Una foto vale più di cento parole!
È il caso della lotta tra il mare e la costa che lo contiene, argina, usa, sfrutta …
Quando c’è una mareggiata, tutti lo sanno, il mare ha bisogno di spazio dove scaricare la sua imponente forza. Si tratta di uno spazio vitale che ha modellato nel corso dei millenni e non può essere compresso né circoscritto dall’uomo che deve rispettarlo.
Quando questo non accade è fatale che la forza della natura non fa fatica a riprenderselo e fa spazzare via ciò che incontra.
Questo non vuol dire che l’umanità non debba farsi avanti per utilizzare il “mare” … lo ha sempre fatto da quando l’uomo è comparso sulla terra, ma ha sempre rispettato le “regole” che la natura prescrive quando si tenta di sfruttarla a vantaggio delle comunità che scelgono di vivere sulle coste o in prossimità delle spiagge.
Oggi, più del 9% di costa è ormai artificiale, delimitata da opere radenti la riva (3,7%), porti (3%) e strutture parzialmente sovraimposte al litorale (2,4%). La costa italiana ha una lunghezza di circa 8.300 km. La costa naturale è circa 7.500 km. Questi dati restituiscono una fotografia della realtà nella quale vivono milioni di persone, operano centinaia di migliaia di strutture turistiche, situati migliaia di porti centinaia di “lungomare” …
Quasi tutte situazioni che “costringono” il mare a farsi più “piccolo”, a contenersi dentro spazi “innaturali” che ne limitano lo spazio vitale.
Allora, come si può inveire contro i fenomeni atmosferici che provocano mareggiate, maree, alluvioni se ognuno agisce come se dovesse toccare sempre agli altri l’onere di vedersi “aggredire” dal mare?
A proposito di stabilimenti balneari, la cosa più semplice sarebbe quella di autorizzare solo quelli che si montano nella primavera e si smontano alla fine dell’autunno. Così gli operatori sarebbero garantiti dalle mareggiate e proteggerebbero la loro infrastruttura sia i materiali sia l’attrezzatura necessaria per garantire il massimo di confort ai loro clienti.
Relativamente ai porti e ai lungomare, che continuano a “penetrare” gli spazi vitali del mare, sarebbe opportuno fare mea culpa e sperare nella buona sorte perché come “può uno scoglio arginare il mare?”. E poi la maggior parte dei porticcioli hanno costi alti di manutenzione: devono essere “dragati” con regolarità ogni anno per evitare di renderli del tutto inutili e lasciarli abbandonati a sé stessi come “cattedrali” nel “deserto” in balia del mare.
Senza parlare delle case costruite sulla “sabbia” con la presunzione che il mare facesse uno “sconto” a chi ha tentato di circoscriverlo per averlo in “casa”.
Ovviamente, è difficile che chi ha investito, poco o tanto, per garantirsi una fonte di reddito, un privilegio di cui vantarsi o semplicemente diritto esclusivo di accesso al mare, possa capire e fare ammenda!
Per questo c’è uno Stato che dovrebbe quantomeno evitare di spendere ingenti risorse pubbliche per realizzare infrastrutture che non fanno altro che arrecare danni e, paradossalmente, altri indifferibili investimenti per garantire la continuazione degli sprechi …
Un esempio su tutti: dopo aver fatto avanzare la costa nel mare con colate di cemento che hanno preso il posto dello spazio che è essenziale al mare per essere sé stesso, ecco che si stanno investendo altre ingenti risorse per situare, a pochi metri dal bagnasciuga, barriere di pietre che dovrebbero contenere la sua furia delle burrasche.
Si potrebbe dire che “occhio che non vede, cuore che non sente! In realtà, chi vive a ridosso della costa vede benissimo la furia del mare e sente altrettanto bene la sua voce che chiede “vendetta”