Prima di affrontare il tema di questa settimana che è dedicato ad un ulteriore approfondimento dei problemi della zona che va dalla Stazione di Cappaccio-Roccadaside al Petrale ed oltre, mi corre l’obbligo di complimentarmi ancora una volta con Giancarlo (Giò) Capozzoli, che con lodevole spirito di iniziativa e con risorse personali e di famiglia ha dotato lo scalo ferroviario di un punto ristoro con relativa funzione di biglietteria ferroviaria. Un bravo di cuore, perché ha fatto tutto da solo, dando una lezione di civiltà all’intero territorio, istituzioni comunali comprese, da decenni latitanti nonostante il degrado da terzo mondo.
Nei lontani anni della mia giovinezza la strada dalla Stazione per Capaccio capoluogo ed oltre era un nastro rettilineo fino al Petrale: senza la barriera della variante a scorrimento veloce la pianura spaziava a perdita d’occhio verso le colline popolate di paesi, da un lato e dall’altro. Di fronte, la Madonna del Granato vegliava su uomini e campagne dalla balconata luminosa del Calpazio. Masserie e casali radi, scandivano i ritmi del lavoro con i sudori dei salariati a gonfiare il portafogli dei latifondisti nell’alternarsi delle stagioni e delle colture.
Oggi “il Rettifilo” è una contrada popolosa e vivace, con l’animazione civettuola delle attività commerciali e di servizi sul fronte strada e la paciosa aria di paese nell’interno, con orti e giardini ad arredo di case basse, linde, ordinate, lungo brevi rettangoli di vie a conquista di chiesa e/o ad incrocio di viale che ostenta con disinvoltura siepi di ulivi di geometrica fattura a guida verso l’Azienda Vannulo, santuario di prodotti di nicchia con l’oro bianco della mozzarella d’autore a farla da padrone. È, forse, la contrada più compatta delle tante della pianura. Sarebbe tempo di valorizzare un “territorio a quadrilatero” che trovi nella Stazione, nel Rettifilo, nell’Azienda Vannullo e nel Cafasso gli angoli di un raccordo fecondo, sempre che si bonifichi l’intera area con una funzionale rete stradale, a cominciare dalla valorizzazione dell’esistente, e si recuperi un patrimonio edilizio rurale in abbandono. La vasta contrada sarebbe, così, destinata ad un grande sviluppo se solo si attivassero i tanti contenitori esistenti inutilizzati, facendone un polo di eccellenza articolato e vario nella prismaticità dell’offerta, che spazi dall’agricoltura di qualità, al commercio di nicchia, ai Beni Culturali ed Ambientali, al recupero della civiltà contadina e della memoria storica. Quanti, soprattutto delle nuove generazioni, sanno che da queste parti ci fu un “cimitero di guerra” e, un po’ più giù, addirittura un tentativo di “aeroporto militare”!? (E l’ottimo e colto amico Enzo Di Sirio, che spesso mi legge, di questa recente pagina di storia è cultore e maestro). Quella stagione del nostro vissuto collettivo, “Operazione Avalanche” e “Sbarco degli Alleati“, è tutta da recuperare e potrebbe offrire una occasione straordinaria per attivare un filone turistico verso Inghilterra e Stati Uniti, che qui persero e seppellirono, anche se per breve tempo, i loro soldati caduti nella II Guerra Mondiale. Basterebbe istituzionalizzare un “Giorno della Memoria”, collocandolo a ridosso dell’8 settembre ed ipotizzando una serie di eventi sul tema. E sarebbe anche un modo per qualificare l’offerta turistica.
I territori indicati sono superabitati e potrebbero e, secondo me, dovrebbero costituire un UNICUM per dare vita ad una “città” degna di questo nome e che si estenda in modo razionale ed organico dal Petrale al mare della Laura e non solo. Ma sono divisi da una strozzatura, l’attuale STAZIONE FERROVIARIA, che imporrebbe una rivisitazione di ruolo e funzioni, proprio a servizio e supporto della nuova nascente “città del futuro”. Per renderla tale urgono tre o quattro interventi che qui di seguito sintetizzo: a) riuso del patrimonio edilizio esistente per dare corpo ed anima ad uno Scalo Ferroviario degno di questo nome; b) sistemazione dello spazio che va fino al Liceo Scientifico, ridisegnandolo con piazza ampia dotata di una serie di servizi (bar, ristoranti, infopoint, saloni di esposizioni dei prodotti tipici del territorio, edicola, libreria anche a supporto degli studenti del Liceo scientifico che se sono bene informato toccano quasi i mille, stazione di arrivo e partenza dei pullman da e per i paesi dell’interno fino a Laurino, Piaggine e Sacco, da un lato e a Stio, dall’altro; c) stazione di taxi, ecc. E sì, perché lo scalo oggi si presenta come un “indecoroso regno del degrado”.
L’idea non è priva di fascino, ma di difficile realizzazione, perché implica battaglie generose contro le resistenze, che non mancheranno, nel territorio e, soprattutto contro un colosso come le Ferrovie, che dovrebbe impegnare fondi notevoli per realizzarla. Spero che tra i 6, dico SEI, candidati/sindaco ce ne sia qualcuno che disponga di un colpo d’ala per VOLARE ALTO e di inventiva e creatività per PENSARE ALLA GRANDE e di legittima ambizione per non vivere nella e della routine della quotidianità della cronaca ma per CONSACRARSI ALLA STORIA, come Paestum consiglia e consente. Vorrei tanto che succedesse!!! Così come vorrei che si tenesse conto che non c’è soluzione di continuità, ormai, tra gli insediamenti abitati del Rettifilo e del Petrale, che è, da sempre, approdo e snodo di strade, quella d’acqua del fiume, che ferisce e feconda i campi, quella che penetra verso Spinazzo e il Varco Cilentano e, ancora, quella che, in comodi tornanti, scala la collina verso il capoluogo e quella, infine, che galoppa spedita alla conquista di Seude, Vuccolo Maiorano, Tempa San Paolo e Scigliati, isole di un arcipelago senza raccordi e connessioni. Analoga riflessione va fatta del vasto territorio, che, dal Petrale a Ponte Barizzo, si articola in masserie poderi e piccoli borghi rurali e che è venuto alla ribalta della cronaca di recente per la ipotesi della costruzione di una centrale a biomassa, che ancora ha molti punti oscuri da chiarire e complicità, casuali o sospette, su cui, comunque, accendere i riflettori.