Quasi cento anni di proposte, di dibattiti e di polemiche non hanno prodotto un diverso assetto del territorio della parte meridionale della provincia di Salerno: Provincia del Cilento, Grande Lucania, sesta provincia campana; terza provincia lucana; provincia interregionale attraverso l’unione di comuni di Campania, Basilicata e Calabria, Città Vallo e Comune Unico del Vallo di Diano, almeno finora, sono tutte iniziative rimaste sulla carta. Proposte nate allo scopo di dare un nuovo e diverso assetto politico-amministrativo al territorio del Cilento e del Vallo di Diano invocando nella maggior parte dei casi la cosiddetta “Lucanità” della parte meridionale della provincia di Salerno: del resto l’antica Lucania Occidentale arrivava fino al Cilento costiero. Finora, però, sono tutte naufragate sul nascere. I motivi? Sono tanti ma quello principale è dato, probabilmente, dalla scarsa capacità di discutere e decidere dimostrate dalla classe politica che avrebbe dovuto supportare e realizzare tali processi.
L’ultimo assetto del territorio risale al Decennio Francese (1806-1815) quando furono ridisegnati i confini delle province del Regno di Napoli (Regno delle Due Sicilie per i Borbone) e diversi comuni della provincia di Principato Citra (tra i quali ricordiamo Moliterno, Brienza, Sasso di Castalda, Balvano, Vietri di Potenza e Saponara) furono assegnati alla provincia di Basilicata. Si trattò di una suddivisione fatta a tavolino ma è evidente che se all’epoca il ministro Pignatelli avesse spostato leggermente la linea un po’ verso sinistra della cartina geografica utilizzata l’intero Vallo di Diano sarebbe entrato a far parte della provincia di Basilicata.
Iniziamo il nostro breve viaggio conoscitivo dal tentativo di dare vita alla “Provincia del Cilento”, con capoluogo Vallo della Lucania, che risale al 1928, cioè durante il Fascismo. Il progetto, però, si consuma di inedia tra l’indifferenza generale. Si arriva al 1980: l’avvocato Benito Imbriaco riprende l’iniziativa attraverso il Movimento Cilento da lui fondato. Promuove una serie di incontri nel Cilento ma anche nel Vallo di Diano e illustra il suo progetto in un libro ritenendo che la nuova provincia debba comprendere anche il Vallo di Diano. Il progetto viene presentato in Parlamento da Lino Duilio, un deputato di origini cilentane trapiantato ed eletto al Nord. Anche stavolta, però, nonostante l’impegno profuso, l’idea non sfonda: su Facebook il Movimento Cilento racimola meno di mille like.
Nell’ottobre del 2006 nasce il “Comitato Promotore Grande Lucania”. Ne fanno parte, tra gli altri, l’architetto Tiziana Bove Ferrigno di Padula, il giornalista Pasquale Scaldaferri di Sapri ed un gruppo di amministratori dei due territori. Ideologo del Comitato è il sostituto procuratore presso la Corte dei Conti, Raffaele De Dominicis. “È imprescindibile -argomenta il magistrato- il coinvolgimento delle istituzioni comunali e delle Regioni interessate, anche se successivamente all’esito referendario consultivo aperto a tutti i residenti dei comuni che intendono distaccarsi dalla regione di origine”. Tre le condizioni individuate per il successo dell’iniziativa: coraggio, volontà, determinazione”. Anche in questo caso, però, l’iter prosegue a fatica per poi finire nel dimenticatoio.
Della provincia del Cilento si torna a parlare negli anni ’90 a seguito di iniziative presentate dai parlamentari Francesco Auleta, Flora Calvanese e Michele d’Ambrosio; da Antonio La Gloria e da Antonio Valiante e Gabriele De Rosa. Ci prova anche il sen. Roberto Napoli con un disegno presentato nell’ottobre del 1999. Sempre negli anni ’90 altri due parlamentari, Antonio Oricchio e Leo Borea, ripropongono il progetto della nuova provincia. Il sen. Borea, però, è più ambizioso: non si accontenta della provincia del Cilento ma propone anche una provincia interregionale che veda insieme i cento comuni del Cilento, otto comuni dell’alta Calabria (Scalea e paesi vicini) e cinque della Basilicata (con in testa Lagonegro e Maratea).
Nemmeno il Vallo di Diano è rimasto a guardare e, oltre al tentativo di entrare a far parte di una ipotetica “Terza provincia lucana”, ha puntato tutto prima sulla “Città Vallo” (a partire dagli anni ’70) e negli ultimi venti anni sul “Comune Unico del Vallo di Diano”.
L’idea di dare vita alla “Città Vallo di Diano” per unire i comuni del comprensorio nasce nel 1970 dalle menti fertili di alcuni amici e sorprende per la sua singolarità: un piccolo aereo sorvola la vallata lanciando volantini che annunciano la nascita di un giornale mensile dopo decenni di silenzio editoriale. Col volantino si invitano “gli ingegni più attivi e le menti più entusiastiche ad aderire ad una iniziativa attesa da più parti con vivo interesse”. I tre amici sono Vincenzo Curcio, Luigi Pica e Gerardo Ritorto, di diversa estrazione politica ma uniti dall’amore per la propria terra. Ai promotori si aggiungono ben presto Enzo Vacca, Pasquale Petrizzo ed il sen. Enrico Quaranta. Il giornale si chiamerà “Il Vallo, una sola città” e diventerà lo strumento attraverso cui si inizia a discutere del progetto per dare vita ad una “Città senza centro e senza periferia”. Particolarmente accattivante lo slogan: “Se tutti i paesi del Vallo si dessero la mano…”. Una città senza periferia né fisica né culturale perché ogni quartiere è centro con una sua funzione che è parte di un contesto civile ed urbano che esclude ogni marginalità. L’idea della Città trova casa presso la Comunità Montana del Vallo di Diano la cui sede fu stabilita presso la Certosa di Padula, considerata l’agorà, la piazza della nascente città. Nel programma delle attività comunitarie del 1976 si legge: “La Comunità Montana del Vallo di Diano è un raro esempio di zona veramente omogenea. Se si opera con impegno e lungimiranza si potrà veramente dare vita alla Città del Vallo di Diano”.
Il progetto, però, necessita di contenuti e, a tal fine, vengono coinvolti due archistar, Paolo Portoghesi (Preside della Facoltà di Architettura di Roma e Presidente della Biennale di Venezia) e Uberto Siola (Preside della Facoltà di Architettura di Napoli) che, però, dopo l’entusiasmo iniziale, abbandona il progetto.
Paolo Portoghesi illustra il suo progetto nel volume “Il progetto della Città Vallo di Diano”. Dopo avere ricordato le vicende dei villaggi dell’Attica illustrate da Tucidite scrive: “L’idea della Città del Vallo di Diano, ipotesi di una città policentrica, è sorta come rivendicazione da parte degli abitanti e amministratori dei paesi del Vallo di una identità collettiva precisa, più ampia di quella che possono identificare i confini di un singolo paese… Questa città esiste già nelle coscienze dei suoi abitanti almeno come aspirazione e come ipotesi ed il progetto che qui presentiamo, facendo leva su questo patrimonio ideale, vuole stabilire un programma di limitate trasformazioni del territorio capaci di far diventare la città una realtà concreta…Gli attuali centri abitati manterranno la propria identità ed il proprio ruolo ma i loro accrescimenti e le iniziative tendenti a dotare la comunità di servizi sociali, saranno programmati in funzione degli interessi comuni”. Purtroppo, anche a causa della scomparsa di Gerardo Ritorto ed Enrico Quaranta (rispettivamente nel 1982 e nel 1984) l’idea non si è concretizzata.
Cinquant’anni dopo possiamo affermare che, seppure pieno di validità e di fascino, il progetto “Città Vallo”, così come concepito, non si è concretizzato anche perché era portatore di un peccato originale: era stato ideato, adottato e portato avanti da una sola parte politica, senza percorrere quella che oggi viene definita la strada della concertazione.
Forse (e lo affermo con profonda amarezza) che sono stati proprio l’individualismo, il campanilismo e le polemiche tra i partiti e nei partiti a frenare non soltanto il progetto Città Vallo ma anche la crescita del Vallo di Diano. In quei frangenti il Vallo non è stato capace di unire tutte le forze e fare fronte comune. E’ in grado di farlo oggi? Alcune vicende degli ultimi venti anni non inducono né all’ottimismo della volontà né a quello della ragione per assimilare un concetto che possiamo riassumere in due parole: “Vallo unito”, come auspicava il sottotitolo del periodico fondato nel 1974. Questa è la storia della Città Vallo. È rimasta una aspirazione, un’idea dalla quale nel 1999 ha preso vita il progetto di dare vita al “Comune Unico del Vallo di Diano” a cui è dedicato un apposito articolo in questo stesso numero del giornale.
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