Un appello per recuperare ciò che ancora rimane delle tracce di Petelia, l’antica capitale confederale delle tribù lucane inoltrate nel Cilento profondo e che intorno all’anno Mille conobbe un suo rigoglio intorno al monte della Stella. E’ l’appello di studiosi ed appassionati al quale ha dato eco Alessandro Giordano, curatore del sito Cilento Reporter. Sotto accusa è la costruzione, nel dopoguerra di una base militare poi passata all’Enav, per la sorveglianza aerea. E’ proprio alle costruzione delle opere necessarie a questa struttura che viene imputata la cancellazione di gran parte delle antiche mura di fortificazione e grosse di pietre tipo megaliti, di neviere usate fino a due secoli fa, con pozzi e cisterne d’acqua. Gran parte del sito archeologico sarebbe stato fatto sparire. Il resto lo ha fatto la fitta vegetazione che si sarebbe impadronito di gran parte dell’area. Agli atti oggi rimane la tesi di laurea dell’archeologo Marco Castelnuovo che all’inizio degli anni Novanta censisce il poco che rimane. Petilia o Petelia sarebbe stata un’antica città capitale delle tribù confederate dei Lucani, situata sul vertice del Monte Stella nel Cilento. Sulle sue pendici si trovano i comuni di Stella Cilento, Sessa Cilento, Omignano, San Mauro Cilento, Pollica e Serramezzana.
La cima del monte è sede di una ex base Loran tuttora utilizzata dall’ENAV per controllare il traffico aeronavale dei settori Est del Tirreno Centrale e del Tirreno meridionale. Il radar in questione è caratterizzato da una grande cupola bianca, ed essendo posta sulla cima, visibile in tutto il circondario. Più volte il tutto è oggetto di discussione e apprensione nelle comunità locali per le accuse legate all’elettromagnetismo. Questa fortezza si sarebbe chiamata Lucania fino al 1008 e Cilenti o Castellum Cilenti dal 1031 e avrebbe dato il suo nome rispettivamente all’omonimo Gastaldato di Lucania e all’intera regione del Cilento. L’archeologo Castelnuovo ricorda poco.“La vegetazione particolarmente fitta ed abbondante non mi ha permesso la ricostruzione dell’intera estensione del sito. Sorprendentemente tuttavia ho rinvenuto dei dati di natura certamente antropica che potrebbero essere messi in relazione ad un’epoca precedente la venuta storica dei Lucani nella zona del Cilento”.
Gli innumerevoli sentieri che si snodano lungo le sue pendici, consentono anche agli appassionati meno esperti, di ammirare una natura incontaminata caratterizzata da un’enorme varietà di specie animali e vegetali, nonché di godere di una delle viste più belle del Cilento. Gli audaci che riescono a raggiungere la vetta, sono premiati dal panorama mozzafiato sul mare e sulle verdi colline cilentane e anche dalla possibilità di visitare la chiesetta dedicata alla Madonna del Monte Stella, risalente all’anno Mille. Il dibattito tra gli studiosi, fin dai tempi più antichi, non ha portato a conclusioni univoche ma si è d’accordo che si trova di fronte al centro principale del gastaldato di Lucania detto poi Cilento.Sin dal ‘700 si è supposto che già in tempi remoti il luogo accanto all’attuale chiesa mariana fosse stato abitato. Scavi condotti nel 1945 rivelarono in effetti i resti di un villaggio, ma essi sono andati perduti negli anni ’70 dopo i lavori per la realizzazione di una base militare e la posa di antenne e ripetitori. E’ comunque noto che al Principato di Salerno , dopo la decennale guerra civile che lo separò da Benevento, era toccato anche un gastaldato nominato Lucania. Di quest’ultimo non è mai stata chiarita la posizione esatta, né l’estensione, ma una delle ipotesi ritiene che il suo centro nevralgico fosse proprio il sito del M.Stella. Quello del Monte Stella è uno dei 7 santuari maggiori cilentani (le “Sette Sorelle”) dedicati alla Madonna. Lungo il sentiero delimitato da macchia boschiva si aprono piacevoli vedute sia sul mare ad ovest, che verso il Cilento interno ad est, con in particolare ben individuabili le principali vette (Gelbison, Chianiello e le Rupi, Cervati,…) e l’invaso artificiale di Piano della Rocca, sul fiume Alento. A metà percorso sul sentiero ci si imbatte inoltre nelle Pietre ru Mulacchio, appellativo che gli antichi cilentani davano ai figli illegittimi, una serie di monoliti addossati alti circa sette metri, probabile luogo di antichi culti italici.QUANDO PETELIA BEFFO’ POSEIDONIA MA NE RESTO’ BEFFATA
Petelia, Velia e Poseidonia. Tra i lucani di Petelia e i pestani c’era un patto di mutua difesa contro Velia. I velini e i lucani non simpatizzavano tra di loro. L’alleanza era nelle cose, imposta dalle reciproche convenienze. Però non funzionò. La storia è stata riportata alla luce dallo studioso capaccese Gaetano Puca partendo da una leggenda popolare. I greci erano forti e potenti sul mare, mentre i lucani erano invincibili sulla terra ferma. I lucani erano bravi nell ´organizzare le imboscate e nei combattimenti corpo a corpo. I greci tenevano sotto controllo la città di Velia, avevano rafforzato tutte le colline e la città di Petelia. In questo modo riuscivano a controllare Velia e tutto l´arco costiero che va da Palinuro a Salerno. La comunità dei lucani di Petelia strinse un patto di amicizia con i pestani, allora Poseidonia, stabilendo di accendere un fuoco in caso di assalto dei velini. Una notte i petelini, volendo mettere alla prova la fedeltà dei Pestani, accesero il fuoco come convenuto.
I pestani, avvistato il segnale, subito accorsero. Trovarono la città non assediata, ma in festa. Allora, finsero di accettare lo scherzo promettendosi di non cadere più nell´ inganno. Dopo poco tempo Velia assalì la città di Petelia. I petelini rifecero il segnale convenuto, i pestani credendo che fosse uno scherzo, non corsero in aiuto. Allora la città di Petelia fu distrutta e rasa al suolo.
Questo racconto ricorda la favola ” al lupo “. Il pericolo è sempre in agguato. Bisogna stare attenti e, soprattutto non scherzarci sopra. non scherzare. I lucani, avvezzi all´imboscate, rappresentano il cattivo, il burbero, la forza. Velia che riuscì a trattenere l´avanzata dei lucani, simboleggia l´intelligenza e l´eleganza. E´ necessario guardarsi anche dagli amici affinchè possano avere fiducia. Forse allora nacque il proverbio “Dai nemici mi guardo io, dagli amici Dio”.
Oreste Mottola