Un’attrattiva suggerita durante un viaggio in Senegal è il “Lago Rosa” (Dèeg Retba in wolof) che si estende, nella provincia di Dakar, su una superficie di tre chilometri quadrati, circondato da dune di sabbia, accanto all’oceano. La sua denominazione consegue alle caratteristiche acque che, in alcune giornate, diventano di un rosa intenso per la presenza del desulfohalobium retbaense, un particolare batterio alofilo, tipico delle zone ad alto tasso di salinità. E’ suggestivo raggiungere il lago a piedi, con una camminata sulla spiaggia bianca, ricoperta di conchiglie e piccoli granchi che, al tuo passaggio, si nascondono rapidamente sotto la sabbia. In questo percorso immerso nella natura (apparentemente) incontaminata si incontra, però, una fabbrica che, inquinando in modo spregiudicato, riversa liquami scuri e tremendamente maleodoranti direttamente nel mare. Uno spettacolo raccapricciante, se si considera (anche solo) quanti uccelli e pesci vivono di quelle acque. Uno scenario inaccettabile se si pensa che agli imprenditori è consentito violare – prima ancora delle normative sulla sicurezza e sul rispetto ambientale – le primarie regole di buon senso. Eppure queste realtà, che ormai dovrebbero essere inammissibili, sono ancora diffuse e rappresentano l’ennesima dimostrazione di come si sfruttino le risorse locali, senza preservare l’ecosistema. Fortunatamente, quantomeno nell’ambito della cooperazione internazionale, si sta sempre più diffondendo la consapevolezza della “Responsabilità Sociale d’impresa” (Corporate Social Responsibility) introdotta, per la prima volta, dalla Comunicazione UE n. 681 del 2011, con la quale la Comunità Europea, recependo le Linee Guida internazionali (Onu, Ocse, Ilo), ha esortato le imprese degli Stati membri ad agire con responsabilità, valutando gli impatti che le attività imprenditoriali determinano sulla società. Tale responsabilità, più in concreto, si traduce nel perseguimento dei principi di correttezza, trasparenza e qualità, riferita ai requisiti dei prodotti e agli standard dei processi produttivi. La responsabilità è anche connessa al concetto di sostenibilità, ovverosia all’utilizzo consapevole ed efficiente delle risorse ambientali (beni comuni) e all’impegno nel valorizzare quelle umane per contribuire allo sviluppo della comunità locale in cui l’azienda opera, affinché possa mantenere, autonomamente, uno sviluppo nel tempo. In estrema sintesi le imprese, nel perseguimento dei propri interessi, dovrebbero agire eticamente. Questa fabbrica che, illecitamente indisturbata, domina l’ambiente circostante infestandolo, deturpandolo, danneggiandolo (…) dimostra la connotazione negativa che ha, soprattutto nei contesti più vulnerabili, il connubio tra il potere (economico) e la forza (di imporsi sull’ambiente circostante). In questo periodo storico nel quale si parla di regimi restrittivi della libertà, mi piace ricordare queste parole, purtroppo ancora attuali, di Primo Levi: “Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col timore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti”. Per queste ragioni credo sia giusto in ogni ambito – soprattutto dinanzi alla violazione dei diritti (propri o altrui) – non smettere, nei giusti modi, di esprimere e manifestare sempre il proprio dissenso.
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