“Il capitano Fondacaro e i marinai Grassoni e Troccoli, veri lupi di mare, s’infischiano degli elementi e compiono in condizioni pericolose il viaggio più lungo che sia mai stato fatto. Onore ai nostri bravi compatrioti”. Con queste parole il giornale umoristico “Lo Spirito Folletto” di Milano commentava nell’edizione del 28 luglio 1881 l’illustrazione di Don Sancio relativa all’impresa del calabrese Vincenzo Fondacaro, del marchigiano Orlando Grassoni e del camerotano Pietro Troccoli. Tre emigrati in Uruguay protagonisti di una traversata a quei tempi considerata impossibile che, partendo senza risorse da Montevideo il 3 ottobre del 1880, li avrebbe fatti approdare a Las Palmas il 9 gennaio 1881, a Gibilterra il 23 gennaio per concludersi a Livorno il 9 giugno dello stesso anno 1881 dopo 10.000 chilometri di navigazione.
Una traversata su un minuscolo “guscio di noce” di tre tonnellate, lungo nove metri, largo due e alto un metro al centro e, a prua e a poppa, un metro e sessanta. Il nome? “Leone di Caprera” in omaggio a Giuseppe Garibaldi, all’epoca una vera e propria star anche in Uruguay. Nessuno è disposto a scommettere un centesimo sulla riuscita impresa in quanto “con novantanove probabilità su cento, si tratta di rischiare la vita”. Un’impresa incredibile tra mille pericoli, senza cedere alla paura, forti di un’avvincente fiducia nelle loro capacità.
Questa, in rapida sintesi, la storia dell’impresa che è giunta a noi attraverso un diario scritto nel 1881 da Vincenzo Fondacaro e ripubblicato nel 1995 e nel 2002 da Giuseppe Galzerano con l’aggiunta di una esaustiva nota introduttiva. A distanza di venti anni il diario torna in libreria con una terza edizione. Diversi i motivi: per esprimere un sincero e riconoscente omaggio a tre uomini di grande coraggio (uno dei quali Pietro Troccoli, emigrato da Marina di Camerota, a Montevideo lavorava in un cantiere navale per cui contribuì anche alla realizzazione della piccola imbarcazione); perché le edizioni precedenti sono esaurite da tempo ma principalmente (ed è questo il terzo motivo) perché il nuovo volume (480 pagine), oltre al diario di Vincenzo Fondacaro contiene un nuovo saggio scritto dallo stesso editore con l’aggiunta dalla vasta rassegna stampa dell’epoca. Grazie al forte impegno profuso nel corso di lunghe e minuziose ricerche, Galzerano riesce a spiegare meglio le motivazioni dell’impresa e le modalità con le quali fu trattata dagli organi di informazione del tempo, sia italiani che stranieri (americani, argentini, francesi, inglesi, messicani, polacchi, spagnoli e uruguaiani). Ne è scaturita una maxi e interessante “rassegna stampa” (mi piace definirla così) che per la sua ricchezza acquista un valore straordinario se si considera che a quei tempi non c’erano Internet, il Fax e solo da pochissimi anni Antonio Meucci aveva inventato il telefono che pochi avevano la fortuna di utilizzare. “Consultando i giornali del tempo -scrive Galzerano- ricostruiamo le fasi dell’impresa nella ricorrenza del 140esimo anniversario. È un libro che sa di tempeste oceaniche, di solitudine, di salmastro, di coraggio, di follia, ed è anche una dichiarazione d’amore nei confronti del mare, elemento oscuro e meraviglioso, affascinante e misterioso”. Per la loro impresa i tre navigatori furono insigniti di medaglia d’oro dal re d’Italia. Vincenzo Fondacaro, dopo una fama enorme ma breve, nel tentativo di stabilire un nuovo primato, nel 1893 si inabissò con altri tre marinai nell’Oceano; Orlando Grassoni si stabilì in Italia, partecipò nel 1866 alla battaglia di Lissa (terza guerra di Indipendenza) e morì a Genova nel 1901. Pietro Troccoli dopo la traversata si recò a Caprera per consegnare a Garibaldi l’album con le firme degli Italiani emigrati in Uruguay e in Argentina dove le sue gesta non erano state dimenticate. Quindi, tornò al suo lavoro nei cantieri navali di Montevideo dove si spense nel 1939. E il Leone di Caprera? Dopo essere stato in esposizione a Livorno e a Camerota, è tornato a Milano nel Museo delle Arti e delle Scienze dove continua a far rivivere nell’immaginario collettivo le emozioni della “impossibile impresa”. Il libro di Galzerano è destinato a suscitare molto interesse.