Di Bartolo Scandizzo
La riforma delle BCC ha modificato il concetto di banca basata sulla vicinanza al socio e al cliente che, molto spesso, sono gli stessi soggetti. Quando ci accorgeremo di essere in un’altra dimensione?
La riforma approvata dal governo Renzi deriva dal regolatore europeo; è una conseguenza dell’Unione Bancaria Europea. È bene ricordare, infatti, che la Raccomandazione n. 4 del Consiglio Europeo – pubblicata nella Gazzetta Ufficiale UE del 18 agosto dell’anno scorso – sollecitava la riforma entro il 2015. Le BCC si devono adeguare alla nuova e complessa normativa dell’Unione Bancaria Europea ed alle nuove sfide di un mercato fortemente condizionato dalla tecnologia e dalla rivoluzione digitale in atto. Il quadro normativo non è favorevole alla piccole banche, alle banche di credito cooperativo in particolare. Il fardello regolatorio è pesante e severo. Negli ultimi 5 anni è cambiato tutto. Nel nuovo scenario competitivo sono in corso tre rivoluzioni: normativa (con un approccio “taglia unica per tutti”), dei tassi (tassi a zero/negativi, qualcosa di imprevedibile, quasi contro natura) e digitale (con conseguenze negli stili di fruizione/consumo dei servizi bancari). Ritengo, quindi, che i clienti, i soci, i cittadini in generale hanno compreso che i tempi stanno cambiando.
Lei, che prima di essere direttore alla Bcc di Capaccio Paestum, è stato vice direttore della Federazione Campana, come giudica la riforma e quali effetti avrà o ha già prodotto nel mondo del credito cooperativo?
Nel contesto delineatosi è maturata la Riforma del Credito Cooperativo che affronta le debolezze del modello di governance, il problema della patrimonializzazione, della competitività, della razionalizzazione dei costi ed il controllo dei rischi. Nella prima stesura della bozza di decreto legge del 20 gennaio 2015 (più noto come decreto sulle Banche Popolari), le BCC hanno rischiato di perdere ogni autonomia, addirittura il potere di nominare i propri Organi sociali. L’opportunità che allora Federcasse chiese al Governo a nome di tutte le banche di credito cooperativo di poter elaborare una propria proposta organica di riforma – che tenesse conto delle istanze delle Autorità Regolatorie ma anche dei principi irrinunciabili del Credito Cooperativo, in primo luogo l’identità delle BCC – è stata sfruttata nel migliore dei modi possibili. La BCC di Capaccio Paestum ha assicurato sempre la propria presenza senza far mancare i propri contributi. Da ultimo, anche sulle Disposizioni di Vigilanza sul Gruppo Bancario Cooperativo (la cui fase di consultazione di 60 giorni – iniziata il 15 luglio e terminata il 13 settembre scorso) si è lavorato per richiedere alla Banca d’Italia interventi di modifica per salvaguardare l’identità delle nostre banche ed il loro legame con il territorio. Penso che la Categoria, attraverso Federcasse, ha prodotto uno sforzo importante per ottenere il massimo risultato possibile.
Le ragioni e gli obiettivi della riforma risiedono non solo nel nuovo scenario competitivo a livello europeo, ma anche nelle debolezze dell’attuale modello. Dobbiamo essere bravi a fare prevalere, nell’interesse dei soci, dei clienti e delle nostre comunità la logica di salvaguardare il Credito Cooperativo, non la singola BCC. Dopo il periodo dell’autonomia “atomistica” e quello del “sistema a rete” bisogna passare – quanto prima – alla “coesione integrata”.
Le Federazioni regionali che ruolo avranno nel dopo riforma?
La legge di riforma non prevede più la presenza delle federazioni regionali e di quella nazionale così come siamo abituati a conoscerle. È prevista, però, la costituzione di sottogruppi territoriali. In tali entità, di dimensione più ampia della singola regione, bisogna recuperare, a parer mio, la dimensione associativa che ritengo di fondamentale importanza per valorizzare e rappresentare le esigenze e le istanze delle singole BCC nei confronti della Capogruppo. Ciascuna area/sede territoriale dovrà gestire un numero minimo di BCC ed assicurare il necessario supporto relativamente alla “governance operativa”, al sistema dei controlli interni ed al modello di business.
La Bcc di Capaccio Paestum ha chiuso il bilancio 2015 con un saldo positivo. A questo punto dell’anno si possono già dare delle anticipazioni anche per il 2016. Come sono gli indici?
Stiamo lavorando per fare buona banca, per creare possibilità e per portare avanti i nostri progetti. I risultati raggiunti, in un contesto complesso in termini sia sociali che economici, sono positivi ed incoraggianti. L’incremento della compagine sociale, la crescita della raccolta, la ripresa degli impieghi a clientela con iniziative finalizzate a sostenere l’economia reale, le attività a favore delle nuove generazioni sono segnali importanti. Le aspettative sono buone anche per il bilancio 2016. In questo momento, comunque, è fondamentale mettere la Banca nelle condizioni migliori per affrontare la fase dell’autoriforma e le impegnative sfide che ci attendono.
Il processo di razionalizzazione riguarderà anche la Bcc di Capaccio Paestum. In che direzione state guardando. Corrono voci di possibili fusioni con la Bcc dei Comuni Cilentani, con la Bcc di Aquara o altre ipotesi che non sono emerse?
Il processo di razionalizzazione delle banche di credito cooperativo è in atto da tempo. Nel 1993, anno in cui entrò in vigore il Testo Unico Bancario, le BCC erano 671! L’introduzione del TUB fu un’altra tappa fondamentale nella storia ultracentenaria del Credito Cooperativo. Entrarono in vigore la despecializzazione bancaria e nuove regole di mercato. Si avviò, allora,i un fenomeno di concentrazioni provocato da situazioni di crisi, da “governance” non all’altezza e dalla necessità di raggiungere dimensioni adeguate a competere in un sistema bancario che da quel momento in poi non è stato più una foresta pietrificata. Nel 2004 le BCC erano già diventate 439; nel 2013 si registravano 385 Bcc; alla fine del 2015 il numero è sceso a 365. Oggi sono meno di 340.
Le legge di riforma favorirà ulteriori aggregazioni che sono, però, conseguenza di situazioni di difficoltà pregresse (peso dei crediti deteriorati, cattive governance, indici di patrimonializzazione inadeguati, ecc.) e/o prospettiche con particolare riferimento alla sostenibilità del modello di business e/o alla possibilità di fare fronte agli indici ed alle regole previste da Basilea 3. La BCC di Capaccio Paestum sta seguendo la evoluzione del credito cooperativo nazionale e campano con consapevolezza e apertura mentale per valutare – nel percorso di attuazione della riforma – la strada da intraprendere, senza escludere a priori progetti aggregativi e/o di riposizionamento finalizzati al rafforzamento del Credito Cooperativo regionale e locale.
A livello nazionale si è di fronte alla scelta di creare una o due capogruppo. Ritiene che ci siano le condizioni per uno sdoppiamento e, nel caso, dove si collocherà la Bcc che lei dirige?
Credo che debba esserci un Gruppo Bancario unico. La legge di riforma è stringente ed audace. Quello che dobbiamo affrontare sarà molto più complesso di quanto possiamo immaginare oggi. D’altronde, si sta già sperimentando, in maniera non indolore, l’adeguamento alle regole dell’Unione Bancaria: Il primo pilastro, il meccanismo di vigilanza unico sulla base del Single rule book (CRD IV e CRR) è stato avviato da più di un anno. Dal 1° gennaio 2016 è pienamente operativo anche il secondo pilastro, il meccanismo di risoluzione unico delle crisi bancarie (BRRD, Banks Recovery and Resolution Directive). In Italia il Credito Cooperativo ha la possibilità di diventare il 3°/4° Gruppo. Questo ci conferirebbe più peso e più autorevolezza anche nei confronti dei regolatori per chiedere più proporzionalità e normative meno pesanti per le BCC. I numeri, al momento, non sembrano lasciare spazio alla possibilità di creare due capogruppo. La BCC di Capaccio Paestum, nelle sedi istituzionali, si è espressa a favore del gruppo unico.
In ogni caso è risaputo che il sistema bancario subirà nel prossimo futuro forti cambiamenti. Come si modificherà il rapporto banca – socio – cliente?
Si sta diffondendo sempre più la banca on-line, per cui il numero ed il volume delle transazioni che verranno effettuate in automatico e a distanza sono destinati a crescere. Anche se la prossimità fisica è sempre stata un punto di forza delle BCC, è necessario innovarsi soprattutto per fare fronte alle esigenze delle nuove generazioni. Pure le piccole imprese opereranno in un mercato sempre più integrato e con esigenze evolute in termini di servizi e prodotti. Allo stesso tempo dobbiamo continuare a valorizzare – in una logica di partnership – il luogo fisico come punto di contatto e di relazione con i propri soci e clienti.
C’è ancora molta incertezza sullo stato dell’economia in Italia e nel mondo. Dal suo osservatorio come giudica lo stato delle aziende sul nostro territorio?
Il 2015 è stato positivo per il Sud, il Pil è cresciuto dell’1%, più che nel resto del Paese dove è stato pari allo 0,7%. Questo uno per cento di incremento interrompe sette anni consecutivi di contrazione. Anche dal Rapporto annuale Banca d’Italia sull’Economia della Campania, presentato a giugno 2016, emerge – per la prima volta dal 2008 – qualche segnale positivo. Sul nostro territorio si avverte una crescita con qualche inversione di tendenza: consumi ed investimenti sono in ripresa. La crescita degli impieghi della nostra Banca a favore della famiglie e delle imprese locali conferma questo trend. Veniamo da due estati soddisfacenti; il turismo e le aziende impegnate, più o meno direttamente, in tale settore stanno beneficiando, tra l’altro, delle crisi geopolitiche dell’area del Mediterraneo. Questa opportunità andrebbe colta – dagli amministratori locali e dagli operatori economici – per creare i presupposti di un rilancio pianificato e strutturato dell’intera area cilentana, mettendo a fattor comune il bene comune.