Nel deserto politico in cui ci ritroviamo il rito del voto appare un arcaico ricordo, un orpello della democrazia che consente al cittadino di andare a ratificare ciò che i sondaggio hanno già consacrato ed in tanti casi provocato.
È una bella giornata, oggi 4 marzo del 2018, data in cui siamo chiamati a scegliere il nostro futuro affidando le nostre aspettative a partiti o coalizioni di partiti che si contendono il governo dell’Italia per i prossimi 5 anni.
Scelgo di recarmi al solito seggio in auto, il tempo non promette così bene da poterci consentire di andare a piedi come facciamo di solito io e Gina imboccando il sentiero pedemontano che va da Seude a Fonte.
Nei dieci minuti che impiegano per arrivare, ricordiamo l’uno all’altro le regole del voto introdotte con il nuovo sistema elettorale. Non facciamo cenno alla scelta che faremo quando saremo nella cabina con le due schede in mano. Sappiamo, ovviamente, come la pensiamo in merito ai soggetti nazionali che imperversano tracimando da ogni schermo televisivo e occhieggiando dalle pagine FB e i tanti siti che consultiamo.
Al seggio c’è un carabiniere di guardia è un elettore davanti a noi, tre giovani scrutatori impegnati a ripassare le modalità di approccio al voto, uno in piedi che preleva le schede da un convenire e le passa ad uno dei tre. Il presidente è seduto in modo indolente su una sedia, non saluta, ma pare avere tutto sotto controllo.
Passato il vaglio dei documenti e del riconoscimento, mi vengono consegnate le due schede, una per la Camera, l’altra per il Senato.
Mi avvio alla cabina, il quarto lato che fa da ingresso è protetto da due panni di colore grigio. Ne scosto uno leggermente per assicurarmi che è libera e poi entro deciso. Poggio le due schede sulla mensola, deposito anche la matita. Sento il peso del momento, penso a quanto è costato a tanti per ottenere questo privilegio per me. Non posso non esprimere gratitudine per quanti hanno spinto così avanti la storia dei rapporti tra gli uomini e le donnee il potere. Mi fa specie il pensiero che c’è chi non esercita un diritto così essenziale per un cittadino e mi fa orrore chi lo svende per poi spiccioli ritenendolo inutile.
Leggo i nomi e controllo i simboli dei partiti a loro collegati, segno con la croce il simbolo del partito che ho scelto di votare e ripiego la prima scheda. Ripeto l’operazione con la seconda. Raccolgo il tutto, ma mi fermo ancora un attimo a pensare prima di spostare le tendine che proteggono la mia riservatezza …
Mi chiedo quanti altri che sono entrati nella cripta della democrazia ed hanno esercitato il loro diritto possono aver pensato ai martiri della Resistenza che si immolarono per liberare l’Italia schiacciata sotto il le leggi che consentivano al solo partito al potere di presentarsi alle elezioni? E quanti sono gli altri che in questo stesso giorno votano per i “nipotini” di quei gerarchi che fecero strame delle libertà individuali e che a quel mondo ispirano la loro azione politica?
Esco dalla cabina, restituisco le schede e la matita. Ritiro il certificato elettorale, saluto ed entro nell’atrio della scuola.
Rialuto il carabiniere che vigila per conto dello stato, saluto un paio di persone che entrano nel seggio … guardo il tricolore e mi coglie un pensiero:
Quando penso esisto e quando voto sono io che mi sento libero di scegliere e il mio voto peserà tanto quanto sarò stato capace di esprimerlo con consapevolezza.