La questione meridionale. Mi ha sempre spaventato questa locuzione. Quando l’ho ascoltata la prima volta mi trasmise una forma di paura fino ad allora sconosciuta. Ben non comprendevo in giovane età cosa essa potesse mai essere, altrettando bene ho compreso in età adulta cosa invece non era. Poi ecco che ti arriva quella strana e aggressiva richiesta, dal più profondo del tuo intimo pensare, che non ti lascia scampo e alla quale devi cercare una soluzione, quanto meno benevole, nel non farti più aggredire culturalmente, sociologicamente e nei fatti resiliente, nel poter affrontare la difficoltà espressiva e storica, di un qualcosa che non sembra aver prodotto nel tempo alcun chè di interesse.
Alla domanda: esiste davvero la questione meridionale? La più semplice risposta che mi riesco a dare è: probabilmente è il meridione in questione. Eh sì, sarà perché noi, ragazzi e ragazze del sud, siamo da anni in questione con la nostra stessa identità, se poi ci interfacciamo al resto dell’Italia ritorna in mente la razionalità di quel Francesco Coletti che sul finire del XIX secolo apprese il materialismo storico marxiano e che ne fece, con ogni probabilità, la roccaforte sulla quale installare il suo concetto: l’unificazione delle regioni italiane sotto un unico regime accentratore aveva ottenuto per il Meriodione conseguenze tragiche.Volendo però surclassare questo pensiero il quale, potrebbe o meno piacere a noi attuali, ci resta l’inconfutabile realtà che la Questione Meridionale si trascina ormai da oltre centocinquant’anni, quasi a voler ad ogni costo assimilare le sembianze di un problema futuristico, ma nato e sviluppatosi nell’antichità. Chissà però quanto gradimento avrebbe oggi lo scritto di Antonio Renda che volle farne di questa un’inchiesta nel 1900, per la quale scomodò diversi personaggi dell’epoca tra cui anche Cesare Lombroso, così, giusto per dare alla questione meridionale anche un certo ché di sapore antropologico piuttosto che criminologico.
Di scritti, compiacenti o meno alla situazione del sud, ne sono arrivati tanti dal passato e altrettanti ne sono stati prodotti in epoche moderne, tuttavia volendo o nolendo manifestano per lo più quasi tutti le origini pre e post-unitarie delle differenze Nord-Sud. Se da una parte vi era l’evoluzione (costruita) delle condizioni sociali ed economiche, dall’altra esisteva, ed è resistita (per obbligo e inefficienza di difesa), l’involuzione. Il problema più irrisolto della storia contemporanea italiana, questo, il quale è stato evocato ad ogni necessità politica, rivendicato nei momenti di debolezza sociale, offeso nei contesti dello sviluppo economico. Il sud però è stato l’elemento propulsivo proprio dello sviluppo capitlalistico e fino allo scoppio della seconda guerra mondiale ne ha conservato la carattersitica. Poi ad un punto preciso dell’epoca in cui la giovane storia della nuova politica degli anni cinquanta si materializza, ci si accorge che questa questione potrà fare gli interessi voraci e permanenti sia dell’attività politica stessa che dei politici i quali non si risparmieranno nel trovare soluzioni. Ma l’economia del Sud, seppur in epoche passate era la fucina dell’espansione tra industrie e produttività varie, resta infine vincolata all’agricoltura mentre il Nord inizia la sua ascesa industriale.
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Una realtà quella del Meridione che si trasformerà poi in una società terziaria. Quando Villari (1827-1917) e De Santis (1817-1883) ebbero a scrivere che ”quando gli italiani del Nord scoprirono che il Sud, nella realtà dei fatti, non corrispondeva a quello che loro immaginavano, ecco che nasce, insieme ovviamente all’Unità d’Italia, la questione meridionale. Quella stessa che Gramsci ne ricostruisce attraverso le devastanti politiche italiane che si sono succedute; un limite nel risolvere i problemi, dunque, che le classi dirigenti hanno avuto di fronte alla necessità di ristabile il ruolo del Meridione in un’Italia che si dice unita dal 1861. Il Sud non è un problema sociale, forse non lo è mai stato, ma di tanto in tanto ecco che riaffiora nelle oratorie politiche dell’attualità una questione che avremmo dovuto risolvere già un secolo fa. L’Italia riparte se il Sud riparte insieme al Centro, al Nord e alle Isole. La questione Meriodionale, se proprio se ne vuole discutere, trasformiamola in quella che realmente è: un problema nazionale, da qui forse cominceremo a definire le sue origini, il suo concetto e finalmente anch’io otterrò la mia attesa risposta alla domanda: cosa non è la questione meridionale?