizzato a chi di arte e di storia ne conosce abbastanza ma vuole avere solo la pretesa di urlare che non conosciamo la nostra storia, che questa non deve restare chiusa nei musei, che non abbiamo a Roccadaspide una testimonianza fotografica corredata da notizie circa questo materiale e ciò rappresenta una lacuna che occorre sanare al più presto; lo dobbiamo a noi stessi e ai nostri figli. Se vogliamo costruirci un futuro è necessario scandire i tempi che ci hanno preceduto.