GAL è l’acronimo di Gruppo di Azione Locale, un soggetto (generalmente un gruppo costituito da soggetti pubblici e privati o direttamente da una società consortile) che ha l’obiettivo di favorire lo sviluppo di un’area rurale. Questa è una buona notizia. Io però confesso di aver sentito poco parlare di GAL in questi anni soprattutto nel nostro comprensorio. Qualche volta, su manifesti sbiaditi di pubblicità, ho visto qualcosa, qualche misura qui e lì per finanziare lo sviluppo rurale, ma questo consorzio è sempre apparso ai miei occhi come un carrozzone politico per sistemare qualcuno. Gli amici degli amici che spingono il carrozzone che alla fine va avanti da sè. Eppure sul loro sito leggo che: “L’area di intervento del GAL è localizzata nel meridione della provincia di Salerno e comprende 44 comuni. Il territorio è incluso per il 74,4% nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, e per il restante 25,6 % nelle Aree Contigue dello stesso. La regione d’interesse si estende, con orientamento nordovest-sudest, da Punta Tresino al Golfo di Policastro e rappresenta un sistema geologico ben definito che comprende gran parte della costa cilentana e si inoltra verso l’interno fino a comprendere gran parte dei massicci del Monte Sacro e del Monte Cervati”. Qui il problema si fa cupo. Il GAL si dovrebbe occupare dello sviluppo rurale soprattutto nelle zone desertificate abitativamente. In questi quindici anni di attività, cosa ha fatto in tal senso il GAL? E’ una domanda che faccio agli addetti ai lavori. C’è un’Italia minore per dimensioni, che lotta per non sparire. Un’Italia che sta sparendo, ma se sparisce crolla il senso della Nazione, nata dai Comuni del trecento. A salvare questo piccolo mondo antico, quali azioni possono essere messe in campo? La parola d’ordine è trasformare i limiti come opportunità. La prima sfida è superare il gap digitale. Questo permetterà di superare le distanze fisiche e in tempi di smart working, consentire a chiunque di guardare la campagna e la montagna dalla finestra, ma non per questo non interloquire con il resto del mondo. Quello che a gran voce i piccoli comuni invocano è una politica nazionale, per il sistema locale. Abbiamo bisogno di un GAL che con altre Istituzioni collabori per invertire il flusso delle partenze e portare nuove famiglie in quelle aree non urbane, comuni interni, periferici, rurali, di piccole dimensioni. Il GAL CASASTRA ,come gli altri GAL in Italia,serve ma deve essere migliorato e reinvetato, gestito da manager e non da politici riciclati.
Roberto Scola