Dadone, Brunetta e lo smart working
La grande rivoluzione culturale della Dadone ridotta a eccezionalità e lumicino da Brunetta. Le nuove linee guida dello smart working: regolarizzazione del contratto, organizzazione del lavoro per obiettivi, monitoraggio dei risultati, verifica della soddisfazione dell’utente. In futuro sarà facilitato, nella quota del 15% con e senza il Pola, l’accesso allo smart working ai genitori con figli minori di 3 anni o disabili e ai dipendenti con disabilità. Oggi l’uso del lavoro agile è ancora massiccio nella maggior parte degli uffici, con punte che superano il 50%. Tanti torneranno in sede il prossimo 15 ottobre, ad eccezione dei fragili. Dal 1° gennaio 2022 il limite massimo sarà al 15%.
La percentuale del lavoro agile, a ottobre 2020, del personale della pubblica amministrazione era di “almeno al 50%”. Le amministrazioni dovevano essere però dotate di adeguata capacità organizzativa e tecnologica e capaci di assicurare percentuali più elevate possibili di lavoro agile, garantendo comunque l’accesso, la qualità e l’effettività dei servizi ai cittadini e alle imprese. Col nuovo Dpcm contro il Covid, la ministra Fabiana Dadone fornì queste e altre indicazioni sullo smart working. Il decreto dettava anche indicazioni in merito alla durata; veniva garantita massima flessibilità di lavoro con turnazioni e alternanza di giornate lavorate in presenza e da remoto, comunque nel rispetto delle misure sanitarie e dei protocolli di sicurezza, anche prevedendo fasce di flessibilità oraria in entrata e in uscita. “Dobbiamo evitare – scrive la Dadone, un nuovo lockdown generalizzato. I cittadini e le imprese non possono scegliere se rivolgersi o meno alle Pa e per questo è importante coniugare le esigenze di salute e sicurezza di tutta la nostra comunità con la necessità di garantire servizi sempre accessibili e di qualità. Questo deve essere chiaro: è la sfida che attende ogni amministrazione e ogni singolo dipendente pubblico del Paese”. Venivano, fra le misure, adeguati i sistemi di misurazione e la valutazione della performance alle specificità del lavoro agile per verificare l’impatto sui servizi e le attività e si monitoravano le prestazioni rese in smart working anche in base alle segnalazioni di utenti e imprese”. Il lavoro agile così veniva indicato:”senza vincoli di orario e luogo di lavoro, ma può essere organizzato per specifiche fasce di contattabilità senza maggiori carichi di lavoro. Ai lavoratori sono garantiti tempi di riposo e diritto alla disconnessione. Chi è in quarantena o fragile può comunque svolgere il lavoro agile. Le amministrazioni si adoperano per mettere a disposizione i dispositivi informatici e digitali ritenuti necessari, ma comunque rimane consentito l’utilizzo di strumentazione di proprietà del dipendente. Per la rotazione del personale gli enti dovranno fare riferimento a criteri di priorità: condizioni di salute dei componenti del nucleo familiare del dipendente, presenza di figli minori di 14 anni, distanza tra la zona di residenza/domicilio e la sede di lavoro, numero e tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati e relativi tempi di percorrenza” Ulteriori criteri di priorità consideravano anche le condizioni di salute dei componenti del nucleo familiare del dipendente, della presenza di figli minori di quattordici anni, della distanza tra la zona di residenza o di domicilio e la sede di lavoro, ma anche del numero e della tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati e dei relativi tempi di percorrenza. come si legge nella nota del ministero. Data poi l’importanza della continuità dell’azione amministrativa e della rapida conclusione dei procedimenti, vengono definite fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita rispetto a quelle adottate. Dallo scorso autunno, allo scorso inverno. All’inizio del 2021si parlava di miglioramento di efficacia lavorativa. Qualcuno, malgrado critiche e mutamenti attuali, intanto aveva tracciato innovazione e storia con il lavoro agile, assumendo un comportamento reattivo contro una crisi pandemica senza precedenti. Si tratta proprio della Dadone e di quel Governo ormai passato. Campagna diffamatoria e difficoltà, comunque, non mancarono allo smart working di allora.“I dipendenti pubblici, di contro, riferiva la Dadone, promuovono a pieni voti lo smart working e, da ministro che lo ha fortemente voluto come strumento di contrasto alla crisi pandemica, non posso che esserne orgogliosa! Siamo stati i primi al mondo a utilizzare questa modalità di lavoro con percentuali inimmaginabili pochi giorni prima. Non è stato facile per me, sono stata ostacolata in ogni modo, ma non ho mollato. Non è stato facile per i dipendenti pubblici, sono stati ostacolati in ogni modo da una poderosa campagna diffamatoria e dalle difficoltà quotidiane, ma non hanno mollato! Nonostante tutto, un grande successo, una grande rivoluzione culturale! Il sondaggio di Forum Pa dice che il 69,5% ha potuto organizzare e programmare meglio il lavoro e il 34,9% ha operato in un clima di maggior fiducia e responsabilizzazione. Inoltre, lavorare da casa non ha significato smettere di essere produttivi: per il 41,3% dei dipendenti Pa, l’efficacia lavorativa è migliorata. Abbiamo fatto la storia reagendo a una crisi senza precedenti con idee innovative: non ci sarebbe stata la possibilità di tutto ciò senza lo spirito e la ventata di freschezza portati al Governo del Paese dal Movimento 5 stelle. L’88% di adesione a queste idee da chi tutti i giorni lavora per l’Italia mi riempie di gioia, non sono certo queste le percentuali di chi non coglie le istanze del Paese reale. Avanti a testa alta”.
Dall’adempimento al risultato, dalla procedura ben fatta al servizio ben erogato, dalla scartoffia in ordine alla soddisfazione dei cittadini. Ne era convinta la Dadone. E così convinta riportava il suo pensiero nelle sue note. Lo smart working a regime contribuirà a rendere più flessibile l’organizzazione del lavoro pubblico e la Pa potrà ambire davvero a essere traino d’innovazione per tutto il Paese. Perché al cittadino non interessa tanto da dove il lavoratore eroga il documento o rilascia il nullaosta, conta che quel certificato arrivi con tempestività, che il permesso giunga nei tempi attesi. Abbiamo calcolato i primi risparmi da lavoro agile in questo 2020 così difficile, scriveva, parliamo di oltre 50 milioni di euro: una cifra, voglio precisarlo, parziale e che per ora riguarda soltanto i ministeri. Non sono soldi su cui le amministrazioni devono fare cassa, ma, come abbiamo già proposto, sono i primi benefici materiali di una organizzazione diversa che a regime cambierà ancora e che, in un circolo virtuoso, devono tornare ai lavoratori, agli uffici, all’organizzazione stessa. Ecco perché, precisava ho proposto che vadano alla contrattazione integrativa: questo significa incentivare la produttività, spendere di più in formazione o magari allargare il welfare integrativo a maggiore tutela degli stessi dipendenti, migliorando anche la possibilità di conciliare i tempi di vita e di lavoro. Il Pola è uno strumento flessibile che la dirigenza pubblica avrà in mano per attivare questo circolo virtuoso, che finirà per esaltare anche il valore del lavoro dei dirigenti stessi. Lo smart working non è la panacea di tutti i mali della Pa, ma può aiutare ad avvicinarla ancora di più ai bisogni del Paese reale. Una scommessa di fronte a un mondo che cambia, che possiamo e dobbiamo vincere. Tutti insieme. Aziende e Pubblica amministrazione, con la Dadone, hanno visto nascere uno smart working,come un’opportunità di favorevole cambiamento e in maniera esponenziale nel culmine della pandemia Covid-19 che ha segnato il 2020. Renato Brunetta, attuale Ministro per la Pubblica Amministrazione nel Governo Draghi, da qualche tempo ha annunciato una revisione della normativa sull’applicazione del lavoro agile negli uffici pubblici. Lo smart working nella Pubblica Amministrazione è stato il riscontro alla emergenza secondo Brunetta: “risposta emergenziale al lockdown, ma non ha garantito i servizi pubblici essenziali, è senza contratto, senza obiettivi, senza tecnologia e senza sicurezza; è un “lavoro a domicilio all’italiana“. A suo dire occorre garantire “una maggiore flessibilità organizzativa, e avendo come obiettivo la riorganizzazione della Pubblica Amministrazione in modo che diventi “un grande catalizzatore della ripresa, del Recovery. Chi mi ha preceduto – ha spiegato, riferendosi a Fabiana Dadone, (M5S), adesso ministro delle Politiche Giovanili – ha deciso quote di utilizzo per lo smart working nella pubblica amministrazione ma è quanto di peggio si possa fare perché l’uso va visto sulla base dell’efficienza e della produttività per i miei clienti, è senza senso dare una percentuale. Lo smart working è stato meglio di niente nel perimetro emergenziale. Ora dovrà essere regolato nei nuovi contratti, ma tenendo conto di tre condizioni: che migliori l’organizzazione del lavoro, e la soddisfazione dei dipendenti e degli utenti”. Oggi, a inizio anno scolastico, dichiara Brunetta “Con la vaccinazione di massa il rientro al lavoro sarà sicuro”. Dal 15 ottobre la regola sarà la presenza e il lavoro agile una eccezione. Lo smart working viene così perimetrato: “Il lavoro agile avrà quattro condizioni, che dettaglieremo in un decreto ministeriale e in apposite linee guida: la regolarizzazione del contratto, alla quale sta lavorando l’Aran con i sindacati, un’organizzazione del lavoro per obiettivi e monitoraggio dei risultati, una piattaforma tecnologica dedicata e sicura e la verifica della customer satisfation. Lo smart working sperimentato sinora nella Pa è stato utile nell’emergenza, ma non è stato un vero lavoro agile e questo si realizzerà nel momento in cui le amministrazioni avranno predisposto una piattaforma informatica che garantisca la sicurezza dei dati di chi lavora da remoto e dovranno fornire i device ai loro dipendenti e dovranno tener conto della soddisfazione degli utenti, oltre a garantire lo smaltimento degli arretrati, perché lo smart working si può fare solo se migliora i servizi e l’efficienza dell’amministrazione e l’unico tetto sarà quello del 15%, ma solo per le amministrazioni che adottano il piano”. Si torna, dunque alla normalità: addio alla soglia minima del 50% per lo smart working nella Pubblica amministrazione. Fino alla definizione della disciplina del lavoro agile nei contratti collettivi del pubblico impiego, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, le amministrazioni pubbliche potranno continuare a ricorrere alle modalità semplificate relative al lavoro agile, ma sono liberate da ogni rigidità. È la novità del decreto legge “proroghe” approvata oggi in Consiglio dei ministri su proposta del ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta. “Facciamo tesoro della sperimentazione indotta dalla pandemia e del prezioso lavoro svolto dalla ministra Dadone – sottolinea il ministro – per introdurre da un lato la flessibilità coerente con la fase di riavvio delle attività produttive e commerciali che stiamo vivendo e dall’altro lato la piena autonomia organizzativa degli uffici. Fino a dicembre le amministrazioni potranno ricorrere allo smart working a condizione che assicurino la regolarità, la continuità e l’efficienza dei servizi rivolti a cittadini e imprese. Un percorso di ritorno alla normalità, in piena sicurezza, concordato con il Comitato tecnico-scientifico e compatibile con le esigenze del sistema dei trasporti”. A regime, dall’inizio del 2022, la norma conferma l’obbligo per le amministrazioni di adottare i Pola (Piani organizzativi del lavoro agile) entro il 31 gennaio di ogni anno, riducendo però dal 60% al 15%, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, la quota minima dei dipendenti che potrà avvalersi dello smart working. Il Presidente del Consiglio Draghi ha recentemente firmato il Decreto. Stop allo smart working il 15 ottobre. La modalità in presenza torna ordinaria. Mentre la trattativa prosegue con le forze sindacali, Brunetta annuncia: “Entro gennaio 2022 ogni ente dovrà presentare un piano sul lavoro agile. Puntiamo a dare regole certe per aumentare l’efficienza dei servizi”. “Dopo il 15 ottobre si tornerà in presenza, con gradualità. La novità è che una volta che avremo predisposto le condizioni per uno smart working vero, che partirà da gennaio, ogni amministrazione potrà organizzarsi come crede, sulla base del contratto e della volontà individuale dei lavoratori”. Fino al 31 dicembre, in ogni caso, lo smart working è garantito alle categorie “fragili”, ed a quei lavoratori che hanno figli disabili o di età inferiore ai 14 anni. Sarà facilitato l’accesso allo smart working ai genitori con figli minori di 3 anni o disabili e ai dipendenti con disabilità. Non sarà concesso il lavoro agile a chi pratica lavori in turno e quelli che richiedono l’uso costante di strumentazioni non remotizzabili. Sarà necessario un accordo individuale scritto con orari, giornate in smart working e in ufficio, sede remota (non all’estero). Il contratto prevede inoltre 3 fasce di lavoro remoto: operatività, contattabilità e inoperabilità. Durante quest’ultima fascia il lavoratore non è tenuto a leggere mail, rispondere a telefonate e messaggi e a collegarsi al sistema. Oggi l’uso del lavoro agile è ancora massiccio nella maggior parte degli uffici, con punte che superano il 50%. Tanti torneranno in sede il prossimo 15 ottobre, ad eccezione dei fragili. Dal 1° gennaio 2022 il limite massimo sarà al 15%.
Emilio La Greca Romano