Le arti marziali cinesi, chiamate anche kung fu o wushu, sono patrimonio ed eredità della cultura e della tradizione del popolo cinese. I film di Bruce Lee, icona del genere, ebbero un forte impatto sul pubblico occidentale e stimolarono l’interesse verso il kung fu, ma la disciplina non poté incontrare la domanda a causa delle gravi condizioni sociopolitiche cinesi. Si diffusero pertanto maggiormente le arti marziali di altri paesi asiatici, soprattutto Giappone (Judo, karate, Aikido) e Corea (Taekwondo). Dalla metà degli anni ’80 le autorità cinesi organizzarono corsi speciali per stranieri e diedero l’opportunità ad atleti ed insegnanti cinesi di recarsi all’estero per insegnare. A questa iniziativa seguì la pubblicazione di una serie di materiali didattici e divulgativi, cartacei e video, nelle principali lingue occidentali. Nel 1985 si costituì a Bologna la European Wushu Federation (EWF).
Il wushu è ricco di leggende: si racconta che Bodhidharma (monaco inventore) ottenne l’illuminazione dopo nove anni di meditazione in una grotta presso il monastero di Shaolin. Dopo anni dalla sua dipartita alcuni monaci rinvennero casualmente in una parete della grotta uno scrigno con un suo manoscritto nel quale li istruiva in alcuni esercizi ginnici adatti a rinforzare i lori corpi. I monaci ne ricevettero grande beneficio e svilupparono in seguito un’arte marziale grazie alla quale poterono difendersi dai briganti e dalle belve feroci.