Mons. Torrusio per rendere efficiente l’azione amministrativa pastorale aveva diviso la diocesi nei ripartimenti del Vallo di Diano, con sede della curia a Sala, e del Vallo di Novi e del Cilento, con sede della curia a Vallo della Lucania e, facendo suoi i propositi del predecessore, intendeva trasferire la propria residenza in questa cittadina avviando le pratiche canoniche ed i contatti col governo. Ma il suo dinamico disegno fu bloccato dalle vicende del 1799. Mons. Speranza scelse di risiedere in prevalenza a Novi, ma sollecitò l’individuazione di una nuova cattedrale perché quella di Capaccio Vecchio risultava inagibile. In Vaticano, pur riconoscendo la fondatezza della richiesta, si riteneva difficile procedere per la tenuità delle rendite; comunque si considerava opportuno il trasferimento della cattedrale. Fu individuata la collegiata di Laurino. Il commissario pontificio per l’esecuzione del concordato ipotizzava di trasferire a Diano la cattedrale, recuperando un progetto già approvato dal sovrano il 15 dicembre 1823 ed elaborato dal canonico Luca Carrano. Intanto altri paesi avevano proposto la propria candidatura per cui nunziatura e governo ritennero opportuno soprassedere.
Fin dall’ingresso in diocesi mons. Barone si propose di richiamare a nuova vita Capaccio e, convinto che fosse impossibile per un solo vescovo governare l’intera diocesi, esplicitò la richiesta della partizione attribuendo alla mancata soluzione del problema le deficienze pastorali che si trascinavano da secoli. Egli descrisse vantaggi e svantaggi dei paesi che aspiravano alla sede vescovile – Diano, Laurino, Novi, Sala, Vallo e Capaccio – per optare per quest’ultima cittadina. Intanto, per conferire maggiore coesione alla diocesi, abolì le curie di Sala e di Novi creandone una presso la residenza col vicario generale e ristrutturò i distretti di Novi, del Cilento e della Valle di Fasanella, con a capo un vicario foraneo dipendente dal vescovo.
Nel 1843, durante la sede vacante, il ministro degli affari ecclesiastici affidò all’arcivescovo di Salerno, Marino Paglia, il progetto di divisione, decisione in controtendenza perché il concordato prevedeva un riassetto con la soppressione delle piccole diocesi. Mons. Paglia propose l’erezione di due diocesi distinte, l’una con sede a Diano, l’altra con circa ottantasettemila abitanti come sede a Novi, senza escludere Capaccio o Vallo. Il nuovo vescovo, mons. D’Alessandro, giovane e con esperienza come vicario generale nella diocesi di origine, faceva sperava in un’efficace azione amministrativa; ma il suo entusiasmo fu di breve durata per le difficoltà incontrate e per alcuni problemi di salute. Dopo un anno egli chiese di essere trasferito. Gli successe mons. Gregorio Fistilli, il quale stabilì la propria residenza a Sala perché più vicina a Rossano, suo paese di origine. Scoppiata la rivolta a Palermo e, di seguito, l’insurrezione nel Cilento, travolto dagli avvenimenti, nel settembre del 1848 il presule presentò le dimissioni, chiaro segno d’incapacità pastorale.
Durante gli anni dei moti le autorità civili si convinsero della necessità di un deciso intervento per bloccare il processo di disgregazione religiosa, non solo sociale, mediante un rigido controllo delle strutture ecclesiastiche. Il vuoto di potere per le dimissioni di mons. Fistilli si protrasse per oltre due anni. Santa Sede e Governo napoletano avevano compreso che la soluzione del problema non era più rinviabile. Il 16 agosto 1849, il metropolita di Salerno supplicò il re di procedere alla divisione per porre riparo ai mali per cui la diocesi era divenuta “spettacolo miserevole a tutte le altre. Per la verità, mons. Paglia conosceva poco i “mali” che affliggevano la diocesi, condizionato dal clamore dei moti che avevano causato problemi in tutto il Principato e rimarcato lo stereotipo del Cilento “la terra dei tristi ” accreditato dalla polizia borbonica.
La Nunziatura di Napoli sottopose a Pio IX, allora in esilio a Portici, una succinta relazione. Il Papa prese atto dell’urgenza e approvò nelle linee generali ” la divisione del territorio in due distinte diocesi da affidarsi a due vescovi”. Il 14 dicembre 1849 il nunzio fornì la documentazione necessaria per istituire la diocesi di Diano e, contemporaneamente, la dote delle due mense; persisteva però il contrasto sulla scelta della sede per la Diocesi di Capaccio. Il re era favorevole a questa cittadina per motivi politici, ma il nunzio annotava che, in tal caso, “saremo ben lungi (…) dal conseguire quei vantaggi religiosi e anche politici, che tutti ci auguriamo dalla divisione della Diocesi di Capaccio; mentre siffatti vantaggi si possono effettivamente sperare se la sede vescovile viene a fissarsi a Novi o anche meglio a Vallo”. Qui risiedevano tutte le autorità civili del distretto con grande “comodo ai diocesani poiché con un solo viaggio potranno districare gli affari”. Sarebbe conveniente anche per il vescovo e le autorità temporali “giacché potrebbero a loro piacimento conferire insieme, e far camminare più facilmente e più utilmente gli affari (…). E’ chiaro che tutti i vantaggi sì rilevanti sarebbero perduti con la residenza del vescovo a Capaccio”.
Intanto, mentre il 21 settembre 1850 con la bolla “Ex quo imperscrutabili” Pio IX istituiva la diocesi di Diano, staccando da quella di Capaccio 27 comuni e nominando vescovo Valentino Vignone, il decurionato di Vallo deliberava di contrarre un mutuo di 3.000 ducati per 15 anni e acquistare l’abitazione per il novello vescovo, restaurare il seminario di Novi o riattare a seminario il convento dei cappuccini di Massa. Il sindaco Raffaele Stasi comunicò la decisione al sottintendente col voto che la proposta fosse presa in considerazione dalle autorità competenti. Il 16 luglio 1851 con la bolla “Cum propter justitiae dilectionem” si istituiva la diocesi di Capaccio-Vallo con sede a Vallo, dove doveva risiedere il capitolo. Si auspicava di realizzare al più presto il seminario e a questo scopo il sovrano destinava mille ducati e le rendite di alcune abbazie. Il regio exquatur fu concesso il 24 settembre 1851 e la bolla fu letta nella nuova città vescovile da mons. Marino Paglia nella Chiesa delle Grazie il 12 ottobre 1851. Amministratore apostolico dal 18 marzo 1852 fu nominato mons. Marolda e, perché impedito, dall’estate dello stesso anno responsabile della curia fu il canonico De Licteriis, provicario generale fino alla nomina di mons. Giampaolo.
L.R.